Sorpresa: il Pd, senza colpo ferire, scavalca la band dei Cinquestelle e a detta dei sondaggisti viaggia a un costante trend positivo. E’ pur vero che si avvantaggia del contemporaneo passo del gambero di Di Maio e accoliti, ma permangono i dubbi sulle motivazioni della semi resurrezione dei dem. Per gli scettici, ovvero i soci del club ‘pessimisti a oltranza’ e non sono pochi nella sinistra e dintorni, i balzi in su nella griglia che misura i consensi degli italiani ai partiti, rispecchiano l’effimero, temporaneo, parziale esito dell’epurazione del renzismo. Cos’altro? Le primarie consegnano ai democratici un vincitore, che ha prevalso agevolmente su Martina e in misura schiacciante su Giachetti, convinto renziano, per demerito dei competitori più che per meriti propri. Zingaretti, cognome che evoca il plebiscito di ‘like’ per l’omonimo che veste i panni di Montalbano, diventa segretario sul niente. Non compete con il viatico di un vero programma, perché non lo ha, non è il leader carismatico che alla sinistra storica manca dall’era Berlinguer e i primi passi da segretario ricalcano la strategia del predecessore, si accodano all’idea dell’osmosi anomala con i moderati vaganti senza meta dopo l’estinzione della Dc e associati. E’ vero, Zingaretti bussa anche alla porta del dissenso alla sua sinistra, ma su quale terreno simbiotico se poi conta di far salire a bordo “chiunque ci sta?” In altre parole, il sorpasso dei grillini inietta flebo di fiducia nelle vene spompate del Pd, ma lo in gran parte alla discesa in campo dei giovani, finalmente spaventati dalle conseguenze per il loro futuro di un Paese consegnato alla letale mistura gialloverde. Non a caso Zingaretti ha colto questa piacevole quanto inaspettata opportunità per dire qualcosa di sinistra, ovvero per aprire al pianeta dei giovani, ai tanti della manifestazione antirazzista di Milano, dell’onda impetuosa che ha risposto all’appello di Greta Thunder per la sopravvivenza del pianeta.
Il meglio del nuovo corso Pd è finalmente nell’aggiustamento della mira, che rallenta le picconate al Movimento 5Stelle e individua in Salvini l’obiettivo primario per liberare il Paese dalle grinfie di un aspirante dittatore. Ovviamente non basta.