CINA / VIRUS SARS, LE ARMI BIOLOGICHE DELLE NUOVE GUERRE

Nel 2015 uno studio cinese definiva i coronavirus SARSle armi genetiche della nuova era”. E sosteneva. “Le guerre del futuro saranno combattute con armi biologiche, virus e batteri”.

La ricerca, addirittura, si è trasformata in un libro di ben 261 pagine uscito con il titolo “The Unnatural Origin of Sars and New Species of Man-Made Virus as Genetic Bioweapons”, che tradotto significa “L’origine innaturale della Sars e le nuove specie di virus artificiali come armi biologiche”.

A firmare il volume, uscito sei anni fa e poi sparito dalla circolazione, è stato Xu Dezhong, già professore emerito di malattie infettive all’Università medico-aeronatutica di Xian, in Cina.

 

UNA RICERCA DESAPARECIDA

Non se ne sapeva niente, e niente si è mai saputo, fino a qualche giorno fa, quando la story è stata scoperta da un settimanale australiano, ‘Weekend Australian’.

Tra i giornalisti che hanno firmato l’inchiesta c’è Sharry Markson, che in un editoriale televisivo sull’emittente australiana Sky News  spiega come il super coordinatore del documento cinese elaborato da una folta equipe, composta da ben 18 ricercatori, sia stato proprio Xu Dezhong, all’epoca a capo di un gruppo di esperti incaricati dal ministero della Salute cinese di effettuare un’analisi pandemica della SARS.

Racconta Sharry Markson che nel documento “c’è una sezione dedicata alle migliori condizioni in cui far scattare un attacco biologico” e, tra le altre cose, vengono analizzati gli effetti sul sistema sanitario del Paese colpito nel corso della guerra batteriologica.

Da brividi.

Xu Dezhong

Immediata ma poco efficace la risposta cinese ai servizi giornalistici australiani. Il quotidiano in inglese del partito comunista, ‘Global Times’, definisce “imbarazzante” l’articolo, sostenendo che la fonte non è un documento trapelato, ma “un libro venduto anche su Amazon, e ora esaurito”. Il libro – è la tesi cinese – suggerisce che “l’epidemia di Sars tra il 2002 e il 2004 in Cina ha avuto origine da una modificazione innaturale genetica proveniente dall’estero”. Innaturale? Dall’estero? Dicono proprio così.

Torniamo al testo elaborato da Xu Dezhong. Sostiene Sharry Markson: “Lo scienziato cinese si chiede se i virus SARS potrebbero essere utilizzati in un possibile conflitto contro la Cina, ma non solo. Viene avanzata anche l’ipotesi, sulla base di ampie prove in epidemiologia, biologia molecolare e biologia evolutiva, che SARS CoV2 potrebbe avere un’origine innaturale o artificiale”.

Riferendosi in particolare al virus circolato tra il 2002 e il 2004, Xu Dezhong sottolinea come questo sia scomparso molto velocemente: cosa alquanto strana, visto che (lo sappiamo bene proprio in queste settimane) di solito i virus mutano; si registrano, appunto, le varianti; persistono e si ripresentano a ondate. La circostanza farebbe pensare che il virus non fosse naturale, ma artificiale.

Nel lungo reportage di ‘Weekend Australian’, Xu Dezhong viene descritto come uno scienziato molto autorevole all’interno dell’esercito cinese. Ma a quanto pare la sua teoria non è stata valutata secondo il suo giusto peso, in Cina.

 

LANCET E OMS “DORMONO”

Stando alla ricostruzione del settimanale australiano, Xu Dezhong ha presentato il suo studio alla prestigiosa rivista scientifica ‘The Lancet’. Non solo: avrebbe informato circa i contenuti della ricerca addirittura l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma – scrive la rivista – non ha mai ottenuto, né da Lancet né dall’OMS, alcuna risposta. Incredibile ma vero.

In una parte del libro, poi, viene riportato un lungo articolo firmato da un colonnello dell’aeronautica statunitense, Michael Ainscough. Xu Dezhong ha tradotto l’articolo scritto un anno prima dello scoppio della pandemia SARS del 2002.

Commenta ‘Weekend Australian’: “La presenza dell’articolo spiegherebbe l’interesse da parte degli americani verso le armi biologiche”. Basti pensare ai laboratori super segreti e super protetti degli americani dediti proprio a sofisticate ricerche in campo biologico-militare.

