GIALLO NAVALNY / LE VERITA’ DEL PATACCARO MARIO SCARAMELLA

Un pataccaro conosciuto in mezzo mondo, il faccendiere napoletano Mario Scaramella, autore di dossier taroccati per la commissione Mitrokhin: il suo nome torna oggi alla ribalta come grande esperto di politiche internazionali, docente universitario di prestigio e in grado di raccontare la Verità – sic – sul giallo circa il presunto avvelenamento di uno dei capi dell’opposizione in Russia, Alexei Navalny.

Non basta. Perchè nella fresca serie true crime griffata Netflix, “World’s Most Wanted” (“I più ricercati del mondo”), il nostro Scaramella viene indicato come il nuovo eroe di tutte le spy stories, cioè come colui che ha dato la caccia al capo della mafia russa, Semion Moghilevich.

Ai confini della realtà.

Il nome di Scaramella torna alla ribalta, nel nostro paese, sull’onda di un’intervista rilasciata all’ADN Kronos, in cui spiega a tutti cosa si cela dietro al caso Navalny, chi muove le fila di tutta la trama a base di segreti & veleni.

 

LA PAROLA AL VATE

Vladimir Putin. In apertura da sinistra Alexei Navalny e Mario Scaramella

Ecco come esordisce lo 007 de noantri. “Ci sono i servizi segreti russi dietro l’avvelenamento del leader dell’opposizione Alexei Navalny. Ma c’è una differenza rispetto ai casi precedenti, quelli di Alexander Litvinenko e Sergej Skripal: Navalny non è un ex ufficiale dei servizi, non si tratta di una eliminazione decisa internamente al circuito dell’intelligence, di una ‘resa dei conti’ con un traditore. Oggi lo scenario è ancora più terribile e inaccettabile, siamo alla eliminazione di Stato di oppositori meramente politici, ‘eroi’ che si oppongono al dittatore e per questo soltanto vengono dichiarati nemici militari dello Stato. E’ una cosa mai vista dalla caduta dell’Urss”.

Va giù duro e senza alcun tentennamento, il Vate dei nuovi scenari internazionali. Che ci tiene a precisare: “A differenza di altri casi qui la firma dei servizi salta all’occhio, tutta l’operazione segue il copione scritto dalla propaganda. Siamo davanti ad una sofisticata narrativa dove l’arma (il tè avvelenato con un nervino), il luogo (Omsk, sede principale del KGB e dei suoi archivi), la tempistica (immediata risposta ai fatti di Minsk), tutto ci racconta di una grande operazione dei servizi. Non voluta a livello militare, però, ma ad un livello verticistico”.

Riflette sui destini della Bielorussia, il Super Stratega: “Il ‘sistema’ russo ha imposto le sue riforme costituzionali, ciò significa che Vladimir Putin non sarà superato democraticamente ma che solo una protesta di piazza potrà sovvertirlo. In Bielorussia, laboratorio politico e cartina di tornasole per Mosca, sono scoppiate proteste chiaramente supportate da tutti gli ambienti democratici: punire Navalny era a questo punto fondamentale per dare un segnale a tutti e a ciascuno degli oppositori”.

Alexander Litvinenko

Prosegue l’Analista: “In Bielorussia esiste ancora il KGB, e i servizi russi hanno mano libera. Litvinenko ci ha dichiarato che l’FSB di Mosca può tutto e che lui personalmente aveva rapito un imprenditore indiano a Minsk su ordine del suo capo. Quando la Russia chiede ad altri paesi di non interferire, dimentica di dire che lei invece interferisce eccome! E questo senza menzionare il ruolo importante della Bielorussia nei traffici di armi e l’importanza degli archivi del KGB di Minsk che non possono essere aperti senza conseguenze simili a quelle dell’archivio Mitrokhin, che svelò i nomi delle spie nella politica occidentale”.

Baggianate allo stato puro. Quando invece dalla Commissione Mitrokhin sbocciarono solo storie farlocche ed inventate di sana pianta: in buona parte frutto avvelenato – è il caso di dirlo – di quelle “consulenze” costruite a tavolino dal super esperto Scaramella.

 

I DOSSIER PER L’ALTA CORTE DEL SOUTH WEST

A questo punto dobbiamo raccontare un’altra story ai confini della realtà, relativa al sequestro e poi alla liberazione della cooperante italiana Silvia Romano, rapita nel villaggio di Chakama, in Kenya, il 20 novembre 2018. In particolare ci riferiamo ai dettagli circa i “passaggi di mano” di Silvia, ricostruiti in un dossier redatto da una “Sezione specializzata antipirateria”.

