CASO SCHWAZER / LE “DUE GIUSTIZIE” DEL VERTICE DI WADA, OLIVIER NIGGLI

La giustizia sportiva è attenta, scrupolosa, valuta le prove, ascolta i testi.

La giustizia ordinaria si occupa invece solo di decidere se aprire o meno un’investigazione e il processo è molto diverso.

Questo il davvero singolar giudizio espresso, nel corso di un’intervista rilasciata a Sky Sport 24, dallo svizzero Olivier Niggli, il numero uno dell’Agenzia Mondiale Antidoping, più conosciuta come WADA.

Un’intervista a tutto campo, realizzata da Elena Cottarelli: dalle nuove politiche antidoping all’educazione dei giovani, dalle fresche Olimpiadi di Tokyo ai Giochi olimpici 2026 a Cortina.

Alex Schwazer. Sopra, Olivier Niggli

Ma alcune domande hanno ovviamente toccato il caso di Alex Schwazer, il campione altoatesino di marcia scagionato pochi mesi fa da tutte le accuse di doping lanciategli da WADA e IAAF (la Federazione Internazionale di Atletica) davanti al gip del tribunale di Bolzano, Walter Pelino.

Ne abbiamo scritto nell’inchiesta pubblicata il 7 ottobre dalla Voce. Dove si parla soprattutto della maxi querela presentata da WADA contro la stessa Voce, rea di aver pubblicato nel corso del 2017 una ventina di articoli che l’Agenzia internazionale ritiene pesantemente lesivi del suo onore, della sua immagine e della sua reputazione.

Incredibile ma vero, durante l’udienza del 6 ottobre che si è svolta alla prima sezione penale del tribunale di Napoli, il legale di WADA, Stefano Borella, ha chiesto di poter rimettere la querela. Ma il direttore della Voce, Andrea Cinquegrani, difeso dall’avvocato Francesco Cafiero de Raho, non ha accettato, intendendo andare avanti nel giudizio.

La prossima udienza, quindi, è stata fissata per il 22 febbraio.

E ad essa prenderà parte proprio Niggli, il quale arriverà espressamente dal Canada, dove si troverà – ha spiegato il suo legale – in quel periodo. Avrà quindi modo, il direttore generale dell’Agenzia, di illustrare con dovizia di particolari le numerose doglianze, le sofferenze patite, i danni subiti. E di spiegare, altresì, come mai ha poi deciso di fare una così clamorosa marcia indietro, chiedendo addirittura di poter ritirare la maxi querela.

Vi proponiamo adesso di leggere le risposte di Niggli alle domande poste dalla giornalista di Sky sul caso Schwazer, per farvi una diretta opinione di cosa intenda, il direttore di WADA, per ‘giustizia sportiva’ e ‘giustizia ordinaria’.

 

“E’ importante fare una distinzione sul caso Schwazer: la giustizia italiana ha disposto l’archiviazione del processo a suo carico. Il diritto penale è una cosa, possono decidere quello che vogliono e questo fa parte della giurisdizione italiana. La giustizia sportiva, che è quello che ci riguarda quando si parla di antidoping, e non di giustizia penale, ha reso nota la sua decisione tempo fa, già a Rio. Il signor Schwazer ha portato le sue istanze per contestare la decisione della giustizia sportiva in più sedi: dal Tas, il tribunale arbitrale dello sport, al tribunale federale svizzero: e la sua difesa è sempre stata respinta, è sempre stata ribadita la sua colpevolezza”.

“La giustizia penale guarda solo all’aspetto penale, analizza una parte molto ristretta delle prove: queste due strade non si sovrappongono. Noi non siamo coinvolti nella raccolta delle provette e per noi il risultato di quell’indagine è chiuso da tempo. La giustizia sportiva ha lavorato in maniera molto scrupolosa: c’è stata un’udienza, sono stati sentiti testimoni, analizzate le prove, sono stati chiamati degli esperti e tutto questo ha portato alla sua condanna”.

“La giustizia ordinaria si occupa solo del decidere se aprire o meno un’investigazione penale e il processo è molto diverso: non sono stati sentiti testimoni, alcuni esperti sono stati richiesti ma solo su temi molto specifici e possiamo dire che per molti aspetti non può essere considerato un vero giudizio quello che ne esce, ma solo una decisione di non procedere a un’investigazione”.

“Personalmente non ho mai parlato con il signor Schwazer e nemmeno con il suo allenatore, il signor Donati con cui c’è stato solo uno scambio di mail”.

“Noi siamo qui per proteggere gli atleti puliti, siamo qui per assicurare che un sistema equo sia applicato in tutto il mondo. Il signor Schwazer ha usato tutte le possibilità legali in suo possesso, il sistema ha lavorato correttamente e bisogna accettare quanto è emerso. Mi dispiace per lui ma dobbiamo accettare e rispettare le regole e rispettare ed essere rigorosi quando le prove portano in una certa direzione”.

“Affrontiamo centinaia di casi ogni anno e non possiamo permetterci di porci interrogativi e dubbi sulle regole e soprattutto sulle prove che emergono, prove che, come in questo caso, sono molto chiare. Non possiamo ragionare a livello umano, parlare di sentimenti, dispiacerci: dobbiamo guardare a quali sono le prove, cosa significa in termini di regolamento, qual è l’esito e in base a questo dobbiamo applicare il nostro regolamento per ogni singolo individuo, esattamente nella stessa maniera in ogni parte del mondo. Questo è fondamentale se vogliamo proteggere gli atleti puliti: con Schwazer non abbiamo fatto altro che applicare lo stesso sistema che applichiamo con qualsiasi altro atleta”.

“Per quanto riguarda il signor Donati, con cui abbiamo lavorato in passato, ora non abbiamo più alcun tipo di rapporto. E’ sempre stato un fautore della lotta al doping, ma sfortunatamente in questa storia ha deciso che la sua visione potesse essere l’unica possibile e noi non possiamo essere d’accordo su questo. Noi pensiamo che le prove portino in un’altra direzione e sfortunatamente non è più possibile avere con lui una conversazione razionale su questo argomento”.

 

Ogni commento è puramente superfluo.

 

 

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