Pensavate di vivere ancora in una democrazia? Che l’informazione fosse un diritto? Che le notizie fossero in qualche modo un pane quotidiano?
Se da sciocchi ci credevate, eccovi servita la controprova. Invece di dar la caccia a ladri, mafiosi e corruttori, il ministro degli Interni Marco Minniti e il capo della Polizia Franco Gabrielli hanno deciso di dedicare il loro tempo a scorrere internet per scoprire la fake news!
E’ stato infatti appena attivato un bottone rosso – proprio come quello che può utilizzare Donald Trump per scatenare le guerre nucleari – che i cittadini-lettori-elettori potranno liberamente premere per segnalare tutte le bufale che vedono pascolare nei prati della rete. Il pulsante farà scatenare una vera e propria guerra alla notizia perchè è collegato con addetti ed esperti di una apposita dark room attivata presso il cosiddetto Cnaipic – boh – ossia il Centro Nazionale Anti Crimine Informatico.
Da qui parte la caccia al disinformatore di turno. Ma attenzione, si deve trattare di bufale doc, come assicura il direttore della Polizia postale Nunzia Ciardi: “notizie manifestamente infondate e tendenziose”, oppure “chiaramente diffamatorie”.
Ma chi potrà mai decidere su tutto questo? Un pool di magistrati e giornalisti? O quale autorità mai?
Rassicura Minniti: “si tratta di uno strumento trasparente e legittimo di servizio pubblico per tutelare il cittadino. Non c’è la minima intenzione di entrare nel dibattito politico”.
Tutelare il cittadino? Dibattito politico? Ai confini della realtà.
Controassicura Gabrielli: “non stiamo creando alcun Grande Fratello, non diremo mai che l’opinone di quel politico è giusta o no”.
Ci mancherebbe.
Commenta un avvocato che si interessa di diffamazioni e reati a mezzo stampa: “Già la libertà d’informazione è oggi regolarmente calpestata e il diritto dei cittadini ad essere informati del tutto negato. Soprattutto per le cause civili intentate da quelli che le usano a scopo intimidatorio anche se sono del tutto infondate. Adesso arriva anche questo provvedimento. Resta solo da chiedersi: ma viviamo ancora in Italia o siamo già diventati cinesi?”.
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