25 APRILE / VIA I NERI. PER SEMPRE. QUE VIVA IL COMUNISMO

Per ricordare quella data, il 25 aprile, diventata nel corso degli anni sempre più divisiva – al contrario di quanto argomentano i soloni di casa nostra, i tanti troppi maitre e centimaitre a penser – vogliamo far ricorso alle parole appena pronunciate, nella sua Bari, da uno dei pochi intellettuali autentici rimasti sul campo, il filologo e storico Luciano Canfora, di cui ammiriamo profondamente la grande lucidità storica e, soprattutto, la disarmante chiarezza espositiva.

Giorgia Meloni

Forse proprio per questo è caduto sotto gli strali della premier Giorgia Meloni, avara fino ad oggi di querele e che invece, stranamente, è ricorsa alla mannaia penale per ‘contrastare’ quanto Canfora aveva detto, sempre a Bari, due anni fa: “Meloni è nazista nell’anima”. Ha forse ecceduto, il professore, rispetto alle precedenti espressioni usati nei confronti dei camerati, definiti ‘fascistoidi’, espressione che la ‘Voce’ ha usato spesso e volentieri per definire gli attuali Unni che stanno occupando le stanze del Palazzo, e dei Palazzi del Potere.

Ha spiegato la radice psicoanalitica e filosofica dei sui termini, giorni fa, Canfora. E qui sta il vero ‘nodo’, che il politologo chiarirà ulteriormente con un adeguato ‘materiale probatorio’ davanti ai giudici, i quali dovranno esprimersi sulla sua presunta ‘diffamazione’.

Un’anima nera che resta nel proprio imprinting, a parte ogni altra ragione. Perché, ovviamente, per motivi meramente anagrafici la nostra premier dovrebbe essere esclusa dai giochi.

Ignazio Benito La Russa

E quel nero per sempre, in perfetto stile nazi, calza a pennello soprattutto per un Ignazio Benito La Russa, il presidente del Senato del quale la Voce ha spesso rammentato le performance, anche come seconda carica dello Stato. Sotto il profilo antropologico, oltre che politico-culturale, Ignazio Benito è nazista nel corpo e nell’anima: un perfetto soggetto per studi lombrosiani e anche per ‘stilisti’, ottimo modello in divisa da ufficiale Gestapo. Per ricordare meglio, tra gli altri, vi riproponiamo questo pezzo della Voce pubblicato un anno fa, il 16 aprile 2023, BENITO LA RUSSA, MELONI & C. / NERI PER SEMPRE

 

Ma torniamo a bomba. Ossia ad alcune frasi appena pronunciate da Luciano Canfora sul significato del 25 aprile.

Ogni volta il 25 aprile è un momento di riflessione, lo è da circa 80 anni perché non è mai stata una data accettata dalla minoranza filofascista e ogni volta è un problema spiegarne il senso e l’importanza”.

Luciano Canfora

Via via le generazioni che si susseguono avranno questo compito. Finchè ci sarà permesso”.

La distanza dal fascismo ad oggi è brevissima perché sono passate solo un paio di generazioni e quelli che militarono nella repubblica sociale sono stati attivi praticamente per oltre 40 anni”.

I più giovani educati dai loro sono saliti anche su cariche importanti; quindi il problema è sempre aperto ed è necessario far capire che l’arco costituzionale, che era importante per la nostra storia, è saltato”.

La capacità critica è l’azione più importante in assoluto. Ed evitare che la storia venga dimenticata. Quindi farsi capire, spiegare, raccontare e applicare i primi 11 articoli della Costituzione”.

La presidente del Consiglio di questo Paese, la seconda carica dello Stato e alcuni ministri, tutti post missini, non riescono a definirsi antifascisti, sostenendo la tesi per cui il fascismo non sia un valore divisivo. Invece è divisivo, perché divide i sinceri democratici dai fascisti. E questo lo diciamo sempre: oggi più che mai”.

A proposto del caso-Scurati: “Non mi sono stupito per niente, chi conosce vicende remote e presenti sa che quello è il tasto dolente per eccellenza. Scurati ha detto delle cose molto ben presenti e per fortuna è andata come è andata perché, anziché sentirlo una volta, lo sentiremo decine di volte. Si chiama ironia della storia”.

