BENVENUTI SUL TITANIC / DA TAIWAN ALLE URNE 

Siamo ormai al Titanic farragostano.

Non bastava il conflitto in Ucraina dagli imprevedibili sviluppi che ha rotto gli equilibri internazionali; adesso gli Stati Uniti, con la loro autorevole portavoce della Camera Nancy Pelosi, hanno praticamente deciso di aprile il ‘fronte’ con la Cina.

Non bastava una patata bollente, ecco servita subito la seconda, a strettissimo giro.

Che gli Stati Uniti avessero come vero nemico numero uno la Cina, il colosso da abbattere a tutti i costi, era nell’aria da mesi e mesi. Ben prima del confitto ucraino.

Nancy Pelosi con le autorità di Taiwan. Sopra, Letta sussurra a Calenda durante la conferenza stampa che ha sancito l’alleanza

Del resto, non ne hanno mai fatto mistero i vertici del Dipartimento di Stato, i falchi Tony Blinken e Victoria Nuland, i quali hanno letteralmente ‘plagiato’, negli ultimi mesi, il sempre più rincoglionito capo delle Casa Bianca, Joe Biden. Adesso ci liberiamo del macellaio Vladimir Putin con l’aiuto del burattino Volodymyr Zelensky – il loro leit motiv – poi ci buttiamo subito sulla Cina.

Ma hanno letteralmente bruciato le tappe, con l’inviata speciale Pelosi planata su Taiwan a dettare la legge imperialista del più forte: qui comandiamo noi, qui vige soltanto la nostra ‘democrazia’ (sic), la nostra ‘libertà’ (sic 2), quella che per anni abbiamo visto trionfare a botte di bombe e missili sull’Iraq, sull’Afghanistan, sullo Yemen.

Guarda caso, tanto per gettare fumo negli occhi degli americani e del mondo, la missione-Pelosi si è svolta in perfetta sintonia con l’eliminazione – via drone super intelligente – dell’uomo più ricercato al mondo, il numero due di Al Qaeda, il successore di Osama bin Laden. I quale – val la pena di ricordarlo ai tanti, troppi smemorati – prima di diventare il terrorista numero uno al mondo, pranzava tranquillamente con la famiglia Bush, in compagnia di ospiti-testimoni eccellenti: come il tennista che andava per la maggiore negli anni ’90, lo svedese Bjorn Borg, e la sua compagna di allora, la nostra Loredana Bertè.

Le avete mai lette queste notizie sui nostri media quotidiani?

 

Da un pianeta folle, quello a stelle e strisce, all’altro – made in Italy – il passo è brevissimo.

Gli Stati Uniti stanno per scatenare il conflitto mondiale con la grossolana provazione contro la Cina, via Taiwan? Bene: il PD di Enrico Letta, alle prese con gli accordi pre-elettorali, mette al primo posto della sua agenda politica (quella griffata Draghi), la fedeltà assoluta alla NATO, l’atlantismo spinto alle più estreme conseguenze, come non si era mai visto nel nostro Paese. Dove oggi ci troviamo a dover rimpiangere, per fare un solo esempio, la voce forte di un Bettino Craxi che sbattè la porta in faccia agli americani per i missili NATO di Sigonella-Comiso.

E adesso? Il PD osa mettere al primo punto del suo programma elettorale la fedeltà atlantica, come neanche il maggiordomo più genuflesso si sarebbe mai sognato di fare con il suo Padrone. E quindi ancora armi all’Ucraina, fino a che il macellaio Putin sia eliminato dalla faccia della terra, e fino alla pelle dell’ultimo ucraino, sempre secondo il gingle che da mesi circola al solito Dipartimento di Stato.

Perché. a questo punto, non anticipiamo i tempi e non inviamo di nostra spontanea iniziativa, noi super filo-atlantici, truppe e  battaglioni navali a Taiwan, tanto per riportarla subito sotto l’ombrello a stelle e strisce?  Tanto, una follia da neuro tira l’altra.

