La protesta di Ludovica

L’effervescenza dialettica di Fellini dette voce a una decisa arringa legittimata dal credito di regista accolto nel gotha della cinematografia mondiale. Fellini condannò senza concedere attenuanti lo scempio operato in danno di film di qualità dalla violenza delle interruzioni pubblicitarie. Il suo ammonimento è purtroppo finito nel nulla, zittito dalla micidiale avidità dell’imprenditoria televisiva, non solo di quella privata, in perfetta sintonia con le leggi del marketing, che fondano i presupposti del successo commerciale sulla persuasione dei video messaggi pubblicitari. La signora Ludovica ‘X,’ donna di casa da sempre, in ragione delle mansioni domestiche che le assegna l’essere donna, moglie, madre, dedita alle incombenze familiari, dal tempo dell’esplosione della pandemia ha dovuto rinunciare anche al rito della messa in presenza nella chiesa del quartiere, alle sporadiche visite all’amica del cuore. Per non finire in crescente depressione ha rimediato con la fedeltà di ogni pomeriggio a soap opera e fiction, alla straripante Barbara D’Urso, alla cosiddetta ‘Vita in diretta’ che Matano, ex conduttore del Tg1, riempie di cronaca nera e rosa, di gossip con netta preferenza per le birbanterie di Harris-Megan. I social pubblicano una vibrante protesta di Ludovica: “Con il cronometro del mio cellulare ho scoperto che ogni puntata di “Le ali della libertà”, una sorta di ‘Beautiful’ made in Turchia trasmesso da Mediaset, è così strutturata: 16 minuti di filmato del programma e 17, cioè uno di più! di pubblicità. Penso che sia un esempio di stolking televisivo e ho deciso di non seguire più le vicende amorose raccontate nello scenario di Istanbul e dintorni. Profitto anche per segnalare l’ossessione pubblicitaria di spot trasmessi a tutte le ore e da anni su ‘divani di qualità’, materassi anti acari, miracolose pomate curative dell’ artrosi, pillole ‘sparisci mal di testa in un amen’, favolosi medicamenti che combattono ‘flatulenze, diarree’, colluttori per gengive sanguinanti, auto ‘hibryd’, iper spaces di smercio a ‘prezzi bassi e fissi’, creme ialuroniche rimpolpanti, magici assorbenti di perdite urinarie promossi con l’immagine inequivocabile, quanto oscena, dell’organo sessuale femminile, sontuosi mini film di big della telefonia. La goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza? La trasmissione di due spot identici, uno dietro l’altro.  Magnificano una delle decine di marche che vantano aroma e gusto di caffè promossi da star del cinema e dello spettacolo, da uno stellatissimo chef”. Come risponderle? “Gentile signora, le meraviglie della Tv hanno un loro accessorio fondamentale, il telecomando. Se ne ha padronanza e non c’è motivo di dubitarne, lo governi al massimo del potenziale e con l’aiuto di chi pubblica l’intera programmazione pubblica o privata, scelga film trasmessi senza interruzioni pubblicitarie, documentari di alta qualità, a cui il marketing è fortunatamente disinteressato, programmi culturali (idem). Se proprio non potesse rinunciare alla Tv ‘pubblicità dipendente’, eviti almeno di obbedire all’invito di acquisto di rassicuranti antifurto o sanificatori che promettono di sterminare il Covid. Comunque clicchi sui tasti del telecomando e si rifugi in canali esenti da spot, poi torni pure al suo ‘Ali della libertà’. A fine pubblicità.

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