Magari ci fosse chi pensa al bene dell’umanità e affida la sopravvivenza del nostro pianeta a rischio estinzione a uno staff di scienziati dell’ambiente, opportunamente forniti di risorse pari alla complessità dell’incarico, ovvero di un cospicuo finanziamento, dotazioni tecniche appropriate e uno staff di preparati collaboratori. Ovvero concretezza alle chiacchiere, senza costrutto, sulla questione delle questioni, purtroppo ‘volatile’, teorica, della buona volontà di contrastare l’agonia della Terra offesa dalla cosiddetta mutazione climatica.
Non c’è chi disegni per la conoscenza universale la mappa delle centinaia di milioni di terra incolta, potenzialmente remunerativa. Affidata alla moltitudine dei senza lavoro fornirebbe all’intera comunità umana il grano, dono alimentare della natura, di prosperità anti-monopolista, per la sconfitta del ricatto al mondo in corso con il blocco imposto dalla Russia nei porti del mar nero, alle navi cariche del prezioso cereale.
Il secondo, più grave vulnus, che minaccia la Terra, è conseguenza di incoscienza speculativa, egoistica, ‘criminale’. È il costo di una micidiale password concessa al frenetico incedere della società che ha ignorato il progressivo insulto all’ambiente di petrolio e carbone, del nucleare, per non aver investito dall’inizio in energia alternativa, che ora, in grave ritardo, incontra interessate ostilità di chi dovrebbe rinunciare a profitti miliardari e investire in tutte le varianti di risorse energetiche ‘pulite’. Viene quasi da pensare in chiave di fantascienza, di astronautica del futuro a vie di fuga dal nostro pianeta e corsie del cielo preferenziali per i soliti privilegiati sopravvissuti alla fine del nostro mondo.
Non c’è, e si spiega senza difficoltà il perché, chi osi modificare quanto la casta dei potenti ha inventato per ‘non fare, per non decidere’. L’Onu, la Nato e le sottospecie di istituzioni in cui si dipana il sistema delle regole mondiali ricorrono al diritto di veto per obbedire agli interessi individuali di Paesi membri. Basta un ‘no’ per impedire di mettere al bando le fonti di inquinamento, i cambiamenti climatici che sciolgono gli iceberg, azzerano la fertilità di continenti come l’Africa assolata che spacca la terra con la siccità permanente, provocano la furiosa intensità di uragani e alluvioni, fenomeni distruttivi in minaccioso crescendo. Non è lontano il tempo della desertificazione che muterà in tropicale il clima della Siberia, dei Paesi scandinavi. Il mare, gonfio per lo scioglimento dei ghiacciai sommergerà città e interi Paesi.
Dieci lustri dovrebbe celebrare oggi la ‘Giornata mondiale dell’ambiente’, ma festa non è. La domanda di fermare la corsa senza controllo all’auto distruzione della Terra ha le voci inascoltate dell’ambientalismo, delle giovani generazioni consapevoli del loro incerto futuro. Parole? Tante, senza esito, come le gratuite promesse di traguardi da tagliare tra dieci, venti, cinquant’anni. L’esordio di questa estate che si prevede infuocata anche in Italia è da record. Temperature da 40 gradi all’ombra, siccità, fiumi ridotti a ruscelli, il Po in secca e quasi contemporaneamente l’opposto di aree cicloniche, nuove alluvioni, dissesti, raccolti devastati.
Covid, l’Ucraina, esodo da terre violentate da guerre, fame, povertà: tutto destinato a ridimensionarsi, se il mondo continuerà a svuotare di concretezza perfino le giornate del rispetto e della tutela della natura.
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