Ha profondamente ragione il giovanotto pomiglianese. Di Maio rivendica “orgogliosamente” la diversità dal Pd e chi gli desse torto dovrebbe iscriversi a una scuola serale di politichese, perché non capisce niente. Elencare quanto distanzia irrimediabilmente pentastellati e dem è cosa tanto corposa da ipotecare una ventina di queste note quotidiane e precluderebbe l’urgenza di dar voce a Greta, alla sua crociata contro l’epilogo della Terra estinta dalla violenza dell’uomo, che la riduce a una palla cosmica ardente. L’incompatibilità Pd-M5s, dice fortunatamente bene Di Maio, somiglia molto a un’altra strategia per distrarre le masse dai temi bollenti di questa estate politicamente torrida, che si trascina faticosamente per nascondere i guasti mortali del governo gialloverde. È stato Franceschini a rilanciare l’idea di alleanza con i grillini: “Renzi ha più volte orgogliosamente suggerito di lasciare che Lega e 5 Stelle facessero il governo per poi vederli fallire. Credo che sia la madre di tutti gli errori. Pensiamo ai danni che sono stati fatti in questo anno a famiglie, lavoratori, migranti, all’economia italiana e al sistema di valori condivisi del Paese, con la crescita al 35% della Lega dopo un anno di governo. Abbiamo perso un terzo dell’elettorato italiano, quello dei Cinque Stelle, consegnato a Salvini”. Di Maio, con una dichiarazione per sua fortuna senza ricorsi al congiuntivo, con cui è in dissidio permanente, risponde a Franchini, alla sua ipotesi di aggancio tra vagoni in bilico su binari dei rispettivi malesseri: mai e poi mai tradirebbe il socio in affari politici Salvini ed è proprio questo assurdo feeling a impedire drasticamente l’abbraccio mortale Pd-5stelle. Non serve altro a renderlo incompatibile, ma ci sarebbero decine diversità per bocciare l’improvvido l’azzardo del “ribaltone”. Intanto, giungono voci a Di Maio di grillettini ossessionati dalla prospettiva di misurarsi con eventuali competitori nell’accaparramento di “posti” ambiti. Sarebbe impossibile, in caso di sodalizio con i dem, ottenere premi di fedeltà come quello appena ricevuto da Franco Di Mare, che folgorato sulla via del grillismo in vista del marzo 2018, ora assurge al ruolo di vice direttore di Rai Uno e, anomalia senza precedenti, contemporaneamente di titolare di un programma d’inchiesta in prima serata. Tifa per il no ad un progetto Pd-M5s anche la gasparriana Maria Teresa Fiore, eletta responsabile della fascia pomeridiana di Rai 1, ridotta a megafono a tutto volume, a piattaforma elettorale per le farneticazioni di Salvini. Basta osservare la “scaletta”, vera e propria succursale televisiva della cronaca nera e giudiziaria, come se la sicurezza sia l’unico problema degli italiani.
Salvini se la ride. Marcia come un treno ad alta velocità nei sondaggi, detiene tutti i record di presenza in TG e Gr della Rai e ne incrementerà con la nomina di Milo Infante, uomo di stretta fede leghista. È sua la vicedirezione con deleghe determinati per garantire al vice premier del Carroccio la manipolazione delle notizie: deleghe pesanti per i comparti informazione, rubriche e territorio. Non sentiremo mai dalla Rai che il giuramento di Salvini (“rispediamo 600mila migranti nei loro Paesi”) è una di tante bufale e cioè che in un anno si riescono a rimpatriare solo seimila profughi. A questo ritmo, per completare l’operazione ci vorrebbero cento anni, quando Salvini sarà da tempo nel girone infernale dei respingitori razzisti. Per di più, i rimpatriati sono in larga misura albanesi. Tra l’altro molti di loro, desiderano rientrare le loro Paese in crescita.
Inserto telegrafico sul tema “diversità 5Stelle-Pd”. Messieur Toninelli, ministro di Di Maio, liquida “orgogliosamente”, con una semplice mail, Pierluigi Coppola, coinquilino grillettaro ed esperto del ministero. La colpa? Aver pensato con la sua testa, essersi dissociato dal parere negativo di Marco Ponti sulla Torino-Lione e aver detto sì al Tav. Chiara la diversità.
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