BLACKROCK / LE MANI SULLE FINANZE DEL MONDO. E DELL’ITALIA…

Economia internazionale sempre più a FONDO.

L’abbiamo dettagliato qualche giorno fa, a proposito dei campi sempre più aperti per le conquiste che più speculative non si può anche nell’universo pallonaro di casa nostra, dove un terzo delle società (seguendo il trend europeo) sono ormai gestite da’ ‘fondi’, con il lampante esempio di Milano (Milan e Inter controllate da ‘RedBird’ e ‘OakTree’ e stelle e strisce).

A suonare il campanello d’allarme, un paio di giorni fa, perfino ‘il Foglio’ conservatore e filo Usa che ha titolato un editoriale del suo direttore Claudio Cerasa in modo non poco significativo: “Vendere l’Italia agli americani, come si muove Larry Fink”, a proposito di un fresco summit che si è tenuto proprio a Milano per dare il tocco finale alla strategia di conquista del Belpaese.

Del resto, l’ultima, sontuosa campagna acquisti del più grande gestore di asset al mondo, il ‘BlackRock’ by Larry Fink, ha appena aggiunto due ciliegine sulla torta.

Pochi giorni fa, infatti, la Consob ha comunicato l’esito di due operazioni.

In apertura Larry Fink

Con una, BlackRock arriva al 5,2 per cento dell’azionariato di Banca BPM. Con l’altra tocca quota 5,002 di quello griffato Prismian.

Sede centrale a Verona e presente con filiali in tutto il territorio italiano, BPM è nata pochi anni fa, nel 2017 per la precisione, e la sua compagine societaria è tutta di marca finanziaria, of course: 9,2 per cento Credit Agricole; 5 per cento Capital Research Management Company; 3,01 per cento Fondazione Enasarco; 3 per cento Norge Bank per citare solo i soci top.

Altrettanto elegante il salotto Prismian, la sigla milanese leader internazionale nel settore dei cavi per l’energia e le telecomunicazioni, con una flotta di ben 5 navi per la posa di quelli sottomarini (Giulio Verne, Ulisse, Leonardo da Vinci, Barbarossa II e Capital Enterprise) e una marea di stabilimenti in tutto il mondo (43 in Europa, 23 negli Usa, una trentina sotto varie latitudini). BlackRock capeggia la hit dei soci a bordo del suo 5 e passa per cento: seguono tra gli altri UBS (4 per cento), T.Rowe Price Group Inc. (3,9), Credit Agricole (3,7), Sun Life Financial (3,2), AXA (3,1), Schroeders Plc (3), The Vanguard (2,8), Global Advisors (2,7).

Proseguiamo con alter sigle e percentuali significative.

Sul fronte europeo, per fare solo qualche esempio, BlackRock ha rilevanti partecipazioni in colossi come Bayer, Basf, Lufthansa, Deutsche Bank, Deutsche Borse, Daimler: come si può facilmente notare, ha spiccate simpatie per il mercato tedesco, ‘storicamente’ il più forte.

Da noi, la sua presenza fa capolino negli assetti proprietari di Unicredit (5 per cento), Ray Way (5,3 per cento), Azimut Holding.

Ma guardiamo adesso proprio nella pancia di BlackRock, per cercar di capire chi sono i suoi timonieri.

Una bella fetta delle azioni, pari al 25 per cento, è nelle mani di un altro fondo, PNC Financial Services; il 6,2 fa capo a Vanguard, ossia al secondo colosso del settore dopo BlackRock; poi si torna a casa via BlackRock Inc. che detiene il 5,2 per cento. Stessa percentuale per Capital World Investment; mentre Wellington Management Group deve accontentarsi del 4,4 per cento.

Avete ormai capito bene il gioco.

Dentro i fondi ci sono altri fondi. Proprio come dentro BlackRock c’è Vanguard e viceversa.

Abbiamo più volte ricordato un pezzo ‘storico’ della Voce, messo in rete a fine 2021.

In quella ricostruzione dettagliammo come praticamente tutte le star di Big Pharma, Pfizer eModerna ovviamente in pole position, facessero capo proprio ai Fondi: ossia che il destino dell’Umanità, la salute di tutti i cittadini dipendesse dalle scelte volute da finanzieri & tecnocrati, con la Ricerca, quella vera, e la Scienza, quella autentica, a farsi benedire.

