FLI – LA CASSA DEL BOCCHINO

RIPUBBLICHIAMO L’INCHIESTA DELLA VOCE DI MARZO 2011

Italo Bocchino in business. Un suo fedelissimo fa capolino nel colosso delle costruzioni “Impresa spa”, in compagnia dei fratelli Greco. Altri affari sul fronte dei porti e nel post impero Ambrosio. Da una maxi informativa del Ros e dalle indagini sulla “cricca”, tutte le connection che portano all’ingegner Vincenzo Maria Greco, l’uomo ovunque degli appalti targato Paolo Cirino Pomicino.

Fiera di Milano, 13 febbraio. Futuro e Liberta’ celebra il suo primo congresso istitutivo ed entra subito nel guinness dei primati, spaccandosi la sera stessa. Il suo vate, Gianfranco Fini, torna ad indossare gli stivaloni duceschi, fa il duro e impone il nome del nuovo condottiero, l’Obama degli ex fascisti, tutto codici e web: il geometra Italo Bocchino da Frignano, nel cuore del regno dei Casalesi. Apriti cielo! Mezzo neo partito (le colombe di Menardi, Pontone, Rosso e C.) sbatte la porta: cosa, un falco di quel genere come coordinatore del partito, in realta’ il numero uno visto che Fini non si schioda (fino al voto) dal vertice della Camera? Tra le fila dei futuristi rimbalzano le risposte all’enigma sul diktat finiano: «c’e’ bisogno di una guida visibile, non serve alcun organismo collegiale», oppure «Fini vuole uno che continui a sparare a zero su Berlusconi per darci visibilita’», e ancora, «a Gianfranco piace tanto il Bocchino nel salotto di Santoro». Ma c’e’ ancora un perche’, e sembra proprio il piu’ gettonato: «altro che parole al vento, qua per fare il partito ci vogliono soldi. Tanti. E Bocchino ha le chiavi della cassa».
Una cassa che pare proprio la piscina di Papero’n de’ Paperoni, il propellente necessario per dar gambe ad un partito che – stando per ora alle piu’ ottimistiche previsioni – non oltrepassa il 3-4 per cento dei consensi tra gli italiani. E, soprattutto, il rampante Bocchino ha un asso nella manica che si chiama Vincenzo Maria Greco, lo storico uomo ombra e “tesoriere” di ‘o ministro, Paolo Cirino Pomicino, per i mega appalti che vanno dal dopo terremoto dell’80 in Campania all’Alta Velocita’ e alle emergenze. E ha, Bocchino, alcuni fanti di quadri, capeggiati dal fedelissimo Francesco Ruscigno, commercialista del cuore, presente nell’organigramma delle Edizioni del Roma, il quotidiano di casa Bocchino.
Su Ruscigno torneremo, ma cominciamo da Greco (vedi anche box di pagina 9). Il suo legame con Bocchino, tra le svariate imprese, e’ documentato da alcune sigle che si occupano di media e carta stampata, come ad esempio Investimenti Editoriali srl e Valori Editoriali spa, e dalla stessa Edizioni del Roma, nel cui azionariato fanno capolino diversi soci targati Greco. In Investimenti Editoriali (editrice del quotidiano E Polis, rilevato da Italo Bocchino) le quote sono cosi’ suddivise: il 26 per cento e’ detenuto dalla Gestioni Immobiliari srl che fa capo a Ludovico e Maria Grazia Greco (figli di Vincenzo Maria), il 25 per cento e’ appannaggio del proconsole bocchiniano Ruscigno, mentre il restante 49 per cento e’ controllato da Vito Bonsignore, ex demitiano doc, poi parlamentare europeo Udc, quindi passato al Pdl, il pallino di appalti, mattoni, concessioni autostradali e inchieste giudiziarie (a carico), evitate con perfetti slalom, come del resto e’ successo per uno dei superlatitanti di meta’ anni ‘90: lo stesso Vincenzo Maria Greco. Il quale, pero’, adesso rischia di tornare sotto i riflettori della magistratura.
