IL RITORNO DI POMICINO – 2 – GLI AFFARI GRIFFATI BANDA DELLA MAGLIANA

Mafia Capitale. Nella montagna di carte spunta un indizio, nella sfilza di sequestri e confische salta fuori un immobile passato quasi inosservato tra i tanti: un “appartamento’ che da solo rappresenta una imperdibile storia di altissime connection che dal gotha finanziario e politico portano dritti alla Banda della Magliana, con la compiacenza di importanti istituti di crediti che nell’occasione chiudono non uno ma due occhi. Nel mezzo della story anche faccendieri che vengono da lontano, come dalla madre di tutte le tangenti, Enimont. Per andare al sodo, tra i protagonisti e interpreti vedrete scorrere in carrellata il superfinanziere Massimo Caputi, ‘O ministro Paolo Cirino Pomicino e la sua nutrita band, nonché Ernesto Diotallevi, il boss della banda della Magliana legato a personaggi del calibro di Flavio Carboni.

Masssimo Caputi. Nel fotomontaggio di apertura Paolo Cirino Pomicino e sullo sfondo l'immobile di via dell'Oceano Pacifico 42-48. A sinistra Ernesto Diotallevi.

Masssimo Caputi. Nel fotomontaggio di apertura Paolo Cirino Pomicino e sullo sfondo l’immobile di via dell’Oceano Pacifico 42-48. A sinistra Ernesto Diotallevi.

Ecco cosa scriveva Federica Angeli per Repubblica il 22 maggio 2015: “l’esecuzione della confisca del tesoro di Ernesto Diotallevi è scattata ieri mattina. Neanche un mese fa il tribunale di Roma, sollecitato dai magistrati della Dda, i pm Luca Tescaroli, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, si è pronunciato disponendo la confisca di gran parte del suo patrimonio alla luce dell’inchiesta Mafia Capitale in cui Diotallevi è tra gli indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso poiché ritenuto, insieme a Giovanni De Carlo, il referente romano di Cosa Nostra”. E ancora: “Così quote societarie, immobili a Roma (compresa la prestigiosa casa di Fontana di Trevi e l’appartamento di viale dell’Oceano Pacifico), ad Olbia e in Corsica, un hotel a Fiuggi, due cantieri navali a Fiumicino, conti correnti e opere d’arte, per un ammontare di 30 milioni di euro, da ieri sono ufficialmente dello Stato”.

Meglio tardi che mai. Finalmente la magistratura è arrivata a scoprire i bottini griffati Magliana, in perfetta sinergia con la mafia. La prima inchiesta della Voce sulle connection Mafia-Camorra-Magliana è di trent’anni fa suonati. In una cover story di marzo 1986 venivano dettagliati i legami di Pippo Calò, il ‘manager della mafia imprenditrice’: “attraverso alcune società (Spes, Monte Piccolo, Monte Portella) costituisce complessi immobiliari nientemeno che a Porto Rotondo, al cui acquisto è interessato Ernesto Diotallevi, secondo Tommaso Buscetta a pieno titolo prestanome per conto dello stesso Calò”. Venivano poi descritti i rapporti tra l’emergente clan camorristico che faceva capo a Michele Zaza – tramite un suo fedelissimo, Nunzio Guido – e i boss della Magliana, in particolare Danilo Abbruciati, “morto – rammentava nell’86 la Voce – in occasione dell’attentato al vicepresidente del Banco Ambrosiano, Roberto Rosone, attentato compiuto insieme a Bruno Nieddu e Ernesto Diotallevi”.

Passiamo per un momento alla storia dell’immobile di viale dell’Oceano Pacifico, dove incroceremo, come tappa finale, casa Diotallevi. Racconta un immobiliarista che da anni lavora all’Eur: “è un appartamento che tutti conoscono da sempre, il regista Franco Cristaldi ci abitò con sua moglie, la bellissima Zeudi Araya, per anni stella del cinema. Poi è passato tra le proprietà dell’Inpdap. Quindi il suo tragitto è proseguito via Fimit, che lo ha inglobato nel suo fondo immobiliare, il Fondo Alfa. Poi la vendita alla società Case, che cambia spesso pelle”.