E poi, scrive il settimanale: “Al di là della pubblicazione del professore cinese, quello che emerge è che intorno ai virus SARS si sta combattendo una guerra geopolitica tra superpotenze che potrebbe far entrare il mondo in una nuova era di tensione”.

Non è finita qui.

Infatti, sta per uscire un libro firmato stavolta proprio dalla giornalista-scrittrice investigativa Sherry Markson, intitolato “What Really Happened in Wuhan”.

Robert Potter, specialista in sicurezza informativa incaricato dal settimanale australiano di analizzare il documento del governo cinese ‘trapelato’ (circostanza invece negata dalle autorità cinesi), risponde in modo affermativo, vale a dire che il documento ‘trapelato’ è autentico. Sostiene Potter: “Siamo giunti ad una conclusione molto attendibile che fosse autentico: non è falso, ma spetta a qualcun altro interpretarne la gravità”.

Peter Jennings

Afferma dal canto suo Peter Jennings, direttore esecutivo dell’Australian Strategic Policy Institute (ASPI): “Penso che questo sia significativo perché mostra chiaramente che gli scienziati cinesi stavano pensando all’applicazione militare per diversi ceppi del coronavirus e pensando come potrebbe essere dispiegato”.

E aggiunge, Jennings: “Comincia a farsi più concreta la possibilità che quello che abbiamo qui sia il rilascio accidentale di un agente patogeno per uso militare”.

 

MISSIONI FANTASMA

Non basta. Perché secondo Jennings proprio quel documento potrebbe essere la chiave di lettura e spiegare il comportamento riluttante della Cina rispetto ad un’indagine esterna sulle origini del Covid-19. E come mai dalla visita degli esperti inviati in Cina a gennaio 2021 dall’OMS non sia scaturito granchè.

Sostiene ancora Jennings: “Se questo fosse un caso di trasmissione da un mercato umido (quello di Wuhan, ndr), sarebbe nell’interesse della Cina collaborare e invece abbiamo ottenuto l’opposto di quello”.

Il rappresentante australiano in seno all’OMS che si è recato in missione a Wuhan, Dominic Dwyer, sottolinea che “c’erano diverse zone grigie, che dovevano essere chiarite”. Commenta Dwyer: “Il mercato di Wuhan, alla fine, è stato più un evento di amplificazione piuttosto che necessariamente un vero ground zero. Quindi, dobbiamo cercare altrove le origini virali del coronavirus”.

L’attivista cinese per i diritti umani, Luke de Pulford, coordinatore dell’Inter-Parliamentary Alliance sulla Cina, in un’intervista rilasciata al quotidiano britannico ‘The Sun’ dichiara: “Se questo lavoro è rappresentativo del pensiero scientifico di coloro che hanno consigliato la massima leadership del Partito Comunista Cinese, allora ci sono questioni molto serie che necessitano di risposte urgenti”.

 

LUC MONTAGNIER, UN FOLLE VISIONARIO

Rammentiamo che i primi sospetti concreti sotto il profilo scientifico circa l’origine non naturale, ma artificiale, del virus, vennero formulati, a pochi mesi dall’esplosione dell’epidemia, nientemeno che da Luc Montagnier, virologo di fama mondiale, vincitore di un premio Nobel per la Medicina.

Ma Montagnier venne ridicolizzato, accusato addirittura di ‘essersi bevuto il cervello’. Un anziano scienziato che, ormai, non è più lucido, ma dà i numeri.

Luc Montagnier

Solo perché Luc Montagnier è allineato contro Big Pharma, contro il monopolio sulla salute affidato nelle mani delle potenti aziende farmaceutiche che cercano solo profitti sulla pelle dei cittadini.

Come sta palesemente dimostrando la story dei vaccini, degli stratosferici utili già cumulati in meno di un anno, compresa – adesso – la vicenda dei brevetti che sta spaccando l’Europa.

 

 

 

A seguire vi proponiamo la lettura di un altro interessante articolo tratto dal sito “Renovatio 21” che sta dedicando un grande spazio a virus e vaccini.

Anche qui – leggerete – si parla di Cina, virus & apparati militari.

 

 

 

 

Ecco le prove che i militari cinesi collaboravano con il laboratorio di Wuhan

 

 

 

Il regime cinese ha affermato che il suo controverso istituto di virologia non aveva alcun rapporto con i militari, ma l’istituto ha lavorato con i leader militari su un progetto sponsorizzato dal governo per quasi un decennio. Lo riporta Epoch Times.

