Di qui a 13 giorni i sì, no, i chissà

Per un momento immaginiamo che la spacconata dello spaccone Salvini non lo sia, che davvero il centrodestra esca dal campo delle elezioni con un sette a zero, partendo dai successi annunciati di Veneto, Liguria, Marche: in vista di sconfitte plurime, il patto  di governo giallorosso ne uscirebbe con una ferita da pronto soccorso chirurgico e per suturarla le truppe sparpagliate di 5Stelle e Pd dovrebbero affidarsi alle cure di un luminare, sperando che si rimargino e non lascino tracce politicamente antiestetiche, augurandosi che il vulnus non ghigliottini l’esecutivo guidato da Conte.
Di contro, l’anima di ex Dc che abita a iosa in Forza Italia, pur di non scomparire con l’inevitabile viale del tramonto del berlusconismo si accontenta del ruolo di ruota di scorta del razzismo leghista e del neo fascismo di Fratelli d’Italia e partecipa al blocco elettorale compatto della destra. Il ‘nemico’ Pd-M5S si appropinqua invece al doppio voto, in ordine sparso, disarticolato, perfino in reciproca contrapposizione. Diverge sul finto problema del taglio dei parlamentari, si propone in formazioni antagoniste nella competizione per il governo delle Regioni. E c’è di peggio: la compattezza dei 5Stelle è svanita da tempo, frantumata dalle correnti e dall’ambiguità di partenza di molti grullini, suggestionati dagli spot su onestà e antipolitica democratica, pronti a invertire marcia e indossare casacche d’ogni tipo. A sinistra, fosse possibile chiamare  ancora così il miscuglio delle sue anime superstiti, il mosaico di tessere incompatibili (Leu, Fratoianni e compagni, moderati), ne ha perse un paio e non ha caso: Renzi e Calenda hanno radici mascherate, nemmeno troppo, nell’alveo dell’ex scudo crociato e operano con il massino dell’ambiguità per sbiadire quanto di rosso sopravvive del Pd: allora un colpo di maglio alla governabilità Di Maio-Zingaretti e qualche indulgenza in cambio di poltrone ministeriali.
In Campania, in Puglia, in Toscana, come avvenne a suo tempo in Emilia, a competere per il governo delle rispettive regioni quasi non è il partito democratico, ma soggetti capaci di coagulare consensi a prescindere dal Nazareno. Da queste anomalie e dal ‘pasticciaccio brutto’ del sì-no al ridimensionamento di Camera e Senato si prospetta il pericolo di mine vaganti piazzate alle fondamenta del governo giallorosso.
Ci sarà un comma della legge penitenziaria che concede a un efferato e seriale omicida di uscire al carcere in ‘permesso premio’, ma premio ‘che’ e per chi? Ne ha goduto e profittato per non far ritorno in cella ‘Johnny lo zingaro’, ergastolano, omicida seriale (il suo primo assassinio quando aveva solo undici anni). Giuseppe Mastini, coinvolto anche nella morte di Pier Paolo Pasolini, tre anni fa evase dal carcere di Fasano profittando del regime di semilibertà e nel 1987, sempre in ‘licenza premio’ non rientrò in prigione. Nei due anni di latitanza commise furti, rapine, il sequestro di una ragazza, l’uccisione di una guardia giurata, il ferimento di un carabiniere.  Pagherà qualcuno se anche stavolta il feroce ‘Johnny’ si renderà colpevole di gravi reati?
Berlusconi, in Rai per l’appello elettorale di alcuni anni fa, al fine di apparire al meglio, ottenne che un operatore al suo seguito lo riprendesse al posto del cameraman dello studio. Il ‘caso’ somiglia alle studiatissime cautele di Alberto Zangrillo, coinvolto nella truffa da 28 milioni del San Raffaele, di cui è primario, ‘luminare’ che alla fine di marzo ha negato con esplicita convinzione la pandemia da coronavirus. Medico personale di Berlusconi, protagonista del bombardamento mediatico sulle condizioni del famoso paziente, Zangrillo ha lavorato di fino nel descrivere con ottimismo le sue condizioni e dare credibilità alla dichiarazione di continuare a occuparsi della campagna elettorale, nonostante il Covid e il pregresso di by pass, sostituzione di una valvola cardiaca e intervento per il tumore maligno della prostata.
Per la seconda volta Djokovic, star serbo del tennis, numero uno al mondo, getta alle ortiche simpatia e ammirazione per il personaggio e l’atleta. Il primo dissenso lo merita per aver organizzato a Zara un torneo del suo sport, schierandosi con i seguaci del negazionismo, che fingono di ignorare la pandemia e i suoi morti, quasi un milione finora. Ieri, in campo per il torneo Us Open contro lo spagnolo Carreno, Djokovic è andato ‘fuori di testa’ e ha colpito con una pallata un giudice di linea. Colpa dello stress da Covid? Forse, ma per un uomo simbolo dello sport non c’è giustificazione possibile.

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