E’ il caso di fermarsi un momento per focalizzare meglio l’attenzione su Fimit e il suo fondo, per poi passare alla ‘Case’ dei misteri.

 

L’ARCIPELAGO CAPUTI, DA PROGER A FIMIT

Il senatore Riccardo Conti

Il senatore Riccardo Conti

Fimit è la creatura fondata e animata da Massimo Caputi, per anni in prima fila tra i manager del ricco parastato, alla guida di ‘Sviluppo Italia’, la corazzata pubblica chiamata ad intervenire in settori strategici e per supportare soprattutto le aziende meridionali dalle idee innovative. Tutto rimasto, regolarmente, sulla carta: perchè la mission è diventata dar soldi agli amici, e agli amici degli amici. Legato a filo doppio, anzi triplo, a Paolo Cirino Pomicino nei grassi anni della prima repubblica, Caputi ha retto il timone della pescarese Proger, una super engineering (ha avuto anche incarichi per la progettazione del padiglione Italia all’Expo di Milano, finita nel mirino degli inquirenti), e al suo fianco Ludovico Greco, figlio di Vincenzo Maria, la storica eminenza grigia di ‘O Ministro Pomicino. Si tuffa poi a capofitto nei ‘fondi’, Caputi, con la rampante Fimit, e quindi una serie di partecipazioni, fino all’ultima performance in Prelios. “Tante storie finanziarie – raccontano a piazza Affari – portano al suo nome, così come tante carriere nei percorsi ‘creativi’ di casa nostra. Ma ogni tanto anche qualche inciampo. Come la clamorosa storia del palazzo strapagato dall’ente di previdenza degli psicologi e transitato da Idea Fimit al fortunato senatore Pdl Riccardo Conti, ma per la quale fino ad oggi Caputi non è stato tirato in ballo, ha solo testimoniato con una sua versione piena di falle, anomalie e contraddizioni; oppure la condanna a dieci mesi a carico di Caputi e dei fratelli Marzotto, Matteo e Diamante, per una maxi evasione fiscale – 70 milioni di euro – relativa alla vendita di Maison Valentino. Adesso c’è la storia di questo appartamento all’Eur: la più scabrosa, perchè porta direttamente agli affari della Banda della Magliana”.

Mario e Leonardo Diotallevi

Mario e Leonardo Diotallevi

Passiamo alla ‘Case’ dei misteri. Non pompeiani, ma quasi, perchè molti fra i protagonisti sono partenopei doc. Per districarci tra i suoi labirinti, ci fa da cicerone lo stesso “decreto di sequestro anticipato dei beni” emesso dalla “sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza”. Tra le pagine del documento (68 in tutto) un corposo paragrafo è dedicato a ‘Case srl’. Ecco il passaggio saliente: “in data 4 maggio 2007, Morlando Giuliano e LAI Costruzioni srl vendono l’intero capitale sociale della Case srl (proprietaria dell’appartamento, ndr) rispettivamente a Diotallevi Mario, a Diotallevi Leonardo, a Ciotti Roberto (prestanome dei Diotallevi, ndr) e alla Md Consulting. Nell’annualità in questione, dunque, risulta che i fratelli Diotallevi avrebbero corrisposto l’intero importo, pari a 2 milioni 100 mila euro. Tale assunto trova conferma nell’analisi del rapporto di conto corrente cointestato a Diotallevi Mario e Leonardo acceso presso Banca Carim spa, dal quale è emerso che in data 4 maggio 2007 sono stati disposti due bonifici all’ordine di Morlando Giuliano”.

