Il maltempo infuria sull’Italia. Tutto il nostro paese, dalle Alpi a Reggio Calabria, compreso le isole, è stata flagellata da piogge, esondazioni, allagamenti mai visti primi, inagibilità delle strade e, soprattutto, crolli.
Il caso più evidente è stato il crollo di un viadotto sull’A6 Savona-Torino, investito da una frana di notevoli proporzioni.
Certamente tale ponte non aveva ricevuto la manutenzione necessaria ed è difficile ora stabilire se causa del gravissimo incidente sia stata la frana o la mancata manutenzione, o entrambe.
Quello che è sicuro, è che una volta le strade italiane, affidate all’azienda di Stato ANAS, o alle Province e ai Comuni, erano sottoposte a continui controlli da parte dei cantonieri, i quali non esistono più, perché si è preferito affidare a società private la cura e la manutenzione delle vie di comunicazioni.
I privati hanno mirato a risparmiare denaro per accrescere i loro guadagni e adesso i danni derivanti dalla loro incuria si riversano ancora una volta sulla popolazione italiana.
Vien fatto di chiedersi: “se spetta a noi far fronte ai danni, riparando i beni andati distrutti, perché abbiamo ceduto i lauti guadagni autostradali, che servono alla manutenzione delle strade a ingordi privati, che non adempiono ai loro doveri e vivono sulle spalle della collettività?”.
In questo momento c’è soltanto un provvedimento da adottare: far rientrare fra i servizi pubblici essenziali dello Stato, delle Province (inutilmente distrutte da Renzi) e dei Comuni, tutte le strade e autostrade italiane, facendo in modo che i lauti pedaggi autostradali tornino nelle casse dello Stato e non siano sperperati dai privati per finalità da noi non conosciute.
Discorso analogo è da fare per Alitalia. A partire da Prodi, il quale ha dato il via alle prime parziali privatizzazioni della nostra compagnia, fino ad arrivare a Berlusconi, il quale, ha fatto diventare proprietari della compagnia i così detti “capitani coraggiosi”, che coraggiosi non lo sono stati affatto, si è toccato il culmine dell’insensato metodo delle privatizzazioni.
Si tratta di Benetton, Riva, Ligresti, Marcegaglia e Caltagirone sotto la direzione di Colannino.
Questi coraggiosi, ampiamente inesperti in materia aerea, dapprima hanno mal gestito la compagnia e poi se la sono data a gambe. Ad essi sono succeduti, su imput di Renzi, gli arabi di Etihad, i quali, a quanto ci risulta, non ci ha rimesso neppure un euro, e hanno soltanto aperto la strada all’inizio della gestione commissariale
Tutti questi soggetti hanno violato in modo palese il secondo comma dell’articolo 42 della Costituzione secondo il quale: “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge…,allo scopo di assicurarne la funzione sociale.
Costoro, invece di assicurare la funzione sociale, e cioè il risanamento economico della compagnia e il suo normale funzionamento, si sono dimessi, ovviamente dopo aver ottenuto le loro spettanze.
È un atteggiamento estremamente riprovevole nei confronti del Popolo italiano, ma è anche un atteggiamento che ha precise conseguenze giuridiche.
Dimettendosi, rifiutando cioè di perseguire lo scopo sociale della società, costoro, in base alla norma costituzionale appena citata, hanno perso la loro qualifica di proprietari “privati” dell’azienda e non possono esser ritenuti titolari di nessun diritto.
Anzi come prescrive il citato articolo 42 Cost. le loro quote proprietarie sono passate ope constitutionis, nelle mani dello Stato, il quale oggi è giuridicamente in grado di nazionalizzare l’azienda senza corrispondere nessun indennizzo.
L’indennizzo è previsto, sempre dal citato articolo 42, nell’espropriazione per pubblica utilità di beni che perseguono il loro scopo sociale, non per i beni che sono stati. in modo pusillanime, abbandonati.
di Paolo Maddalena*
*Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
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