A riportarcelo, infatti, potrebbe essere l’inchiesta fiorentina sulla Cricca dei grandi appalti, ed in particolare il ramo delle indagini riguardante le maxi commesse per il G8 e per i 150 anni dell’unita’ d’Italia. Nel mirino del Ros, il ruolo del coordinatore Pdl Denis Verdini e di Vito Bonsignore a favore della BTP (Baldassini-Tognozzi-Pontello), che fa capo agli amici Renato Fusi e Roberto Bartolomei, proprio per riuscire a mettere le mani su quella torta. E tra le ventimila pagine dell’oceanica informativa del Ros per i pm della procura di Firenze (la competenza poi e’ stata trasferita a Perugia), fanno capolino alcune (una dozzina) dedicate a Vincenzo Maria Greco. Una sorta di mosaico, tutto da decriptare, fatto di nomi, societa’, cifre, intrecci, incroci e appunti quasi in codice: ma tutto per indicare – oltre ai personaggi di riferimento – i Grandi Affari, i maxi business sui quali, con ogni probabilita’, Greco ha una sorta di “supervisione”, di controllo piu’ o meno palese, spesso camuffato, a volte occulto.
Ne esce un quadro sconvolgente, per le capacita’ di controllo da autentica “piovra” (cosi’ del resto veniva etichettato Greco dai pm napoletani a meta’ anni ‘80), e soprattutto per la gigantesca mole di affari che valgono quasi una Finanziaria. E che spaziano dai lavori pubblici e il mattone (il piatto storicamente prediletto dai bocchinian-pomiciniani), alle infrastrutture di ogni tipo (con una spiccata preferenza per i porti turistici), e poi editoria, intermediazione finanziaria, fino al grano (con la gestione dell’ex impero di Franco Ambrosio). Grana e grane comprese, perche’ a questo punto, sulla scorta dell’informativa made in Ros, sara’ la magistratura a dover far luce su un universo di ombre e sulle ipotesi di reato. «Come e’ successo con il dopo terremoto in Campania – osservano alla procura di Firenze – va accertato il reato di associazione a delinquere, stante la fitta ragnatela di rapporti e interessi». In quel caso, il dopo sisma del 1980, tutto si e’ arenato, morto di prescrizione. Staremo a vedere cosa succede questa volta.
Passiamo allora in rassegna i Grandi Affari degli amici per la pelle Italo Bocchino e Vincenzo Maria Greco.

UN RAIOLA PER AMICO
Torniamo per un istante a bomba, cioe’ a BTP del tandem Fusi-Bartolomei. Una reginetta delle costruzioni, poi in difficolta’, ma con i giusti santi in paradiso e un passato “storico” legato soprattutto ai toscani Pontello (col patro’n a lungo presidente della Fiorentina calcio negli anni ‘80), tra i protagonisti del dopo sisma in Campania, e gia’ allora in affari con l’onnipresente Greco, concretizzatisi in particolare nell’affare Monteruscello, la Pozzuoli bis nata sull’onda di una bradisisma inventato di sana pianta, sotto il vigile sguardo dell’allora ministro dei beni culturali e della protezione civile (oggi sottosegretario agli Esteri) Vincenzo Scotti.
Pochi mesi fa la svolta nei destini di BTP. Attraverso una complessa operazione finanziaria, infatti, il ramo costruzioni della societa’ – ossia la polpa – e’ stato inglobato da un’altra sigla, Impresa spa, che in questo modo entra nel gotha nazionale del mattone, quarta in assoluto. Un’impressionate scalata, quella di Impresa negli ultimi anni, da quando cioe’ nel 2004 e’ sceso in campo il napoletano Raffaele Raiola con le sue truppe, rilevando l’ex Lombardini e ribattezzandola, appunto, Impresa.
