Ma che Bel Paese

Siamo figli di un bizzarro e Bel Paese. Al mondo della produzione mancano teste e braccia. Chi analizza con competenza il fenomeno misura il gap in un milione di lavoratori mancanti: come rispondiamo al drammatico handicap? Con l’esodo biblico di giovani, con strumenti di repressione dei migranti, anziché favorirne l’ingresso e agevolare la loro integrazione, invece di formarli per l’inserimento nel ciclo produttivo e centrare l’obiettivo collaterale di sanare i conti in rosso del sistema pensionistico, lo squilibrio nascite-decessi dei questa società di pensionati. E che dire della dissennata desertificazione industriale del Sud, scippato della classe operaia e dell’apparato industriale, determinante per integrare l’economia con la rendita dei flussi turistici alimentati dalla grande bellezza della natura. Siamo la ricchissima Italia, unica al mondo per backstage storico, artistico, architettonico, archeologico, del made in Italy secondo a nessuno, di Leonardo da Vinci, Cristoforo Colombo, Alighieri, Galilei, degli scavi di Pompei, del Colosseo, della liberazione dal nazifascismo, di campioni del mondo applauditi in Spagna da Pertini, presidente partigiano, di Armani e Valentino, geniali stilisti, delle città d’arte, dell’accoglienza, dell’Etna, del Vesuvio, del Monte Bianco, di mari e monti, isole d’incanto, inimitabili gastronomie regionali, del Vaticano, della Carta Costituzionale più che perfetta…ma, ma siamo anche la patria dell’uomo qualunque, della pericolosa ricaduta nella tagliola politica della destra, che specula sul breve rodaggio della giovane democrazia italiana, interrotta dalla tragica parentesi del Ventennio, di una premier che lo ha condiviso come militante e polemizza a vanvera con chi, le chiede ragione della pretesa di essere citata come IL PRESIDENTE e no LA PRESIDENTE del consiglio, mentre il mondo delle donne trasforma la tragedia dell’ultimo femminicidio in guerra aperta alla violenza machista. Siamo il Paese del famigerato celodurismo di Bossi-Salvini, delle mafie ‘traformiste’, nel senso che hanno archiviato lo stragismo per introdursi capillarmente nell’economy system, con silenziosa penetrazione e criminale accoglienza di insospettabili partner. Non riflettiamo abbastanza su metà dell’Italia che non onora il voto elettorale, a tutto vantaggio della destra, sull’informazione controllata dal pensiero unico di chi governa, sulla stridente antitesi tra romanticismo old style del popolo mediterraneo e i 105 femminicidi avvenuti nei primi undici mesi del 2023, contro i 61 dell’intero 2022 e i 70 del 2021. Nel coro di solidarietà per le vittime, purtroppo estemporaneo e di breve durata, come sempre, si intromette tale Valdegamberi, consigliere regionale del Veneto, eletto nella lista leghista di Zaia, poi passato al gruppo misto. Suo il becero attacco alla sorella di Giulia Cecchettin, vittima della feroce brutalità del fidanzato. In un post, Valdegamberi attacca la sorella di Giulia, che ha interpretato la rabbia delle donne per la sub cultura degli uomini. Si dice non convinto della sua ‘arringa’ perché fredda (ma come se intervistata piangeva) e per apaticità (al contrario, era sconvolta), perché messaggio ideologico (ma erano solo giuste accuse alla politica di grave inerzia). Mentre si completa questa riflessione sullo smartphone arriva la notizia di un altro femminicidio, il numero 106, avvenuto a Fano. Un uomo di 70 anni ha strangolato la moglie coetanea e ha tentato di suicidarsi. Forse bisognerebbe spegnere la luce su questi atroci delitti che potrebbero indurre altri a commetterne come tragica emulazione.

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