L’input è generato dalla notizia di un paio di delinquenti che a Roma hanno interpretato la spocchia del mafioso che tutto può, oltre la legge, oltre il vivere civilmente e trasferito la condizione di becera vigliaccheria in un esempio classico di bullismo violento. Entrati in un bar gestito da una coppia di cittadini rumeni, hanno preteso di acquistare sigarette ignorando la precedenza che spettava a una ragazza disabile. La vittima del sopruso ha protestato contro la prepotenza dei due malviventi, affiliati alla manda mafiosa dei Casamonica (quelli del sontuoso funerale del boss, della sua gigantografia che campeggiava sul portale della chiesa, quelli dell’elicottero che lasciò cadere sul corteo petali di rosa). I gaglioffi l’hanno picchiata e non è finita lì. Sono tornati dopo poco e hanno malmenato il gestore del bar.
L’episodio mi ha ricordato la scena vissuta in prima persona nella piazza di Lauro, paese irpino. Dinnanzi al bar, un vecchio fumava il suo mezzo toscano, lo sguardo nel vuoto come capita alle persone in età molto avanzata. Due giovani camorristi sono entrati nel bar passando accanto al vecchio. Dopo averlo superato, uno dei due è tornato sui suoi passi e ha colpito il vecchio con una ceffone che gli ha fatto sbattere la testa contro il muro. La “colpa” punita con quella violenza? Non averlo salutato rispettosamente, uno sgarro. I teppisti dei Casamonica sono stati arrestati, grazie alla denuncia della ragazza disabile.
Domanda: cosa prevede la giustizia per punire i due mafiosi? Lo dirà il giudice nel rispetto di quanto prescrive il codice penale. Il timore è che se la cavino con poco e di qui una velleitaria e purtroppo utopica proposta. Il codice penale consente margini di interpretazione rigidamente invalicabili. Giusto? Forse sarebbe da concedere al magistrato giudicante maggiore flessibilità nell’applicarlo. Per esempio, un supplemento di condanna, oltre quello previsto dalle aggravanti del reato, per i mafiosi che hanno picchiato la ragazza disabile e il rumeno gestore del bar, per i banchieri corrotti che hanno azzerato i conti correnti di piccoli risparmiatori con operazioni finanziarie truffaldine, per i politici corrotti, non sazi di quanto intascano con l’incarico parlamentare. All’opposto, l’assoluzione piena per la povera donna di una famiglia senza alcun reddito che ruba al supermercato un pezzo di formaggio, una frutta da mettere in tavola. In questo caso un’inevitabile ramanzina, niente di più e l’obbligo per governo, regione o comune che siano, di provvedere al sostentamento della famiglia indigente.
Il risveglio è brusco e amaro. Gli unici a godere di impunità o pene incoerenti con i reati commessi sono i potenti, difesi da studi legali altrettanto autorevoli, lautamente retribuiti e, in casi noti a tutti, gratificati con uno scanno a Palazzo Madama o a Montecitorio.
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