En todo el mundo

In vacanza, nel villaggio di Praia Longa, Calabria ionica, arriva un messaggio telefonico. Di là da venire i cellulari, lo riceve il custode dell’ameno insediamento prossimo alle ‘Castella’, location del film ‘Brancaleone alle crociate’.
“Resta lì, a Napoli c’è il colera”. La mia vacanza si protrasse per l’intero mese di Settembre. Era l’estate del 1973, epicentro dell’infezione Napoli. Erano altri tempi, socialmente e quanto a  sistema sanitario, era imparagonabile la diffusione mediatica dell’epidemia rispetto al bombardamento delle comunicazione sul Covid-19, ma si può dire  ‘simile’ l’emotività per un evento che a torto si pensava confinato nelle aree povere, marginali del pianeta.
Ritardi nella segnalazione del contagio, seguita da panico: gli storici ricordarono le terribili conseguenze del colera scoppiato a Napoli nel 1837, nell’84 e nel 1910. L’ultimo caso per colpa delle cozze? Nel 1973 mitili sequestrati, vietato il consumo di pesce. Vaccino introvabile, limoni (considerati antagonisti del vibrione, a prezzi da borsa nera), risposta straordinaria in termini di solidarietà e di efficienza. Il primo centro di vaccinazione fu istituito presso la Casa del popolo di Ponticelli, per iniziativa di militanti del Pci. L’epidemia fu sconfitta rapidamente, ultimo episodio rilevato il 19 settembre, quando il sangue di San Gennaro non si sciolse. L’epidemia si diffuse anche in Puglia, con numerosi contagiati a Bari e a Foggia; casi di colera furono registrati in Sardegna, a Roma, Milano, Firenze, Bologna e a Pescara. Complessivamente ci furono quasi mille ricoverati e 24 morti, con una percentuale del 12%, più elevata rispetto alle vittime del  coronavirus. Il colera fu anche l’occasione per operare un deciso miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie della città e la mobilitazione popolare per il vaccino dimostrò che le emergenze, di là da paure ed egoismi, favoriscono la partecipazione, la solidarietà, esattamente come sta avvenendo nella lotta al Covid-19.
 
[Virus, ovvero agente che infetta e ne sa qualcosa chi naviga in internet e si fa invadere da un incursore sconosciuto che si presenta come in ‘veste’ di tranquillo interlocutore. In medicina è uno dei termini che mettono  in pericolo la salute dell’umanità].      
Le pandemie che hanno preceduto il coronavirus: 1968, influenza di Hong Kong, l’ ‘aviaria’, tra 750mila e due milioni le vittime nel mondo. In Italia 13 milioni a letto, 20mila morti, strade deserte. La ‘spagnola’ scoppiò molto tempo prima, nel 1918 e uccise 50-100 milioni di persone su una popolazione di due miliardi, più grave forma di pandemia nella storia dell’umanità. Morirono in prevalenza giovani sani. In Europa. Il diffondersi della ‘spagnola’ avvenne in concomitanza con la prima guerra mondiale di posizione. Milioni di militari vivevano ammassati nelle trincee e favorirono la diffusione del virus. Si ritiene che sull’influenza spagnola abbia avuto un’implicazione la comparsa, degli anni ’20, dell’encefalite letargica. In Italia si stima che le vittime furono almeno 600.000. L’influenza asiatica fu una pandemia influenzale di origine aviaria, che negli anni 195760 fece circa due milioni di morti. Fu causata dal virus A/Singapore/1/57 H2N2, isolato per la prima volta in Cina nel 1954. Nello stesso anno fu preparato un vaccino che riuscì a contenere la malattia. Poi mutò nel virus A/H3N2 che causò l’influenza di Hong Kong negli anni 19681969. La SARS, sindrome respiratoria acuta grave, forma atipica di polmonite  apparsa nel novembre 2002 nella provincia del Guangdong (Canton) in Cina. Più di 8000 casi  e oltre settecento morti  in 17 Paesi (tasso di letalità 9,6%). La malattia, identificata per la prima volta dal medico italiano Carlo Urbani (poi deceduto a causa dello stessa), fu causata da un coronavirus che gli scienziati cinesi hanno rintracciato nei pipistrelli. La ‘spaziale’, è stata la pandemia del XX secolo. Partito da Hong Kong, il virus fu altamente contagioso. A due settimane dalla comparsa circa 500.000 le persone coinvolte. L’epidemia colpì l’Italia dopo un anno e mezzo e causò circa 20 mila decessi, un milione in tutto il mondo.
Ovvero, il ciclo periodico di virus influenzali se si potesse risalire anche ai secoli precedenti l’Ottocento, smentirebbe la tesi della relazione tra cambiamenti climatici e pandemie, che appassiona gli ambientalisti.
Sarebbe urgente, una volta sconfitto il Covid-19, che i centri  mondiali della ricerca si coordinassero per ottenere un vaccino polivalente, in grado di  antagonizzare tutte le possibili varianti degli agenti para influenzali, che periodicamente colpiscono l’umanità.   

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