E sulla querela meloniana: “Vorrei stupirmi per 2 anni di fila, perché la cosa mi pare sia cominciata nel 2022. Sono tenace, ma stupirsi per 24 mesi è un po’ troppo. Quindi non mi stupisco”.

 

IL VERO NODO

Praticamente in tutti i talk (sempre più vomitevoli), in tutti i ‘confronti’ sul tema dell’antifascismo di questi giorni e anche nel più recente passato (soprattutto, of course, da quando si è insediato il governo sfascista o fascistoide, come preferite), la solo risposta che sanno dare lorsignori è una e una sola. Anzi, non è una risposta (perché non saprebbero neanche cosa replicare), ma una contro-domanda: “E cosa ci dite sui crimini del comunismo?”.

Gennaro Sangiuliano

Il prototipo di questo argomentare – che più ignorante non si può – è il ministro della Sub-Cultura di questo esecutivo, al secolo Sangiuliano Gennaro, che nei primi mesi al governo ne ha combinate di tutti i colori (nero uber alles, ovviamente), come la Voce ha più volte documentato e raccontato.

E una delle ultime chicche è proprio sull’antifascismo: quando, inseguito da un cronista che gli chiedeva se poteva definirsi antifascista, Il Vate con impareggiabile perizia oratoria capovolgeva la frittata e domandava al ficcanaso, “e lei si può definire anticomunista?”. Di fronte al coraggioso no del free lance, restava senza parola. Potete rileggere l’istruttivo GENNY SANGIULIANO / QUANDO LA SUB-CULTURA VA AL POTERE del 22 ottobre 2022.

E allora, con quale faccia di bronzo, con quale faccia tosta o come la volete etichettare, si può mai porre sullo stesso piano storico, politico, morale e via di questo passo due fatti storici, due esperienze totalmente antitetiche, che stanno come il Polo Nord al Polo Sud: vale a dire Fascismo e Comunismo?

Direte, gli estremi alla fine coincidono. E invece no.

C’era un tempo la teoria degli ‘opposti estremismi’ in voga negli anni di piombo. Che però una sua logica di fonda sotto sotto l’aveva: perché quei terrorismi, neri e rossi, avevano, sì, un denominatore comune. Ed era lo Stato Depistatore, incarnato nei Servizi Segreti che non erano poi così Deviati, ma fisiologici per uno Stato, appunto, Depistatore: come hanno insegnato e insegnano tante storie ormai ‘storicamente’ (manca solo il sigillo ‘giudiziario’ che prima o poi arriverà) accertate, quali le stragi di Capaci e di via D’Amelio, o l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Riprendiamo il filo.

Se i terrorismi, neri e rossi, oppure ‘rossoneri’ (come titolammo un reportage della Voce su una rivista, ‘Theorema’, partorita dai Servizi e ‘animata’ ex terroristi rossi e neri: potete rileggere il pezzo uscito il 21 settembre 2017, CASO MORO / VALERIO MORUCCI UOMO DEI SERVIZI. ORA LO SCOPRE FIORONI, LA VOCE LO SCRISSE 7 ANNI FA) alla fine hanno corso su binari paralleli, ben diverso, diametralmente e totalmente diverso è il discorso su fascismo e comunismo, il ‘nero’ e il ‘rosso’ sotto il profilo storico e politico.

C’è un abisso, come abbiamo più volte cercato di spiegare con la Voce.

 

 

PER NON CALPESTARE LA STORIA

Da una parte stanno il fascismo e il suo ‘massimo’, il nazismo.

Che sono l’orrore, la distruzione, la morte, la negazione della vita, l’Olocausto, gli olocausti, il massacro, il genocidio, il razzismo, la xenofobia, la violenza allo stato puro e ne potremmo aggiungere altri cento. Hitler e, oggi, Netanyahu.

Su un altro universo sta il comunismo.

Quello disegnato da Marx, messo in pratica da Lenin e Trotsky, poi tradito da Stalin (che ha comunque il merito storico di aver sacrificato decine di migliaia di vite russe per vincere sull’opposto, il nazismo). E mai decollato per via ‘burocratica’, sete personale di potere e, soprattutto, per l’accerchiamento capitalista.

I palestinesi, oggi.

Facciamo solo un esempio, che più chiaro non si può.

Cuba.

E’ l’esempio di come può funzionare il comunismo: un’isola che ha vissuto decenni di vera libertà, giustizia sociale, gioia di esistere insieme tutti alla pari. E man mano soffocata dall’imperialismo a stelle e strisce, che non poteva certo sopportare un esempio di comunismo a un passo da casa.