Un colpo dopo l’altro, da quel momento: rileva alcuni rami del gruppo Ferrari-Ira e soprattutto mette le mani su un gioiello che si chiama Torno, con un portafoglio zeppo di commesse Anas, Autostrade, Ferrovie e di amici del calibro di Giancarlo Elia Valori, ex P2, grand commis del parastato. Si rimbocca le maniche in mezzo mondo, Impresa, appalti stradali dal Kazakistan (80 milioni per un asse che collega Europa e Cina) alla Georgia e all’Azerbaigian; per poi passare a Grecia e Albania, Yemen e Marocco. Senza dimenticare, ovviamente, casa nostra, dove la societa’ «e’ presente – come viene illustrato nel sito aziendale – su tutto il territorio nazionale per la realizzazione di ogni tipo di infrastrutture: porti in Sicilia e Calabria, autostrade in Emilia e Campania; strade in Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna; ferrovie e metropolitane in Lombardia, Liguria, Campania, Puglia e Sicilia». Quanto basta per realizzare fatturati arcimilionari, che evidentemente lieviteranno ulteriormente con le commesse di marca ex Btp: la previsione e’ di 700 milioni di euro annui, senza contare che nell’ultimo quinquennio e’ gia’ quintuplicato.

LO SCRIGNO DI MALU’
Ma chi sono i protagonisti di tale Impresa, di un simile miracolo? Partiamo dai vertici societari. A presiedere il cda e’ proprio Raffaele Raiola, da pochi anni sbarcato a Roma, trascorsi all’ombra del Vesuvio soprattutto nel settore idrico: negli anni ‘80 la sua stella si chiamava Giulio di Donato, all’epoca vicesegretario del Psi craxiano, e protagonista della cosiddetta PD2, ovvero l’asse Pomicino-Di Donato-De Lorenzo che ha regnato per oltre un decennio a Napoli e non solo.
Direttore generale di Impresa spa e’ un altro esponente della “crema” partenopea, l’ingegner Riccardo Bernabo’ Silorata, natali illustri nella famiglia del piu’ celebre Mario Bernabo’ Silorata, massone, storico della letteratura. Altra discendente della dinasty e’ la giornalista di Repubblica Napoli Donatella Bernabo’ Silorata, dedita a visitare ed illustrare sul quotidiano le magioni piu’ chic dei notabili cittadini. L’asse ci conduce poi in Puglia, dove l’ingegner Riccardo ha sottoscritto lo scorso anno il protocollo d’intesa con la Regione di Nichi Vendola per l’edificazione della nuova sede del Consiglio regionale. Una grossa commessa, quella che si e’ aggiudicata l’Impresa spa di area bocchiniana, ma forse anche un segnale politico ante litteram. Perche’ l’azienda partner per le opere pugliesi fa capo alla leader di Confindustria, Emma Marcegaglia.
Ma torniamo all’organigramma di Impresa spa. Al vicepresidente Claudio Recchi si affianca l’amministratore delegato Maurizio De Lieto, rampollo dell’omonima famiglia partenopea del mattone, mentre la poltrona di amministratore delegato e’ appannaggio di Domenico Chieffo, napoletano, commercialista, uno dei piu’ fidati “referenti abituali” – cosi’ vengono definiti nel dossier del Ros – di Vincenzo Maria Greco. Anche Domenico Chieffo lo ritroviamo nel parterre societario del quotidiano Roma.
Guardiamo intanto la compagine azionaria del colosso Impresa. Il capitale sociale, pari a 25 milioni di euro, e’ suddiviso in 331.040 quote. Circa 50 mila fanno capo alla famiglia De Lieto (in campo, oltre al cinquantasettenne Maurizio, il ventisettenne Massimo e il fratello Fabrizio, di 24 anni), mentre il grosso del bottino, 281 mila 393 azioni, e’ riconducibile ad un’altra societa’, Liguria Costruzioni. E qui siamo al cuore del mosaico, e cioe’ ad una piccola ma potentissima sigla che con appena 100 mila euro in dote e’ capace di controllare i destini di una corazzata quale Impresa spa.