 

 

L’Istituto di Virologia di Wuhan  ha partecipato a un progetto, sponsorizzato dalla National Natural Science Foundation of China (NSFC), un istituto di ricerca scientifica finanziato dal regime, dal 2012 al 2018. Il progetto era composto da un team di cinque militari e esperti civili, che hanno condotto ricerche presso laboratori dell’Istituto, laboratori militari e altri laboratori civili che hanno portato alla «scoperta di agenti patogeni animali [agenti biologici che causano malattie] negli animali selvatici».

 

Il regime cinese ha affermato che il suo controverso istituto di virologia non aveva alcun rapporto con i militari, ma l’istituto ha lavorato con i leader militari su un progetto sponsorizzato dal governo per quasi un decennio

Come noto, l’Istituto di Virologia si trova nel centro della città di Wuhan, cioè nel ground zero pandemico del COVID-19. In qualità di istituto virologico avanzato, l’Istituto possiede l’unico laboratorio BSL-4, il laboratorio con il più alto livello di biosicurezza in Cina.

 

Oltre a questo, era risaputo che l’Istituto di Virologia di Wuhan possedesse il più grande deposito di coronavirus di pipistrello in Asia.

 

Negli ultimi mesi, il Ministero degli Affari esteri cinese e la dottoressa Shi Zhengli, la virologa wuhaniana soprannominata «Bat Woman» per le sue ricerche sui coronavirus di origine pipistrello, hanno negato che ci sia una connessione tra l’Istituto di Virologia e l’esercito, e hanno affermato che nessun ricercatore della WIV è stato infettato con il COVID-19 .

 

Tuttavia, come più volte riportato secondo un’indagine condotta dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti,  «diversi ricercatori all’interno dell’Istituto di Virologia si sono ammalati nell’autunno 2019 , prima del primo caso identificato dell’epidemia, con sintomi compatibili sia con COVID-19 che con comuni malattie stagionali».

 

Oltre a questo, era risaputo che l’Istituto di Virologia di Wuhan possedesse il più grande deposito di coronavirus di pipistrello in Asia.

«L’Istituto di Virologia di Wuhan si è impegnato in ricerche classificate, inclusi esperimenti su animali da laboratorio, per conto dell’esercito cinese almeno dal 2017», afferma una scheda informativa del Dipartimento di Stato USA.

 

Tuttavia, la dottoressa Shi ha negato che l’Istituto di Virologia si sia impegnato in ricerche con l’esercito cinese.

 

«Non conosco nessun lavoro militare all’Istituto di Virologia. Quelle informazioni non sono corrette», ha detto Shi in un webinar pubblico il 23 marzo. Shi non ha menzionato che l’Istituto è stato utilizzato da un team medico militare cinese all’inizio del 2020 per lo sviluppo di vaccini COVID-19.

 

Shi ha dichiarato alla rivista Science nel luglio 2020 che non si erano verificate perdite di agenti patogeni o infezioni del personale.

 

Il progetto era composto da un team di cinque militari e esperti civili, che hanno condotto ricerche presso laboratori dell’Istituto, laboratori militari e altri laboratori civili che hanno portato alla «scoperta di agenti patogeni animali negli animali selvatici»

Alla fine di marzo, i media cinesi fuori dalla Repubblica Popolare avevano riferito che tre membri del personale dell’Istituto avevano iniziato ad avere sintomi simili a COVID-19 già nel novembre 2019.

 

L’NSFC ha pubblicato i risultati della ricerca sui patogeni animali sul suo sito web il 1 ° febbraio 2018. Ha anche affermato che il progetto «ha scoperto oltre 1.640 tipi di nuovi virus utilizzando la tecnologia metagenomica» e la ricerca è stata eseguita da un civile e militare squadra.

 

Cao Wuchun, 58 anni, un membro della squadra militare del progetto, è un colonnello e un importante epidemiologo nell’esercito cinese. È ricercatore presso l’Accademia di scienze mediche militari da settembre 2017, ma ha lavorato lì negli ultimi 21 anni. Ha servito come direttore dell’accademia dal 2007 al 2017, secondo il suo curriculum ufficiale, Cao ha servito nella squadra come secondo in comando del maggiore generale Chen Wei , il massimo esperto di guerra biologica della Cina.

