Venticinquemila giorni da regina

Dal fiume in piena di notizie, aneddoti, ricostruzioni storiche dei settant’anni di Elisabetta II, che monopolizzano il giornalismo mondiale, i social, la fitta narrazione di esperti e inviati, si può estrapolare il titolo adottato dai più, ovvero “L’ultima regina”. Senza nulla togliere alla maestosa regalità di Elisabetta, è sembrato un eccesso di lodi post mortem assimilare la sua dipartita al mondo intero rimasto ‘orfano’ e a voler essere pignoli definirla ‘ultima’ sembra far torto a tutte le regine viventi. Nella messe copiosa di attributi sono forse mancati la semplicità di ‘simpatica’, e l’insolito aggettivo ‘anticonformista’, un cenno alla goliardia così poco regale di aver donato la sua prestigiosa figura alle imprese di 007.

Per naturale e diretta discendenza il Commowelth avrà come sovrano Carlo III e come regina Camilla, succeduta a lady Diana. I sudditi della Great Britain come accoglieranno i nuovi sovrani? Facile previsione: nel solco dell’incrollabile e multisecolare condivisione del mito monarchia, impareranno a onorare la tradizione, ma di sicuro non replicheranno l’amore appassionato ricevuto da Elisabetta e dovranno fingere di dimenticare la vita non esattamente irreprensibile del nuovo re.

Senza precedenti l’impegno editoriale nel day after. Basta sommare il numero infinito di quotidiani, periodici, emittenti radiotelevisive, social, agenzie di stampa, per avere un’idea seppure approssimativa dell’eco provocato dalla morte della regina. Può aiutare il tributo ad Elisabetta del giornale la Repubblica: copertina, tredici pagine, articoli di sette firme autorevoli, una messe imponente di immagini e un paio di domande non gratuite sul futuro della corona’: senza il riconosciuto potenzialendella regina,  di tenere coeso l’impero di Elisabetta, la monarchia britannica manterrà il prestigio e la potenza dei precedenti settant’anni? E Carlo III, che ruolo avrà sullo choc della Brexit, sulla conseguente e devastante crisi economica, sull’inflazione alle stelle, il pericolo di recessione, i conflitti sociali, le sperequazioni imposte alla maggioranza degli inglesi, l’intenzione indipendentista della Scozia?

Il fascino dello sfarzo regale, il mito della monarchia illuminata, l’orgoglio nazionalista, i simboli della casta al di sopra della società dei sudditi, reggeranno all’impari confronto tra Carlo III, principe non amato ed Elisabetta II o il nuovo re aprirà una crepa nell’immortalità della monarchia britannica? L’interrogativo nasce per lo stato di profondo disagio del popolo inglese, alle prese con costi della vita impossibile, con nubi minacciose sul prossimo inverno che potrebbe infliggere i disagi del freddo per deficit di energia (l’Inghilterra non ha stoccaggio di gas), con un Paese che sottrae infiniti miliardi alla collettività per lussi e sprechi di una famiglia regale, in toto non irreprensibile nei comportamenti personali.

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