L’amaro sapore della sconfitta

Inciampare, verbo che Salvini ha tentato di cancellare dal dizionario Treccani e dalla propria infima dotazione di italiano: è toccata anche a lui, alleluia, l’incombenza di coniugarlo nella prima persona singolare. In combutta con la Casellati, il pavido ministro ha tentato il colpo di mano di violentare il Parlamento anticipando il caso della sfiducia a Conte, per accelerare i tempi della crisi e scongiurare l’impatto, per lui devastante, con la manovra finanziaria. Lo metterebbe alle corde, scuoterebbe gli italiani in letargo da ipnosi leghista.
La trappola non è scattata e come molti suppongono, esiste un percorso politico antagonista del salvinismo. L’esito del no al marchingegno avallato dalla Casellati ha sortito l’effetto strategicamente decisivo di costringere il vicepremier della Val Brembana a osare un tuffo da grandi altezze, privo com’è del necessario atletismo. Il celodurismo rischia di  brutto. Osasse insistere sulle follie elettoralistiche della flat tax e di analoghe fantasie euro prive, l’incipit di smacchi raccolti durante il tour spiaggia-spiaggia nel profondo sud, con  fischi, urla di scherno e tornate di “bella ciao”, di “non ti vogliamo”, segnerebbe il via a una svolta politicamente rivoluzionaria, frutto della batosta rimediata sul caso sfiducia a Conte: altro è l’intesa episodica 5Stelle-Pd. I bookmaker accettano puntate. Si esaurirà lì o è solo il risultato di un test per monitorare gli umori reciproci e intavolare una vera trattativa, con oggetto una non improbabile intesa elettorale per “spezzare le reni della Lega”  (sorry per il brutale ricorso a un’espressione del ducismo valpadano.
“Chi si accontenta…”. Non è peccato godersi la resa con annesso lancio della spugna del para tycoon vice premier “ce l’aveva duro”. Un altro detto popolare recita il significativo “L’appetito, vien mangiando”. Spiega, che assaporato un gustoso  intingolo, si chiede il bis. Le conseguenze? Il tutto d’un pezzo, sovranista, razzista, para fascista, che ha occupato per ignavia altrui il Viminale, è alle prese per la prima volta con  la remissività imposta dagli eventi. E ngoia un paio di rospi. Il sì alla priorità dei parlamentari da ghigliottinare e lo slittamento conseguente del voto, che terrorizza i suoi esperti in economia. La spavalderia aggressiva di Salvini sembra  stemperarsi. Si annacqua, sbiadisce, con l’aggravante dei conti in sospeso con la giustizia  (caso Siri).
Alla situazione contingente calza perfettamente lo stimolo noto come  “ora o mai più” spedito a Pd e collaterali. Con elevato tasso di opportunismo parlamentare, sarebbe il primo e difficilmente ripetibile “ora o mai più” per  colpire al corpo  e lasciare senza fiato il bersaglio verde della spuria combriccola di governo.
E allora: primo sgombrare il campo dal disastro leghista, poi immaginare un progetto che conti sulla forza delle idee progressiste, su cui far convergere le anime riconciliate della democrazia che aspira a muoversi al di fuori degli interessi di parte.

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