Napoli…ssima

La napoletanità è pandemica e non c’è un vaccino antagonista, un antivirus risolutivo che la confini tra i pochi soggetti più esposti al contagio e alle sue conseguenze per cause di fragilità.  Sorpresa? La città con più napoletani al mondo non è Napoli. Sradicato dalle falde del Vesuvio, esule in città belle ma ‘interne, il napoletano verace versa lacrime di sconforto: gli mancano sole e mare, il suo alternare quotidiano di calma e l’opposto di acque agitate, i colori verde, azzurro, blu, grigio, l’idea di spazio freedom, oltre la portata dello sguardo, l’antitesi amore-paura del ‘grande vecchio’ che non fuma ma è vivo, protettore ed espressione di potenziale pericolo, il suo profilo narrato dal pennello di artisti dell’Ottocento, poi dall’estro ‘pop’ di Andy Warhol, dalle ‘Nikon’ e in questa stagione tecnologica da tablet e smartphone del turista per caso o per fulminante attrazione. Napoli è poco meno di un milione di suoi fedeli, amantipoco , di ultra, di ‘Forza Napoli sempre’ non solo di cultori della ‘maradonite’ calcistica: Napoli è anche altro, poco  raccontato dai media, dalla letteratura.

Napoli è mondo, napoletanità diffusa, è gigantografia di lussuoso marchio di fabbrica per l’export di usi, costumi, cultura, unicità. Alla cronaca, non solo sportiva, non sfugge il fenomeno della Napoli del pallone, che non gioca quasi mai in trasferta per la presenza negli stadi di tutta Italia di napoletani emigrati per opportunità di lavoro o per amore. Il fenomeno, di interesse sociologico, legittima la dimensione pandemica della napoletanità. Con una gran balzo geografico approda in luoghi del mondo quasi ‘più napoletani di Napoli’. Nella Brooklyn della ‘Grande Mela’ e altrove, dove i migranti di Partenope sono noti per ‘vivacità,’ cultura e tradizioni. Incredibile, ma vero: una semplice, significativa indagine rivela che il maggior numero di napoletani nel mondo vive in Brasile, nella città di San Paolo. Nella classifica dei ricercatori dell’Istituto americano Demograhic sulla presenza di napoletani che vivono all’estero, dopo San Paolo ci sono l’argentina Buenos Aires, Rio de Janeiro, Sydney, New Yor, Londra, Toronto, Berlino, Monaco. Napoli? È solo quinta. Hanno conquistato il mondo la cucina, la musica, il dialetto di Napoli con un ricco arcipelago di ristoranti, pizzerie, festival, feste (la kermesse di New York, per celebrare San Gennaro, dura undici giorni e attira un milione di visitatori).  Il cinema e Napoli, binomio consolidato per affinità elettive. Ricche motivazioni spingono produttori e registi a leggere la città come nessun’altra al mondo. Ovvero, attenzione internazionale per le bellezze naturali, la storia, i suoi ricchi beni culturali e, di più, simpatia, solidarietà, accoglienza, allegria, musicalità, folclore con la effe maiuscola, zero femminicidi.

Pazienza se Napoli si è fatta scippare la classe operaia per colpevole inerzia,  se il comparto dei servizi urbani è carente, se il caso ex Italsider è il punto di non ritorno del deficit di decisionismo e operosità delle istituzioni.


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