E oggi se ne vedono tutti gli effetti: con quell’embargo killer portato alle estreme conseguenze e che fa dire ai soliti media genuflessi al potere: ‘ecco il modello Cuba in ginocchio’.

In estrema sintesi.

Non è più possibile sentire dei coglioni ignoranti, che non sanno un cavolo di storia, mettere sullo stesso piano due prassi e due filosofie totalmente contrapposte.

Perché il comunismo significa e potrà significare per il futuro l’unica strada per un cambiamento epocale: soprattutto oggi con la resa dei conti, lo scenario geopolitico letteralmente spaccato a metà e una possibile, prossima ‘fine’ in vista.

Proprio perché il modello imperialista-capitalista di cui scriveva Marx sta implodendo, e non se ne potrà uscire se non con la fine… oppure con una bandiera rossa che vuol dire uguaglianza, quella vera; giustizia sociale, quella vera; solidarietà, quella vera.

E fuori dai coglioni (dal tempio, avrebbe detto un certo Gesù) tutti quelli che vivono solo per potere & danari & armi & massacri & sangue del prossimo.

Ci torneremo tra pochi giorni, a maggio, quando saranno 40 anni esatti dalla morte dell’ultimo autentico comunista, Enrico Berlinguer.

 

PICCOLE DOMANDE CRESCONO

A cosa serve, oggi, il goffo tentativo griffato Elly Schlein di recuperare fittiziamente quella Memoriamettendo sulle tessere del partito (che di anno in anno si riducono) il volto del mitico segretario?

A che serve un lifting per una sostanza che manca totalmente?

Elly Schlein

Come fanno, i signorotti del campo largo, a non rendersi conto che l’immagine, l’apparire (come insegnava Erich Fromm nel suo mitico ‘Avere o Essere’) non servono a niente se non c’è una forte base comune fatta di vera, autentica sostanza?

E cioè valori veri, condivisi, sentiti nel sangue, sulla propria pelle, nelle proprie carni. E nei propri cuori.

A cosa serve far finta di commuoversi ogni volta che un operaio muore in un cantiere (ormai due al giorno) se poi niente succede e tutto procede come prima?

A che serve dire che sei per il lavoro, contro la disoccupazione, se poi non alzi un dito per lottare in tutte le forme possibili per darlo, quel lavoro?

Perché non t’incazzi e non dici una sillaba se scopri che le famose, miracolose risorse del taumaturgico PNRR restano nel cassetto e solo l’1 per cento è stato utilizzato quando a tutti gli italiani il governo ha raccontato la balla che siamo i più bravi a spendere i fondi in tutta Europa?

A che serve dire che combatti contro la povertà quanto te ne fotti altamente se i prezzi nei supermercati schizzano ogni giorno alle stelle e una bottiglia d’olio va oggi quasi al mercato nero?

Se non ti curi più perché devi pagare subito con soldi che non hai sennò le liste d’attesa ti mangiano quel poco di vita che ti resta?

E chissenefrega del mare di pensionati che muoiono giorno per giorno – come nelle galere dove marciscono i detenuti e i minorenni pure massacrati – con quei 600 euro da sottomondo?

E adesso gli 80 euro (all’anno) come mancia mensile stile Renzi?

E le altre mance dei meloniani negli ultimi due anni, dal carrello spesa al buono benzina, come nemmeno Achille Lauro ai tempi delle Mani sulla città e di una scarpa in regalo ai napoletani e l’altra dopo il voto?

Una qualunque sinistra che avesse la pallida idea di lottare, di combattere, di scendere in campo, in piazza e per strada, avrebbe un campo non largo, ma larghissimo.

Soprattutto in quella metà esatta ormai (come certifica il voto in Basilicata, dove è andato alle urne appena il 49 per cento dei cittadini) che non va più a votare, disgustata di questa impresentabile, indigesta e ormai vomitevole offerta politica.

E solo, unicamente su questo, puntano gli ‘sfascisti’, i ‘fascistoidi’ i neri per sempre che stanno bivaccando sulle rovine del Belpaese.

Ben convinti di poter ‘governare in eterno’: ben oltre le Europee, ben al di là delle prossime politiche.

Per questo, viva Canfora.

E que viva il Comunismo.

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