Si può scegliere, mescolare i fattori e il prodotto non cambia:
familismo, nepotismo, clientelismo. Ovvero, gratificazioni
concretissime per parenti, stretti o poco lontani, amici degli amici,
soci del club ‘Viva la destra’. Il fenomeno vanta radici antiche
(leggi Dc), ma l’inedita variante del governo Meloni oltrepassa ogni
pessimistica dimensione. Mariti, sorelle, cognati e solo per limiti di
età non ancora figli e nipoti, nonché nostalgici ‘fratelli italiani’
del ‘Ventennio’ hanno esondato dalla condizione di soci della Meloni e
sono diventati fiumi in piena, immissari del variegato sistema di
nomine. Sicché ci tocca fare i conti con un manipolo di ministri e
vice dichiaratamente rami di un albero che sopravvive allo spirito
della Costituzione antifascista e di evidente incompetenza, ma al
racconto di questa disavventura italiana mancava un tassello e risolve
il quibus nientemeno che la seconda carica dello Stato, al secolo
Ignazio La Russa, e per esteso, all’anagrafe, Ignazio e soprattutto
Benito Maria La Russa, presidente del Senato per affinità molto
elettiva con “Yo soy Giorgia” borgatara della Garbatella divenuta
premier grazie al disinteresse degli italiani per la politica, che
hanno disertato le urne. Il ‘nostro’, si fa per dire, ovvio, è padre
amorevole e autorevole tutore della prole, ma poverino, con uno dei
rampolli, il terzo, gli è andata proprio male. Leonardo Apache è
accusato di stupro e la vittima una ragazza di ventidue anni lo accusa
di averla drogata per violentarla. Il giovane La Russa è stato
trovato nudo nel letto con la ragazza. Che fare? Il padre, dall’alto
dello scanno ministeriale assolve Apache e per non esporre la famiglia
ad altri scandali perora la causa di un altro figlio, il primogenito
Gernimo (perché Ignazio Benito ha saccheggiato i nomi di famosi
indiani?) e si rivolge al fratello d’Italia Sangiuliano, zoppicante
ministro della cultura’, che da buon seguace del Littorio, risponde
obbedisco e fa nominare il La Russa nel consiglio di amministrazione
del prestigioso teatro ‘Piccolo’ di Milano. Si voltano e rivoltano
nella tomba Giorgio Strehler e Paolo Grassi e perfino Sgarbi,
sottosegretario alla cultura per grazia ricevuta commenta con ironia:
“Scelta perfetta, come tutto ciò che fa Sangiuliano”. Poi si pente,
teme ritorsioni e loda il giovanotto: “Una scelta apprezzabile”. Spera
che Sangiuliano dimentichi di averlo contestato con il benservito “Non
l’ho voluto io come sottosegretario”. Il figlio Geronimo di La Russa
era già stato gratificato con la nomina a presidente dell’Aci
milanese. Bonelli, dei verdi: “Quello della Meloni è governo o un
centro per l’impiego riservato a cognati e figli?” Sopraggiunge la
satira. Il capogruppo del Pd Lombardia: “Quando la famiglia La Russa
visiterà il teatro speriamo che lasci a casa il busto di Mussolini”
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