Proprio perché la logica dei Fondi è meramente speculativa.

Ecco quel pezzo della Voce pubblicato il 27 novembre 2021,

BLACKROCK & VANGUARD / ECCO I PADRONI DELLE STAR DI BIG PHARMA

Passiamo ad uno degli ultimi ‘colpi’ messi a segno da Larry Fink a Riyad.

BlackRock, infatti, ha incassato 5 miliardi di dollari stanziati dal super fondo sovrano dell’Arabia Saudita, il famoso PIF, per creare una rete di investimenti nel paese e, più in generale, nel Medio Oriente. L’accordo prevede la rapida creazione di una sigla, ‘BlackRock Riyad Investment Management’.

Gonfia il petto Fink: “La continua crescita dei mercati globali del Regno e la diversificazione del suo settore finanziario contribuiranno alla futura prosperità dei sui cittadini. L’Arabia Saudita è diventata una destinazione sempre più interessante per gli investimenti internazionali”.

Mohammed bin Salman

Del resto, la diversificazione è uno dei principali obiettivi del principe Mohammed bin Salman, visto che l’economia pur ricchissima del suo paese è pesantemente legata al petrolio.

Per finire, qualche nota in più sul padrone del vapore e sulle prospettive del suo galattico fondo che, non dimentichiamolo, ‘gestisce’ un oceano di miliardi di dollari, oltre mille.

E’ nato nel 1952 a Los Angeles, figlio di un ebreo che si guadagnava da vivere con un negozio di scarpe. Lui, Larry, di strada ne ha fatta, entrando presto nel mondo finanziario, via First Bank. Una rapida carriera, la responsabilità di una ‘divisione’ strategica che però a metà anni ’80 fa segnare un rosso da 100 milioni di dollari. Una cifra blu, all’epoca, che segna la sua uscita dal gruppo. Per fondare, nel 1988, la sua creatura, nata con pochi mezzi e man mano cresciuta sempre più rigogliosa: fino ad inglobare in rapida sequenza, appena prima della ‘crisi’ nel 2008, Merryl Linch Investment Managers e Barclays Global Investors.

Passiamo agli investimenti del futuro, come delineati nel fresco rapporto stilato dalle Menti finanziarie del super Fondo e riassunti in due dettagliati articoli, pubblicati il 24 maggio da ‘Investing.com’,  BlackRock: ‘mantenere la dinamicità dei portafogli’, ecco la sua scommessa

e da ‘Borsa & Finanza”, BlackRock: 5 forze guideranno gli investimenti nei prossimi anni

Di particolare interesse il secondo, perché indica le mete geografiche inseguite dagli analisti del Fondo per ottimizzare gli investimenti: Messico, India e – non poteva certo mancare all’appello – Arabia Saudita sul fronte dei ‘paesi emergenti’, come vengono definiti.

Un ok per la Gran Bretagna e una imprevedibile bocciatura per gli Usa sul versante delle nazioni sviluppate. Con questa motivazione: “Prevediamo che i tassi di interesse scenderanno di più nel Regno Unito che negli Stati Uniti. Questa dinamica farà sì che i rendimenti dei titoli di Stato britannici siano più interessanti rispetto a quelli di altri mercati sviluppati”.

Dimenticavamo di ricordarvi (lo abbiamo fatto comunque nel reportage sul mondo pallonaro di casa nostra del 20 maggio scorso, CALCIO ORMAI AL ‘FONDO’ / IL GIALLO INTER. E NON SOLO…

che all’interno dei Fondi, nelle loro pance, ci può essere di tutto e di più: in modo talmente ‘intricato’ da non poter più scoprire l’origine dei soldi, né seguirne il cammino, come profeticamente sottolineava a fine anni ’80 Giovanni Falcone.

Tutto coperto, oggi, grazie ai miracolosi ‘Fondi’. Proprio per questo, se è così facile ‘lavare’ e ‘riciclare’, le mafie non sparano più.

E i controlli sono morti e sepolti.

Cin cin.


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