Come e’ spartita l’ambitissima torta azionaria di Liguria Costruzioni, sede a Roma in via Carducci 10, quartier generale di tutte le sigle made in Greco-Bocchino? Fifty fifty tra Raffaele Raiola (ovvero 50 mila euro) e l’ennesima sigla della story, Malu 1 srl. Ancor piu’ minuscola, Malu, ma egualmente possente, con i suoi 10 mila euro in dote: ubicata nella canonica via Carducci, costituita pochi mesi fa, il 30 luglio 2010, nel suo azionariato vede due soli nomi, quelli di Ludovico (che e’ anche presidente del cda) e di Maria Grazia Greco. Cucu’…
Nella compagine iniziale faceva capolino un terzo socio, che poi pero’ ha ceduto la sua partecipazione alla stessa Malu (acronimo evidentemente di MAria Grazia-LUdovico): si tratta di Giuliano Morlando, storico amico e soprattutto socio di Vincenzo Maria Greco (nell’informativa del Ros risulta tra i “referenti abituali”, insieme al fratello Renato, oggi al vertice di Volturno Multiutility spa; e all’altro progettista di casa Greco, Gianluca Salvia), col quale ha condiviso per anni e anni la passione per le progettazioni idriche, con le ciliegine dei Regi Lagni e del Sarno, costate palate di milioni alle casse dello Stato e disastri ambientali annunciati. Ma continua, Morlando, indisturbato a macinare progetti su progetti. Come quello di Metrocampanianordest, che guarda caso risulta nel portafoglio lavori di Impresa (e al seguito tutte le linee della Alifana, da 1 a 5). Del resto MetroNapoli, la societa’ costituita dal gotha dei mattonari partenopei e non solo (dalla Vianini dei Caltagirone alla Giustino Costruzioni di Napoli fino alla parmense Pizzarotti) che sta producendo sfasci ed enormi guai ambientali su cui la procura di Napoli ha aperto una fascicolo ormai da un paio d’anni, e’ presieduta da Giannegidio Silva, pomiciniano doc, anni fa ai vertici dell’Icla.
Gia’, siamo arrivati all’Icla, la creatura di Paolo Cirino Pomicino che ha sbancato nel mare degli appalti post terremoto e lungo tutto il versante dei lavori pubblici anni ‘80-’90. Il suo posto, a quanto pare, e’ oggi occupato proprio dall’Impresa sbocciata rigogliosamente lungo l’asse Roma-Napoli. Riuscendo a far anche meglio: perche’ se l’Icla era diventata, nel suo periodo di massimo fulgore, la “settima star” (come scriveva la Voce nel ‘92), ora Impresa e’ nel poker di vetta dei costruttori italiani e sta centrando obiettivi che Icla – solo per la “sventura” di Tangentopoli – non ha potuto mettere a segno (vedi box).

PORTI D’ORO
Passiamo ad un business che tira, quello dei porti turistici. E ci imbattiamo subito in un altro amico del cuore, o meglio, in un altro “referente abituale” del superprogettista Vincenzo Maria Greco: si chiama Roberto Marconi, ingegnere, 53 anni, romano. Ecco cosa annotano gli uomini del Ros: «Italia Navigando, partecipata da Mare 2 srl (12 per cento), ha stabilito la cessione di alcuni asset a favore di Mare 2 (Renato Marconi) per compensare le richieste risarcitorie di Marconi per 16 milioni di euro (Portisco, Marina Vigliena e altro)». Cerchiamo di ricomporre il puzzle. Carrozzone del parastato, Italia Navigando e’ controllata da Invitalia, l’altro maxi carrozzone che non solo ora, ma ancor piu’ in passato, ha elargito milioni di euro a imprese di amici (e amici degli amici) sotto i vessilli di Sviluppo Italia, per anni guidata da Massimo Caputi, uno dei piu’ “collaudati” manager del pubblico-privato, socio in alcune imprese turistiche del gruppo Marcegaglia e, soprattutto, grande amico di Pomicino. Non solo, perche’ Caputi e’ stato anche socio di Ludovico Greco nella pescarese Proger. Il timone di Invitalia e’ poi passato a Ferruccio Ferranti e quindi a Domenico Arcuri, nominato nel 2007 dal ministro dell’Industria Pier Luigi Bersani.
Torniamo a Marconi, ex amministratore delegato e anche azionista (12 per cento, appunto) di Italia Navigando, nata con la mission di realizzare una cinquantina di porti turistici, soprattutto lungo la costa tirrenica e nelle isole. Marconi, un paio di anni fa, e’ sceso sul piede di guerra, accusando i vertici e la gestione societaria e chiedendo un maxi risarcimento: secondo lui, infatti, i soci di minoranza sarebbero stati pesantemente danneggiati.