Silvia Romano

Il rapporto è stato pubblicato per prima della stessa ADN Kronos, sempre pronta a raccogliere esternazioni e prodezze di mister Scaramella.

Chi ha infatti firmato quel dossier? Il pataccaro de noatri, of course, il quale lo ha inviato nientemeno che al Presidente dell’Alta Corte del South West.

E lo firma, l’eclettico Scaramella, in qualità di “docente alla South West State University” e di membro onorario della Alta Corte, nonché Assistente del Procuratore federale della Somalia nella repressione della pirateria. Neanche il Gran. Lupp. Mann. targato Paolo Villaggio sarebbe riuscito ad inanellare tanti super titoli!

Scaviamo un momentino per scoprire di quale celebre università internazionale si tratti. Appena poche righe su internet di autocelebrazione: “la South West State University si trova a Kurk, nella Russia centrale. E’ la più grande istituzione educativa della città, con circa 11 mila studenti che ricevono un’istruzione nelle 100 aree principali dell’ingegneria, delle scienze, delle scienze sociali e delle discipline umanistiche. SWSU ha partner in tutto il mondo!”. Proprio in Russia? Fortunato chi ci capisce qualcosa.

Torniamo al report griffato Scaramella, in cui “venivano individuati – enfatizza l’Adn Kronos – i componenti della cellula che effettivamente avrebbe rapito la volontaria italiana: un’unità di pirati specializzata in rapimenti e interna ad Al Shabab che opera nello Stato del Sud West Somalia e in Jubaland. Un gruppo di élite, denominato Amnyat (coinvolto in altre attività criminali e di business illegale), composto da nove soggetti, tutti somali, e da una decima persona, quatariana, responsabile della gestione dell’ostaggio, la cui base principale, come emergeva dal rapporto, è proprio a Bulo Fulay, uno dei tre covi dove è stata tenuta prigioniera Silvia”.

 

QUEL PIZZO NEL CORNO D’AFRICA

Pompa ancora Adn Kronos in un servizio di fine anno, 29 dicembre 2019, titolato “Somalia, l’esperto: ‘Al Shabab dimostra forza per pretendere pizzo su ogni attività”. L’esperto, ovviamente, non può essere che il Vate Scaramella, di tutta evidenza non solo a conoscenza delle dinamiche di camorra e mafia sul fronte estorsivo, ma anche delle metodologie in voga nel Corno d’Africa.

La sede della South West State University

Così scrive la solerte Agenzia: “La attribuzione ad Al Qaeda del vile attentato contro civili è certa – dichiara all’Adn Kronos Mario Scaramella, che dirige la scuola di Diritto all’Università Statale del South West – in effetti Al Shabab, che è attualmente la più strutturata delle articolazioni qaediste al mondo, rivendica ogni violenza ed atto terroristico in Somalia perché ha un’esigenza di propaganda: deve dimostrare la propria forza ed efficienza per pretendere il pizzo su ogni attività produttiva. I somali, in pratica, non pagano le tasse ma solo il racket ad Al Qaeda o a Daesh, le due principali organizzazioni del terrore”.

Spiega ancora il Profeta vesuviano, sprezzante del pericolo: “Tutto ormai, sia l’intelligence che la sicurezza nazionale, è sotto il controllo di Fahad Yasin, chiacchierato proprio per i suoi presunti legami con Al Qaeda e con il Quatar. Non si possono escludere regolamenti di conti tra i molteplici gruppi di potere nel paese: purtroppo il terrore è ancora la principale arma della politica in Somalia”, chiarisce Scaramella “che da anni studia le dinamiche del terrore nel Corno d’Africa”.

 

POLONIO KILLER

Il super giallo che ha fatto conoscere il nome – ahinoi – di Mario Scaramella nel mondo è quello legato al “tè al polonio” che avvelenò Alexander Litvinenko quasi 15 anni fa, nel 2006. Una storia mai chiarita, con l’ultima persona che lo incontrò in un sushi di Londra, proprio Scaramella, che non ha mai subito alcuna conseguenza giudiziaria per quella vicenda.

Vani i continui tentativi di Scotland Yard di far testimoniane lo 007 de noantri davanti alla commissione d’inchiesta su quella morte. “Tentativi sempre frustrati dalle autorità italiane”, scrive il Telegraph in un articolo del 25 gennaio 2015.

Sul giallo la Voce ha pubblicato diversi articoli. In basso potete leggere la prima, lunga cover story scritta a dicembre 2006 – “Servizi & Segreti” – e premiata con il Premio Saint Vincent l’anno successivo nella sezione per il giornalismo d’inchiesta.

 

 

L’INCHIESTA DELLA VOCE DI DICEMBRE 2006

 

 

 

 

 

 

 

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