ANNAMARIA PALMA / IL MISTERO DELL’AGENDA ROSSA AL PROCESSO PER IL DEPISTAGGIO

Torna alla ribalta il mistero dell’agenda rossa, una delle chiavi – forse la più importante – per trovare i colpevoli (mandanti ed esecutori) della strage di via D’Amelio e venire a capo del giallo del depistaggio di Stato, il più clamoroso nella martoriata storia del nostro Paese.

E c’è un mistero nel mistero. Perché esistono altre due agende appartenute a Paolo Borsellino: una marrone e l’altra grigia. A quale si è riferita, nel corso della verbalizzazione resa il 12 dicembre in occasione del processo per depistaggio in corso a Caltanissetta (che vede alla sbarra tre poliziotti), l’ex pm Anna Maria Palma, a sua volta sotto inchiesta a Messina per calunnia?

 

ROSSA O GRIGIA ?

Fitto il mistero. L’Adn Kronos scrive testualmente: “‘Dopo la morte di Paolo andai a trovare la vedova, la signora Agnese, che mi accompagnò nel suo studio. Sulla scrivania trovai un’agenda. Le chiesi se potevo sfogliarla e disse di sì. Era un’agenda in cui Paolo annotava tutti i suoi spostamenti ed era ferma al 17 luglio 1992’. Lo ha detto Annamaria Palma, la pm che coordinò le indagini su via D’Amelio, nel corso della sua deposizione al processo sul depistaggio. Ha poi aggiunto di aver depositato l’agenda rinvenuta a casa Borsellino in Procura a Caltanissetta”.

Paolo Borsellino. Nel montaggio di apertura, Arcangioli con la borsa di Borsellino in via D’Amelio e, a sinistra, Anna Maria Palma

Ecco cosa scrive Antimafia 2000 sulla stessa verbalizzazione, riferendo le parole della Palma a proposito dell’agenda dei misteri: “Avevamo la conferma che Borsellino fosse andato al ministero dell’Interno, lo avevamo letto anche in un’agenda in cui annotava i suoi appuntamenti e spostamenti, una grigia dell’Enel. Agenda che ho scoperto andando a trovare la vedova Borsellino per convincerla a testimoniare al processo. Mi portarono nel suo studio, sul tavolo c’era questa agenda e chiesi di poterla sfogliare. Era ferma al 17 luglio. Mi fu detto che conteneva le stesse cose dell’agenda rossa sotto il profilo degli spostamenti”.

Va precisato che nell’agenda color marrone Borsellino segnava gli impegni professionali, in quella grigia gli appuntamenti e gli spostamenti, mentre aveva cominciato a compilare quella rossa solo dopo la strage di Capaci. In quest’ultima ci sono i segreti scottanti, perché Paolo vi scriveva non solo quegli stessi, importanti appuntamenti, ma tutte le piste che seguiva, le sue riflessioni, i suoi sospetti.

Una agenda super bollente, dunque, come più volte hanno sottolineato i figli Fiammetta, Lucia e Manfredi Borsellino. Quest’ultimo ha precisato: “Papà mi raccontò che era un modo per proteggerci, così stava tutto lì. Bastava appena sfogliarla e leggere qualche passaggio per capire che lì dentro erano segnate verità inconfessabili, piste con tanto di nomi e cognomi, sospetti di estrema concretezza”.

 

AGENDA ESPLOSIVA, BASTAVA SFOGLIARLA…

Proprio sull’agenda rossa s’è già svolto un processo lampo, che ha vista sulla sbarra degli imputati un militare dell’Arma dei carabinieri, Giovanni Arcangioli. Il quale ne è uscito assolto, candido come un giglio: a nulla è valso un video nel quale si vede con la borsa tra le mani dopo la strage.

Giuseppe Ayala

Ma il primo a maneggiare la borsa era stato un collega di Borsellino, Giuseppe Ajala, al quale fu subito consegnata, ancora fumante. E a quanto pare Ajala l’ha dopo poco affidata ad un militare, con ogni probabilità lo stesso Arcangioli.

Borsa sbrindellata, bruciacchiata, il cui contenuto poi finì – in seguito ad un tortuoso percorso – nelle mani del team di polizia guidato da Arnaldo La Barbera. Dopo giorni i figli – ai quali venne riconsegnata la borsa ed il suo contenuto – chiesero dell’agenda, come mai non risultava in quel contenuto. E La Barbera, dopo qualche insistenza, soprattutto di Lucia, perse il controllò e la mandò in malo modo a quel paese.

Ma torniamo alla deposizione della Palma. Secondo la ricostruzione di Antimafia 2000, dunque, avrebbe fatto un riferimento alla ‘grigia’. Per poi dire, in modo sibillino, come riferisce l’Adn Kronos: “Ho poi depositato l’agenda in Procura a Caltanissetta”. Senza però specificare quando: dopo poche ore, dopo un giorno o che?

Sta di fatto che bastava sfogliarla – come sottolinea Manfredi Borsellino – per rendersi conto di quanto fosse esplosiva.

Ma c’è un altro dettaglio da non poco, varie volte sottolineato dalla Voce.

Tre anni fa, nel corso della presentazione a Napoli del libro “I boss di Stato”, scritto dalla giornalista d’inchiesta Roberta Ruscica, l’autrice raccontò alcuni episodi della sua permanenza lavorativa in Sicilia. E fece riferimento ai rapporti di conoscenza intrattenuti con Anna Maria Palma: “pensavo anche io all’epoca che Scarantino fosse attendibile, mi aveva convinta la Palma. Che una volta mi disse dell’agenda, ne era entrata in possesso, l’aveva potuta consultare”.