Scrivono ancora i pm romani: “L’acquisto delle partecipazioni della Case srl è avvenuto nel 2007 con risorse di dubbia liceità e la vendita delle stesse, nel 2010, non è reale. Invero, le risultanze investigative inducono a ritenere che l’operazione ‘Case srl’ sia volta a precostituire una parziale giustificazione contabile alla disponibilità di un patrimonio non commisurato ai redditi dichiarati e, al contempo, una provvista di risorse finanziarie da riciclare”.

 

TUTTI GLI UOMINI DI ‘O MINISTRO

Giuliano Morlando

Giuliano Morlando

Vincenzo Maria Greco

Vincenzo Maria Greco

Giuliano Morlando è uno degli uomini chiave nello scacchiere di Vincenzo Maria Greco. Un fedelissimo fin dai tempi delle prime creature, dalla casareccia Eta Sud (su cui nel 1984 indagava un giovane giudice istruttore, Franco Roberti, attuale procuratore nazionale antimafia!) alla più accorsata Servizi Ingegneria che furono per anni il crocevia degli affari targati Pomicino, a partire dal dopo terremoto del 1980 fino ai maxi business targati Alta Velocità.

E infatti, il nome di Morlando è in prima linea in un dettagliato dossier redatto dal Ros di Firenze nel 2010, alla base della maxi inchiesta sulla Cricca dei grandi Appalti, le super commesse per il G8 e i 150 anni dell’Unità d’Italia. Tra i “referenti abituali” di Greco, infatti, c’è proprio il nome dei fratelli Morlando, Giuliano e Renato, nonché quelli di Gianluca Salvi e di Roberto Marconi. Il nome di quest’ultimo è riconducibile al carrozzone di Sviluppo Italia prima (ai tempi della presidenza Caputi) e di Invitalia poi, a bordo di Italia Navigando: dal cui parterre poi è uscito intascando 16 milioni in prestigiose partecipazione azionarie.

In particolare, la sagoma di Morlando ci conduce allo scrigno di ‘Impresa’, la regina di tanti appalti da poco finita in crac: e sotto i riflettori della magistratura, con l’arresto, mesi fa, dello stesso Greco. Impresa, infatti, aveva ‘ereditato’ il ricco ramo d’azienda di BTP, la storica sigla gigliata molto vicina a Denis Verdini e al centro dell’inchiesta: un ramo contenente il ricco appalto per il tram veloce che dall’aeroporto di Peretola porta nel cuore antico di Firenze, opera molto cara all’allora sindaco Matteo Renzi.

Nell’azionariato di Impresa spicca la presenza della Liguria Costruzioni, riconducibile a Morlando, ai rampolli di casa Greco (Ludovico e Maria Grazia) e a Raffaele Raiola, il mattonaro napoletano che vent’anni prima aveva incorporato la Sorrentino Costruzioni, altra sigla finita all’epoca sotto i riflettori della sezione misure di prevenzione per i suoi organici legami con le cosche (dalla Nco di Raffaele Cutolo alla emergente Nuova Famiglia).

Italo Bocchino

Italo Bocchino

Nella compagine di Liguria Costruzioni, fra l’altro, ha fatto segnare la sua presenza Claudia Leonardis, figura ovunque nell’arcipelago di società collegate all’asse, che ci è consolidato nel tempo, fra Vincenzo Maria Greco e Italo Bocchino, l’ex luogotenente di Gianfranco Fini oggi incaricato di gestire le public relations del gruppo che fa capo all’immobiliarista d’oro e uomo di tutti i ‘Global Service’, ossia Alfredo Romeo.