«Lotte fra gruppi di potere per spartirsi danaro pubblico – tagliano corto al ministero dell’Economia – guerra per bande. Sta di fatto che il cadeau per Marconi e’ stato subito confezionato, cedendogli il gioiello di casa, la Marina di Portisco in costa Smeralda».
Nel pedigree di Marconi spiccano una sfilza di sigle in cui figura come amministratore unico (Marinedi spa, Agropoli Navigando srl, Stintino Navigando srl, la foggiana Marina di Margherita di Savoia srl), come amministratore delegato (Marina di Villasimius srl, Marina di Vieste spa, Marine di Napoli srl), oppure direttore generale (Consorzio Trapani Marina), di presidente del cda (la ravennate DAM spa-Studi, ricerche, progetti), in veste di consigliere d’amministrazione (la societa’ consortile Sirena Lazio e Sansovino srl), di procuratore (Acquatecno srl), o ancora in qualita’ di socio unico (Hydropineus srl).
Per fare un solo esempio, nel collegio sindacale di Marinedi fa capolino una delle presenza-ovunque nell’arcipelago societario targato Vincenzo Maria Greco: quella del commercialista partenopeo Alessandro Fiorentino, studio nel cuore chic di Napoli, in via dei Mille 48, insieme ai colleghi e altri “referenti abituali” di Greco, Michele Parisi e i figli Alessandro e Francesco Parisi. E chi siede, sempre nelle Edizioni del Roma di bocchiniana memoria? Andrea Parisi, stesso studio di commercialisti, stessa famiglia. Bocchino, sempre lui.
Re incontrastato della nuova portualita’, dalla Liguria fino al tacco d’Italia, e’ il gruppo che fa capo a Francesco Bellavista Caltagirone, con l’ammiraglia Porto del Tirreno spa. A bordo, anche la compagna, Beatrice Parodi, figlia prediletta di un pezzo da novanta del settore, l’armatore Piergiorgio Parodi, ottimo amico dell’ex ministro dell’Economia, lo “smemorato del Colosseo” Claudio Scajola. E chi sara’ mai l’amico – c’e’ chi dice, anzi scrive, il “socio” – del cuore? Vincenzo Maria Greco, of course. «In questo modo – sussurrano in Confindustria a Roma – siamo alla quadratura del cerchio e ai nuovi assetti non solo politici ma anche economici: Greco e’ il nuovo punto di riferimento del grande centro che Fini, Casini e Rutelli vogliono far crescere rigoglioso. E come farlo senza soldi? Ecco che a provvedere ci pensa l’ingegnere. Tra lui e i suoi amici, piu’ la famiglia Caltagirone, si puo’ volare alto, molto in alto».
Nel mirino del tandem Bellavista-Parodi alcuni affari colossali, appena tenuti a battesimo, non senza suscitare polemiche, a volte anche infuocate, da parte dei cittadini. Le piu’ vibrate a Massa-Carrara, dove il massiccio intervento di ruspe e bulldozer per creare la nuova darsena turistica rischia di sconvolgere il gia’ precario equilibrio idrogeologico della zona (tre morti per nubifragio a novembre). Ma gli affari da novanta sono quelli di Fiumicino e Civitavecchia. Da pochi mesi posata la prima pietra per il primo, avvenieristico scalo; in fase di approvazione finale e di decollo il secondo, dove sono scesi in acqua per dare un forte contributo pezzi da novanta come Vincenzo Scotti (a bordo della Privilege Fleet Management Co spa) e Giancarlo Elia Valori (al timone di Cosvime e di Centrale Finanziaria Generale spa). A poco servono, fino ad ora, le proteste di coraggiose associazioni, come la Caponnetto capitanata da Elvio Di Cesare, che hanno gia’ denunciato le prime infiltrazioni mafiose (‘ndrangheta e camorra in prima fila) negli appalti e subappalti.