State assistendo – sempre a bordo del Titanic – a quanto sta succedendo in vista del voto incredibilmente fissato per il 25 settembre, roba da matti allo stato puro, le prime ‘vere’ elezioni dopo 12 anni con campagna ferragostana e tre settimane 3 a settembre, tanto perchè nulla cambi e alla fine sbarchi da noi un Commissario Ue, caso mai catapultato dalla Germania o, perché no, un Gentiloni qualunque che di robe europee da tempo mastica.

Siamo in pieno ‘Gattopardo’, cambiar tutto per non cambiar niente, mentre l’Italia va a rotoli, affonda, proprio come il Titanic.

E gli attori della sceneggiata, cosa fanno? La comparsata dell’abbraccio elettorale tra le truppe lettiane e quelle calendiane! Quando i due protagonisti si erano mandati a quel paese fino al giorno prima, chissenefrega, facciamo l’accordo.

Dentro al quale, of course, c’è una bella fetta di ex berlusconiani, nani e ballerine d’ogni sorta, i fedelissimi ministri nell’esecutivo Draghi.

Ma c’è spazio per tutti, a bordo del Titanic. Guest star sarà sicuramente Giggino Di Maio, il bibitaro poi steward del San Paolo che ha provocato la crisi di governo, ‘intestata’ poi a Giuseppe Conte. Quel Di Maio che ha trovato casa presso il sempre ospitale rudere della vecchia Dc, Bruno Tabacci, pronto a ‘prestare’ il suo simbolo ai voltagabbana e ‘occasionisti’ d’ogni razza.

Per ora saltati gli appuntamenti con i verducoli di Bonelli e i socialisti di Boselli: Dio li fa e poi, anche come rime, li accoppia.

In attesa di ‘ispirazioni’ le menti pensanti di Leu alla Fratoianni.

Stefano Fassina

Uno dei pochi a pronunciare, in queste ore da neuro, parole con un minimo di senso logico, è Stefano Fassina, che ricoprì la carica di viceministro dell’Economia proprio nel governo Letta.

Sentire cosa scrive sul suo blog, con evidente amarezza. “La scelta di Letta è totalmente fallimentare. Fare il partito di Draghi, elevare Draghi a bandiera. E allontanarsi sempre di più dalle fasce deboli, in crescente difficoltà, che hanno bisogno di lavoro, di giustizia sociale. Una vera sciagura elettorale, anche in termini di prospettiva politica. (…) L’accordo Letta-Calenda è un’agenda atlantista lontana dai più deboli. Un atlantismo subalterno che non fa certo gli interessi dei lavoratori. Mollare i 5 Stelle è stata una scelta sciagurata del Pd. A questo punto, perché nell’alleanza non deve entrarci pure Matteo Renzi? (…) Che faccio? Torno a fare l’economista”.

Siamo quindi alle prese un una maionese letteralmente impazzita. Che finirà per affondare l’Italia, sempre più a bordo di quel Titanic.

Possibile mai votare un minestrone che neanche i maghi della Dc e del Psi si sarebbero sognati di preparare? Un’accozzaglia di ‘personaggetti’, avanzi della politica, frattaglie nel senso più autentico del termine, che se ne fottono altamente di programmi e destini del Paese, solo pronti a spartirsi e accaparrarsi seggi come neanche ai tempi dello scudocrociato siciliano?

Possibile che l’alternativa sia rappresentata da una destra che non c’è – al contrario del resto d’Europa – invece da noi occupata e rappresentata da razzisti e xenofobi alla Salvini, fascistoidi stile Vox alla Meloni e residuati bellici come Berlusconi?

L’unica ancora alla quale aggrapparsi – come abbiamo cercato di spiegare già un paio di volte – in queste disgregato e sgarrrupato contesto, può essere rappresentata solo da Giuseppe Conte, anche per non seppellire definitivamente le ultime speranze di una sinistra che può ancora venire (guardiamo all’esempio francese).

Ma solo a un patto: se mette in piedi un programma serio, credibile, per gli ultimi, per chi non ha, per chi è calpestato ogni giorno, per i senza diritti; e del tutto antitetico all’agenda Draghi.

Chiamando a raccolta chi ci sta, e non convocando penosi tavoli di trattativa-spartizione stile Letta.

E soprattutto rivolgendosi a chi fino ad oggi, negli ultimi anni, non è mai andato a votare, ha disertato le urne.

Per lo schifo.

 

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