Tv a colori? No. In bianco, ma anche in nero

Niente di grave, siamo italiani di un Paese composito, al punto da soffrire la molteplice presenza di paratie stagne tra regione e regione, ma specialmente tra Nord, Centro e Sud. Non c’è da sorprendersi, se per dialogare tra loro, un siciliano e un friulano, che sfoggiano le rispettive astrusità dialettali, hanno bisogno di un interprete simultaneo. E però insorgono un paio di problemi collaterali se uno straniero in Italia, che ha imparato la nostra lingua, prova a intendersi con il gergo criptico di un cittadino di Enna o di Cividale con il loro dialetto stretto dialetto. Il lato ‘B’ della questione riguarda quanti della voce, del suo timbro, della sua purezza, fanno professione pubblica, ovvero i giornalisti e i conduttori televisivi. L’aspettativa di ascoltare modi e forme dell’italiano perfetto, di una dizione corretta, è forse eccessiva, ma non lo è chiedere che l’infinita possibilità selettiva dei network, soprattutto se organica a un progetto di lunga scadenza, promuova soggetti privi di handicap verbali ed escluda dalla presenza audio-video voci fastidiosamente stridule, diseducate al linguaggio radiotelevisivo o solo pesantemente dialettali. In parallelo, considerate le numerose professionalità di supporto disponibili specialmente nelle mega strutture, sarebbe auspicabile la supervisione della qualità estetica di chi conduce un Tg, un programma.  Se il principio è rispettato in qualche misura dalle reti nazionali, è invece disatteso clamorosamente dalle venti diramazioni regionali della Rai, dove pesanti inflessioni dialettali e aspetto dei giornalisti è incomprensibilmente trascurato. Abbondano i casi in questione e i rilievi accennati sono motivati dal rispetto per i fruitori del più diffuso e invasivo strumento di comunicazione e non nascondono la  mania di perfezionismo. Due fra tanti: la sgradevole, pesantezza del dialetto di Lucia Annunziata. Particolarmente insopportabile è la pronuncia degli avverbi con la ‘e’ del terminale….menteaperta a dismisura e non meno  la rozza espressione “questa roba”, citata più volte nel riferirsi anche a questioni di alto profilo. Se poi le due ‘imperfezioni’ hanno risvolti anche nell’arroganza (domenica scorsa Michele Santoro è uscito dallo studio anzitempo in risposta allo sgarbo dell’Annunziata “non sei più un giornalista”) allora c’è qualcosa che non va nella direzione di reti e telegiornali Rai, che ignorano le innumerevoli, legittime contestazioni e consentono ancora che nel nostro Paese, rispettoso di tutte le religioni, la conduttrice del Tg esibisca quotidianamente una collezione di crocifissi-gioiello, ben in evidenza sul prosperoso petto. Simpaticamente tollerabile è l’eccezione degli scivolamenti nel napoletano di alcuni protagonisti di ‘Un posto al sole’, ambientato completamente all’ombra del Vesuvio, ma nella macro economia aziendale dei giganti di settore è lecito non destinare una risorsa perfino modesta a corsi di dizione per donne e uomini da telecamera? Per chi ha integrato Sky e compagnia bella con le proposte di ‘Netflyx’ un sommesso consiglio. Nella pagina d’esordio di ‘Vis a vis’, una delle serie più viste e ascoltate, in alto a sinistra compare in caratteri minuscoli, da lente d’ingrandimento, il monito ‘vietato ai minori di 14 anni’. Errore: dovrebbe essere vietata a chiunque rifiuta scene agghiaccianti di violenza, immagini cruente di insopportabile realismo, volgarità perenne del linguaggio, molteplici episodi di stupro, esibizioni a senso unico di rapporti omosessuali originati da promiscuità carceraria brutalmente repressa, nudi femminili esibiti a ripetizione. Certo è confronto impossibile, ma quanta differenza con il prezioso spazio di Rai 3, che in attesa di un ‘Posto al sole’, della sua sceneggiatura eticamente condivisibile, propone gioielli come il recente minishow dei Bollani e ora storie di ‘Eroi italiani’, di buona vita, di generosità e altruismo!

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