I futuristi, comunque, possono guardare con ottime chance anche piu’ a Sud. Altro scalo in rampa di lancio quello nell’area flegrea (aree ex Sofer), dove va in campo un inedito tandem, composto da Finmeccanica e gruppo Cosenza, che fa capo al costruttore Livio, decollo arcimiliardario con il bradisisma di Pozzuoli, uno dei pomiciniani della prima ora. Dalla commissione ambiente della Camera e’ arrivato gia’ il primo disco verde per i lavori: tra i componenti l’onorevole Giulia Cosenza, figlia di Livio, bocchiniana doc.

GRANO, GRANA E GRANE
Un altro capitolo del rapporto dei Ros sullo “squadrone” della famiglia Greco (strettamente gemellato, come abbiamo visto, a Italo Bocchino) riguarda poi cio’ che resta della potenza economica di un ex re del grano, Franco Ambrosio. Riflettori accesi, dunque, sullo spezzatino dell’impero che fu. Niente a che vedere con il brutale assassinio del patro’n e della moglie nella celebre villa Paratore (e loro magione) di Posillipo, caso presto archiviato dalla magistratura partenopea per via di un paio di giardinieri-guardiani romeni a caccia di soldi e usciti di testa tanto da maciullare i due poveri corpi. A quanto pare, comunque, gli inquirenti vogliono far luce tra le nebbie che circondano le sorti di un vero e proprio impero che per anni ha viaggiato a base di miliardi pubblici e di grossi business esteri.
Un autentico amico del cuore di Paolo Cirino Pomicino, Ambrosio, capace non solo di soccorrerlo per l’intervento di by pass ad Houston (non aveva soldi, ‘o ministro in canna, e venne aiutato anche da don Salvatore D’Angelo, gran feeling con Giulio Andreotti); ma anche di cedergli a prezzo catastale (circa 600 milioni di vecchie lire) il super attico di Posillipo e di noleggiargli “a gratis” (e a vita) il Claila, yatcht di proprieta’ della Armital, una delle tante sigle della galassia Ambrosio. Miracoli verificatisi proprio quando Pomicino dava il meglio di se stesso a Bruxelles – allora era ministro del Bilancio – per far ottenere al gruppo Ambrosio un maxi finanziamento comunitario.
«Stesso copione – ricordano alla procura partenopea – con la famiglia Sorrentino che improvvisamente vince appalti a Monteruscello e per il dopo sisma: in quel periodo Pomicino, che diceva di non conoscerli ma al tempo stesso scriveva ai fratelli Sorrentino su carta intestata ministeriale, comprava da loro, sempre a prezzo amatoriale, un appartamento nella panoramicissima via Petrarca, prima di proprieta’ di Antonio Gava e di Nini’ Grappone, il faccendiere legato al clan Zaza». Pochi ricordano, invece, altri vecchi “dettagli” che oggi suonano particolarmente inquietanti: il ruolo di “cassieri” della camorra (prima la Nco di Raffaele Cutolo, poi la Nuova Famiglia) svolto dal gruppo Sorrentino, i rapporti organici stretti con alcuni mattonari doc (in prima fila i fratelli Balsamo, Aniello e Isidoro, quest’ultimo marito di Letizia Greco, sorella di Vincenzo Maria; e la gia’ citata Pizzarotti); la prima “militanza” dell’ingegner Greco fresco di laurea presso la Sorrentino Costruzioni Generali di Torre del Greco. E poi un’altra ciliegina sulla torta: chi ne prese l’eredita’, incorporando la sigla dei fratelli torresi dopo le bufere e i sequestri giudiziari? Il gruppo Raiola, oggi nella hit nazionale del mattone fianco a fianco con i rampolli Greco!
Ma torniamo all’arcipelago a base di grano. Su cui cosi’ scrivono lapidariamente gli investigatori del Ros: «Gruppo Ambrosio – verifica dei consulenti / sindaci presenti nelle ex societa’ di Franco Ambrosio». E verificando attraverso le visure della camera di commercio, scopriamo che le punte di diamante del team Ambrosio (la stessa Armital, e poi Sadav, United Shipping Carriers, Unishipping Bulkers Navigation, Sadav Line, Silver Cross Navigation, tutte societa’ a responsabilita’ limitata) sul versante dei trasporti marittini, hanno un comun denominatore: ossia la presenza nel collegio sindacale – come presidente oppure come membro – del solito Alessandro Fiorentino.