Così scriveva la Voce in una cover story di dieci anni fa novembre 2006, titolata ‘L’ombra di Pomicino’: “A giugno 2006 da questa seconda ‘Edizioni dell’Indipendente srl’ esce di scena il giornalista Giordano Bruno Guerri, che aveva diretto il quotidiano dal 2004: cede infatti la sua quota societaria a Claudia Leonardis. Napoletana, 42 anni, nella primavera 2006 la Leonardis entra a far parte di un autentico arcipelago societario: acquista infatti quote di LAI Costruzioni (capitale sociale da oltre 1 milione di euro), Sistra 2000, Liguria Costruzioni, Società agricola Campocane, Giglio 7 e Giglio 8. Dal 2004 faceva parte anche della compagine di Sviluppo Urbano, in cui è socia, fra gli altri, di Domenico Chieffo. La formazione Chieffo, Santoro, Parisi, Acanfora, si ritrovava poi in campo nella srl Edizioni del Mezzogiorno”.

Un vero giglio magico: stessi nomi (in gran parte di tratta di commercialisti) che seguono come ombre cinesi i destini ‘imprenditoriali’ di Pomicino, Greco, Bocchino e dello stesso Caputi. E un identico quartier generale romano: l’accogliente via Carducci, civico 10.

 

ROSSI & CARIM

La pittoresca storia del super appartamento che vide sbocciare l’amore, tanti anni fa, tra la splendida Zeudi Araya e il suo facoltoso produttore, non finisce comunque di riservare sorprese. Sul palcoscenico, tra le altre, fa capolino la figura di un faccendiere ben noto alle cronache di Tangentopoli, l’ex agente di cambio Giancarlo Rossi, protagonista nella vicenda della super mazzetta Enimont, la madre di tutte le tangenti, poi una vita nei “Fondi” (bassi e alti).

Il tram veloce di Firenze

Il tram veloce di Firenze

Durante la ‘sceneggiata’ – così la coloriscono non solo gli inquirenti ma anche gli immobiliaristi che conoscono vita e morte dei mattoni romani – per la vendita dell’immobile da Fimit (via Fondo Alfa) alla ‘Case’ targata Morlando, fa infatti la sua comparsa una sigla, Lethys, riconducibile al faccendiere: uno degli amici di Caputi allertati per l’occasione, anche per ‘popolare’ di figurantes la vendita di un immobile ex pubblico (patrimonio Inpdap) poi andato – è il caso di dirlo – a Fondo. Molto legato, Rossi, all’allora capo delle Ferrovie Lorenzo Necci, il ‘patròn’ dell’Alta Velocità, e all’inossidabile Luigi Bisignani, uscito indenne dalle inchieste partenopee sulla compravendita dei senatori, in cui fa capolino il nome dello stesso Rossi. Di lui parlano, in una intercettazione telefonica agli atti del processo, Walter Lavitola e Giampaolo Tarantini. Così scrive una nota d’agenzia: “Tarantini si mostra informato perchè conosce Giancarlo Rossi, l’agente di cambio che durante tangentopoli fu coinvolto proprio con Bisignani nell’indagine sulla maxi tangente Enimont”. Dio li fa e poi li accoppia: e molti cerchi, a questo punto, si chiudono.

Non possono mancare le banche, come ovvi partner in occasione di lussuose compravendite e fidi facili a chi comanda, come nel caso della Diotallevi dinasty. In scena, stavolta, la Cassa di Risparmio di Rimini, Carim per gli aficionados (da non dimenticare che Rmini è stato uno dei primi ‘sbarchi’ della camorra imprenditrice fin dai primi anni ’90: nel mirino, tanto per fare un solo esempio, gli appalti di pulizie dell’Ente Fiera). Sono molto duri, i pm, contro i ‘bankster’ di casa nostra. “Le risorse erogate diventano legittime – scrivono – solo in ragione del filtro attuato dall’intermediario bancario, in malafede quando si eroga in favore di pregiudicati che hanno bisogno del prestito bancario solo per schermare la provenienza delle risorse”. Quindi – aggiungono – “va esclusa la buona fede degli istituti di credito e soprattutto della Carim, che ha concesso due prestiti per un totale di 2,8 milioni di euro in totale assenza di un merito creditizio”.

Più chiari di così…

schema

 

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