Una Festa da abolire

E’ appena trascorso il giorno dedicato alla Festa della Liberazione dal nazifascismo.

In alcuni città italiane si è ricordata la  fine della  guerra civile che, per circa due anni, dall’8 settembre ‘43 al 25 aprile ‘45, ha visto i fascisti della repubblica di Salò e gli antifascisti della Resistenza (socialisti, democristiani, repubblicani, azionisti, liberali, comunisti e  monarchici), convinti entrambi di essere dalla parte giusta, combattersi senza pietà in un crescendo di violenze, imboscate, rastrellamenti, impiccagioni, regolamenti di conti, massacri quali il nostro paese non aveva mai visti.

Un  paese che si dibatte nella pandemia di coronavirus e varianti,  in una crisi economica drammatica con undici milioni di poveri, con una disoccupazione in continua crescita, in particolare giovanile, con una produzione industriale in  calo, con centinaia di migliaia di piccole e medie imprese costrette a chiudere , con centinaia di migliaia di esodati, con milioni di pensionati a cinquecento euro al mese, con centinaia di suicidi perché senza lavoro,  con un debito pubblico di oltre duemila miliardi di euro, e alle prese con la tragedia ucraina, un paese in queste condizioni non ha alcuna  voglia di ricordare che settantasette anni fa l’Italia fi liberata dal fascismo e dall’occupazione nazista..

Ciò nondimeno La Festa c’è stata ad opera delll’ANPI ( associazione nazionale partigiani italiani), che non ha alcuna ragione di esistere perché i partigiani sono tutti morti ed è formata da persone che della Resistenza ha solo sentito parlare. .

E, come al solito, è una Festa all’insegna della retorica che attribuisce alle “gloriose formazioni partigiane la cacciata dei tedeschi e la sconfitta dei fascisti di Salò” .E che tacerà sull’apporto determinante dei soldati angloamericani e alleati , che, giustamente, furono chiamati “liberatori”.

Infatti , come le città dell’Italia meridionale, da Palermo a Napoli, anche  Firenze, La Spezia, Livorno, Siena, Bologna, Modena, Cesena, Reggio Emilia  ed altre città del centro Italia furono liberate dagli americani , dagli inglesi, dai canadesi, dagli australiani, dai brasiliani, dai francesi, dai polacchi e dai marocchini .

E il Nord fu liberato dall’insurrezione popolare quando, debellata la Linea Gotica, l’avanzata  alleata inseguiva i tedeschi in rotta che fuggivano verso il Brennero.

Se tale avanzata non ci fosse stata non saremmo mai insorti.

Lo ha scritto anche Winston Churchill nella sua “ Storia della seconda guerra mondiale”.

La storiografia degli ultimi 77 anni, egemonizzata dai comunisti, definisce “figli di puttana” i fascisti della Repubblica di Salò ed eroi omerici i partigiani, in particolare quelli delle formazioni “Garibaldi”. E  ha diffuso la vulgata  secondo la quale questi cavalieri senza macchia e senza paura hanno ispirato la Costituzione democratica di questo paese.

Ci voleva Giampaolo Pansa, oltraggiato poi dalla sinistra, per smontare storiografia e vulgata con i  tre libri “ Il sangue dei vinti”, “Bella ciao” e  “ La guerra sporca dei fascisti e dei partigiani”., nei quali ha documentato le atrocità commesse dai partigiani comunisti anche  dopo la fine della guerra civile ( per farle cessare dovette intervenire nel 1947 Palmiro Togliatti  con l’autorevolezza di segretario del PCI ),

E’ giunto il momento di dire basta a una celebrazione che divide e che rinfocola odi.

Non a caso  il giornale Fatto Quotidiano del 25 aprile 2013 si pose la domanda se, dopo 68 anni, la Festa del 25 aprile avesse ancora un senso.

La festa è gioia, allegria, fratellanza. E la festa che unisce tutti gli italiani è il 2 giugno, il giorno in cui è nata la Repubblica.

Facciamone la Festa Nazionale.

 

 

Gerardo Mazziotti, premio internazionale di giornalismo civile 2008

PS/ Dimenticavo di aggiungere che l’abolizione sarebbe stata una gioia per Dario Fo, che, prima di diventare comunista e di vincere il Nobel per la letteratura ( quei mattacchioni di Stoccolma che non lo diedero a Eduardo ) , ha militato tra  “ i parà del Duce” negli anni della repubblica di Salò.

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