Clamoroso autogol del Di Ba Alessandro

Fiat lux: sollevato il velo che tutela i fatti loro, vede la luce il caso Di Battista, che il mondo restituisce all’Italia dopo un anno sabatico trascorso da globetrotter in mezzo mondo, ma vigile sulle faccende di casa nostra, giusto per emanare editti in difesa di amici e non grullini, primo fra tutti il quasi gemello Di Maio e le sue disavventure edilizie generate da abusi della famiglia. Alessandro Diba è uno dei due soci di maggioranza della Di.Bi.Tec e fin qui nulla di male, l’imprenditoria è attività auspicabile se svolta nel rispetto del lecito. Diventa reato se, come appare dalla visura camerale dell’impresa, risulta che i Di Battista non onorano i debiti e non pagano i dipendenti. 151.578 euro è quanto devono alle banche, 135.373 euro ai fornitori, 60.177 allo Stato (Iva, Inps, Tributi). Ogni cosa è documentata dal bilancio presentato al registro delle imprese. L’azienda dei Di Ba produce industrialmente manufatti in ceramica (apparecchi igienico sanitari, insomma gabinetti) e si è avvalsa di due dipendenti fino alla fine di giugno di quest’anno. Soci dell’azienda sono Alessandro Di Battista con il 30%, Maria Teresa Di Batista con un altro 30%, il padre Vittorio, presidente del consiglio di amministrazione, 20%, e altri due soci con il 15 e il 5 percento. Vittorio, dichiarato neofascista, padre del grullino Alessandro, è il tizio che pronunciò queste elevate considerazioni sulla presidenza della Repubblica e su Mattarella: “Il Quirinale è più di una Bastiglia, ha quadri, arazzi, tappeti e statue. Se il popolo incazzato dovesse assaltarlo, altro che mattoni”. I Di Battista, si potrebbe supporre che in tempi di crisi abbiano risparmiato di farla ricadere sui dipendenti. Non è così. Dalla visura risulta che i lavoratori sono creditori della famiglia Di Battista per la bellezza di 53.370 euro, come risulta dall’ultimo bilancio. Nel precedente bilancio gli euro non corrisposti erano stati 38.238. L’aggravante è che la società è in possesso di titoli bancari per 116.227 euro, che accantona anziché impiegarli per pagare i debiti. Alla luce di questa spiacevole verità, si ricorda che Alessandro Di Battista difese con rabbia il padre di Luigi Di Maio e in puro stile grullino, cioè con ricorso alla volgarità, dichiarò: “”Renzi e la Boschi hanno la faccia come il culo” per aver difeso i genitori.

Pessimi pagatori i grullini: la senatrice a 5Stelle Felicia Gaudiano, membro della commissione di vigilanza Rai è stata morosa nei confronti del condominio per 45mila euro di spese non saldate, relative all’appartamento di sua proprietà. Il motivo del debito? Per anni la Gaudiano ha avuto il possesso dell’immobile, che non aveva un proprietario (o un inquilino) in grado di coprire le spese condominiali e negli anni si sono accumulate. I condomini hanno ottenuto un decreto ingiuntivo di 25mila euro, a cui la Gaudiano si è opposta in tribunale. La senatrice ha offerto 25mila, poi 20 e infine 30mila euro, da pagare con rate mensili da 400 euro. Il condominio avrebbero recuperato il credito praticamente in dieci anni e ha rifiutato l’offerta. Ha chiesto il pignoramento dell’abitazione e richiesto 20mila euro entro questo dicembre e 40mila nel 2019. La senatrice Gaudiano ha dovuto accettare di saldare il debito con queste modalità.

Salvini, è noto, tifa Milan come un ultra e di recente ha usurpato il ruolo di Gattuso allenatore dei rossoneri, discettando su come mettere in campo la squadra e con altre indebite ingerenze. In piena festa per i 50 anni della curva Sud del Milan, il ministro dell’Interno, ovvero il vertice del governo gialloverde per la sicurezza degli italiani, con piumino e sciarpa rossonera ha stretto mani di tifosi, dopo essersi assicurato dell’attenzione dei fotografi (fa tutto brodo per accattivarsi consensi e ottenere visibilità gratuita). Mal gliene incolse. E’ stata immortalata anche la stretta di mano con Luca Lucci, uno dei capi della curva Sud, condannato per spaccio di droga. La fantasiosa giustificazione del “Ce l’aveva duro” Salvini: “Sono un indagato tra indagati”. E no, indagato con condannato”.

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