‘O RAGIONIERE (D’ORO)
E chiudiamo tornando a bomba. Ossia all’altro trait d’union fra Bocchino e Greco: Francesco Ruscigno, ennesimo commercialista della serie, balzato tra le cronache al vetriolo di Dagospia ai tempi delle ultime elezioni amministrative. S’interroga, in modo palesemente retorico, Roberto D’Agostino: «I conti dell’Hotel Vesuvio di Napoli, che durante l’ultima campagna elettorale ospito’ contemporaneamente la Carfagna e Bocchino, sarebbero stati pagati dallo stesso commercialista assunto dal ministero delle Pari Opportunita’? Tale Francesco Ruscigno? Che fu nominato tesoriere della campagna elettorale della Carfagna. Caso o caos vuole – ironizza D’Agostino – che Ruscigno sia anche il commercialista di Italo e del suo giornale Roma?».
Bazzecole, comunque, piccole botte di vita per un commercialista coi fiocchi, Ruscigno, 51 anni, conterraneo di Italo (e’ originario di Aversa), capace di raggranellare una miriade di presenze in cda o collegi sindacali eccellenti, e soprattutto una serie di curatele giudiziarie da mille e una notte. Una su tutte, quella relativa ad un colosso del fashion come il gruppo, finito in crac, che fa capo a Mariella Burani. La circostanza, passata nel totale silenzia dei media, ha trovato un minimo di eco nelle aule parlamentari. Il 13 maggio 2010 – quando non era ancora scoppiata in modo fragoroso la bufera all’interno del Pdl – i senatori del Pd Mauro Agostini e Maurizio Zanda rivolgevano un’interrogazione al ministero dello sviluppo economico, retto dallo stesso premier, per chiedere senza tanti giri di parole «quali sono le motivazioni che hanno indotto alla nomina di Ruscigno», visto che lo stesso commercialista «risulta ricoprire il delicato ruolo di liquidatore giudiziale o curatore in circa 40 aziende dissestate in varie parti del Paese», senza contare la presenza «in una decina di collegi sindacali, alcuni dei quali presieduti, di importanti gruppi imprenditoriali», mentre poi, ancora, «e’ presidente o consigliere in un’altra decina di societa’».
Consultando ancora una volta gli archivi della camera di commercio, si scoprono decine e decine di sigle su cui vigila l’occhio attento del commercialista aversano: per fare qualche esempio, e’ membro di un collegio sindacale da novanta, quello di Poste Italiane, dove gia’ in passato l’ubiquo Bocchino ha fatto sentire la sua presenza, quando, una decina d’anni fa, sedeva ai vertici Antonio Pezzella da Frattamaggiore, suo grande amico e camerata ex An. Altra chicca nel pedigree targato Ruscigno, il ruolo svolto in un colosso come il gruppo Ercole Marelli. Non gli manca il tempo, pero’, per dare un occhio a tutte le creature di famiglia, come le svariate sigle che fanno capo alla Investimenti Editoriali (e al gruppo E Polis di casa Greco-Bocchino), alla Goodtime tutta cine e tivvu’ di Gabriella Buontempo, consorte di Italo e figlia del cavalier Eugenio Buontempo; e alla Gestioni Retail, altro business messo in piedi dalla famiglia Buontempo e dai rampolli di casa Greco (e un occhio vigile, negli anni scorsi, da parte di Massimo Caputi).
Troppi affari, overdose di problemi, eccesso di preoccupazioni per il tandem Greco-Bocchino: non e’ il caso di passare a qualche denuncia per stalking, lasciando perdere i nemici di carta come Libero e il Giornale? Qualche consiglio utile, forse, puo’ arrivare proprio dal ministro Carfagna, che ha varato la legge sulle molestie. O – dopo aver accantonato il fidanzamento con Marco Carboni, l’agente di Noemi Letizia e figlio dell’ex P2 e cricchista Flavio Carboni – la ministra ora pensa solo al novello sposo, Marco Mezzaroma?

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