Il libro di Roberta Ruscica

Grigia o rossa? Ruscica non precisò. Ma parve evidente pensare a quella rossa, quella alla quale costantemente si fa riferimento quando si parla della famosa agenda di Borsellino.

Ma c’è un altro interrogativo che assilla. Come mai a quanto pare le toghe di Caltanissetta non hanno chiesto alla Palma cosa avesse capito da quella lettura dell’agenda? Né quali intuizione ne aveva mai tratto. Mistero.

 

SOLO QUALCHE “DISPARERE” SU SCARANTINO

Vediamo, a questo punto, cosa dichiara davanti ai giudici del tribunale nisseno l’allora pm di punta del pool di via D’Amelio a proposito del pentito taroccato Vincenzo Scarantino, ossia il cuore di tutto il depistaggio.

“A mente serena posso rispondere compiutamente che Scarantino mostrava un volontà piena di collaborazione, all’inizio non ebbi affatto l’impressione di uno che non volesse collaborare, anzi faceva di tutto per accreditarsi”.

Commenta Antimafia 2000: “Sebbene fosse applicata alla Dda dal 14 luglio e avesse partecipato agli interrogatori del falso pentito Scarantino di agosto e settembre 1994, a suo dire, il suo fattivo apporto ad indagini e processi sulla strage di via D’Amelio si sarebbe compiutamente realizzato solo a partire dall’ottobre 1994, ‘una volta in cui andarono via sia la dottoressa Boccassini che Sajeva’”.

Ossia i due magistrati che, un paio di mesi dopo, invieranno una infuocata lettera ai magistrati del neo pool su via D’Amelio, del quale le punte di diamante sono Anna Maria Palma e Carmine Petralia, entrambi oggi sotto inchiesta a Messina.

Una missiva al calor bianco, nella quale Ilda Boccassini e Roberto Sajeva mettono nero su bianco l’inaffidabilità del pentito Scarantino, la totale inattendibilità e assoluta non credibilità, e quindi l’opportunità di non ‘utilizzarlo’ come pentito e come fonte.

Nino Di Matteo

Ma nonostante ciò sia Palma che Petralia – ai quali poi si aggiungerà anche l’icona antimafia Nino De Matteo – proseguiranno imperterriti su quella strada, che porterà ai due processi flop con la condanna per 7 innocenti che hanno dovuto scontare 16 anni di galera e oggi si sono costituiti parte civile nel processo contro i tre poliziotti del team la Barbera: evidentemente sotto la regia di qualcuno sopra di loro, come sta accertando l’inchiesta di Messina che coinvolge, appunto, Palma e Petralia.

Secondo Palma, tutti erano d’accordo sulla linea da seguire nelle indagini, “c’era un’unica opinione”, al massimo qualche “disparere”.

Ecco le sue parole: “L’unica riunione della Dda alla quale partecipai al tempo fu dopo la metà di ottobre quando già la Boccassini e Sajeva se ne erano andati. C’eravamo io, il Procuratore Tinebra, Giordano, Petralia, Tescaroli e Di Matteo. In quell’occasione si valutò la necessità di verificare Scarantino, punto per punto. Non ci fu nessun contrasto, ma un’unica opinione. Rivedere Scarantino, risentirlo, procedere all’interrogatorio degli altri collaboratori che erano stati da lui chiamati e procedere con il confronto. Tutto fu fatto tra novembre 1994 e gennaio 1995. Nel 1994 per questa ragione il pm Di Matteo va da Scarantino. Fino a quel momento sia io che il dottore Nino De Matteo eravamo quasi messi da parte”.

 

COME TI “PREPARO” IL PICCIOTTO

Nota Antimafia 2000. “Successivamente è stato chiesto ad Annamaria Palma cosa poteva dire sulla telefonata in cui ad essere protagonisti sono il pm Petralia e il picciotto della Guadagna (Scarantino, ndr). Nell’intercettazione, depositata di recente al processo, Petralia dice: ‘Scarantino, ci dobbiamo tenere molto forti perché siamo alla vigilia della deposizione’, annunciandogli una visita con il procuratore Giovanni Tinebra e il capo della Squadra Mobile Arnaldo La Barbera’. Era l’8 maggio 1995. ‘Ci sarà tutto quanto lo staff delle persone che lei conosce, potrà parlare di tutti i suoi problemi così li affrontiamo in modo completo e vediamo di dargli una soluzione – diceva – contemporaneamente iniziamo un lavoro importantissimo che è quello della sua preparazione per la deposizione al dibattimento’”.

Vincenzo Scarantino

Ecco, dunque, come il pentito viene taroccato con estrema perizia.

Ma si tratta solo di aiutarlo a ricordare, di dargli una manina per non dimenticare per strada alcun pezzo della sua ‘parte’, del ‘copione’.

“Per prima cosa – spiega Palma – credo che debba essere chiesto a Petralia cosa volesse dire. Io posso dire che non ho ricordo di Tinebra e La Barbera a quegli interrogatori precedenti il dibattimento. Comunque preparare un collaboratore è una cosa che si è sempre fatta e molti pm continuano a farlo anche oggi. Non ha un significato di suggerimento ma di spiegare a un collaboratore che non è mai entrato in un’aula di giustizia come si svolgerà il dibattimento, chi si troverà davanti. Lo fanno anche gli avvocati. Non c’è nessuna norma che vieti la cosiddetta preparazione. Un termine veramente infelice perché non si riferisce a suggerimenti o a dare ordini. La controprova della inesistenza della preparazione di Scarantino si ha proprio nelle sue lamentele e numerose contestazioni che gli ho posto”.

Così è se vi pare.

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