 

Il 26 gennaio 2020, Cao ha accompagnato Chen a Wuhan e hanno assunto il comando dell’Istituto di Virologia. I media statali cinesi hanno riferito, a quel tempo, che lo scopo principale della presa di potere militare era quello di sviluppare un vaccino contro il coronavirus

«L’Istituto di Virologia di Wuhan si è impegnato in ricerche classificate, inclusi esperimenti su animali da laboratorio, per conto dell’esercito cinese almeno dal 2017», afferma una scheda informativa del Dipartimento di Stato USA

 

Cao ha anche co-guidato il progetto National Natural Science Foundation of China con Batwoman-Shi. Il team di Chen-Cao ha rilevato il controllo dell’Istituto quando è scoppiata la pandemia COVID-19 a Wuhan.

 

«Batwoman» Shi, 56 anni, dirige il Centro per le malattie infettive emergenti presso l’Istituto. Nel 2000, ha conseguito il dottorato di ricerca in virologia presso l’Università di Montpellier II in Francia, dopo aver studiato lì per quattro anni.

 

Shi ha iniziato a indagare sui coronavirus quando la Cina ha soffertola prima epidemia di SARS nel 2002 e nel 2003. La SARS alla fine ufficialmente avrebbe ucciso almeno 774 persone e infettato 8.096 persone provenienti da 31 paesi.

 

Il canale statale cinese CCTV ha riferito il 29 dicembre 2017 che Shi e il suo team non credevano che gli zibetti, mammifero subito incolpato e massacrato ma poi rivelatosi innocente, fossero gli ospiti naturali della SARS e fossero solo l’ospite intermedio. Hanno iniziato a indagare sui pipistrelli di diverse regioni cinesi nel 2004.

Il team di Chen Wei, massima esperta di armi biologiche in Cina, ha rilevato il controllo dell’Istituto quando è scoppiata la pandemia COVID-19 a Wuhan

 

Nel 2011, il team di Shi ha rilevato un virus simile alla SARS da pipistrelli che vivevano in una grotta nella provincia dello Yunnan nella Cina sud-occidentale. Hanno quindi chiamato questo virus «WIV1» e condotto ulteriori studi. La CCTV non ha riportato i dettagli del virus, ma ha detto che il team di Shi ha continuato a prelevare campioni dalla stessa grotta per cinque anni.

 

Dal 2015, il team di Shi  pubblica i risultati dei test su riviste internazionali, tra cui Virologica SinicaNature e Lancet.

 

Alcune settimane dopo che il regime cinese ha annunciato pubblicamente l’epidemia di COVID-19, Shi e il suo team hanno pubblicato un articolo su Nature, collegando il COVID-19 ai pipistrelli.

 

Alcune settimane dopo che il regime cinese ha annunciato pubblicamente l’epidemia di COVID-19, Shi e il suo team hanno pubblicato un articolo su Nature, collegando il COVID-19 ai pipistrelli

Il team di Shi ha scoperto il coronavirus dei pipistrelli nei pipistrelli che avevano raccolto da una miniera di rame abbandonata nella cittadina di Tongguan, nella contea di Mojiang, nella provincia dello Yunnan. I ricercatori dell’Istituto avevano visitato la miniera per diversi giorni anche dopo che sei lavoratori si erano infettati mentre lavoravano lì.

 

Il 15 luglio 2020, il virologo Jonathan Latham e la biologa molecolare Allison Wilson di Ithaca, New York, hanno pubblicato un articolo  su Independent Science News dopo aver tradotto una tesi di master di 66 pagine di Li Xu, un medico cinese che ha curato i minatori e ha inviato i loro campioni di tessuto all’Istituto di Virologia per essere testati. La tesi di Li è stata presentata nel maggio 2013. Ha scritto che sei minatori hanno rimosso le feci di pipistrello da una miniera nell’aprile 2012. Dopo aver lavorato lì per 14 giorni, tutti i lavoratori si sono sentiti male con sintomi gravi, come febbre alta, tosse secca e dolori agli arti.

 

L’Università di Medicina di Kunming , dove Li ha studiato, ha ricevuto e curato i minatori. Alla fine, tre dei minatori morirono. I loro campioni erano stati inviati all’Istituto di Virologia di Wuhan per ulteriori indagini.

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