Come mai il giallo della stadio della Roma a Tor di Valle è finito in naftalina, nessuno ne parla e i media non scrivono neanche un rigo? E tutti, invece, a tuffo sul povero Spelacchio? Perchè va in prima pagina la clamorosa notizia dei rami un po’ poveri d’aghi del pino trentino e nessuno se ne frega della più colossale operazione speculativa a base di pallone & mattoni?
Un mistero. Ma forse non poi troppo, visto che è meglio azzuffarsi per un albero di Natale che mobilita perfino l’ANAC di Raffaele Cantone piuttosto che affrontare il nodo bollente e soprattutto miliardario del nuovo impianto sportivo della squadra giallorossa. Una nuova “mani sulla città” in piena regola.
La bomba scoppiò esattamente un anno fa, quando si venne a sapere che tra i botti di Capodanno era stata siglata un’intesa tra il comune a guida Raggi, la Eurnova della famiglia Parnasi (protagonista del maxi affare), la Roma calcio del capo americano James Pallotta, il fondo Prelios capitanato da Massimo Caputi e incaricato di sovrintendere alla provvista finanziaria. Sullo sfondo Unicredit, la banca che ha storicamente finanziato i Parnasi, li ha visti fallire, ha rilevato alcune sigle del gruppo e ora attende con ansia il rientro delle sue esposzioni da 800 milioni di euro e passa, propria via Tor di Valle.
Un’operazione, quella dello stadio, che ha avuto il via ufficiale dalla conferenza dei servizi, che si è tenuta a novembre scorso con la partecipazione di Regione, Comune & C.
Ma restano sul tavolo montagne di interrogativi: la Sovrintendenza che fa, sta a guardare? Tutti i vincoli archeologici e paesaggistici che fine fanno? Le sicurezze ambientali? E il nodo trasporti come verrà mai risolto, visto che sono stati tagliati i fondi?
Una cattedrale nel deserto, irraggiungibile per i tifosi, a meno di impensabili odissee.
Ma di tutto ciò nessuno parla, scrive, discute. Tutto oscurato. Meglio distrarsi con Spelacchio.
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