IMPORT DI ARMI / IL BOOM DI MALI E BURKINA FASO

Traffici di armi in crescita esponenziale negli ultimi anni nell’Africa subsahariana.

Le cifre emergono da un fresco report redatto dall’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma, SIPRI.

Il conflitto armato nel Sahel, infatti, ha visto crescere in modo massiccio le importazioni di armi del Burkina Faso, con un aumento dell’83 per cento, ma soprattutto del Mali, che ha fatto registrare uno spaventoso incremento del 669 per cento.

I due paesi fanno parte della Forza congiunta del Gruppo dei Cinque per il Sahel. Molti acquisti di armi sono stati finanziati direttamente dall’Unione europea – come gentile cadeau – o sono stati consegnati come ‘aiuti militari’ da Francia, Qatar e Emirati Arabi Uniti. Evidenti strumenti – le forniture militari – di politica estera, per accrescere l’influenza nell’Africa subsahariana.

Grossi quantitativi vengono recapitati anche da Russia e Cina, tanto che le loro esportazioni rappresentano rispettivamente il 30 e il 20 per cento dell’import per quei paesi.

A livello globale, spetta all’Egitto il maggior incremento percentuale nell’importazione di armi. Nell’ultimo quinquennio è cresciuto del 135 per cento. Un sensibile incremento anche per l’Algeria, che fa segnare un + 65 per cento.

I 5 grandi esportatori mondiali sono – secondo la graduatoria stilata da SIPRI – Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Cina, che insieme totalizzano il 76 per cento dell’export internazionale.

A livello percentuale, la crescita maggiore fatta segnare nell’ultimo quinquennio va di diritto alla Francia, con un aumento del 44 per cento; il doppio della Germania (+21 per cento) e il triplo degli Stati Uniti (+15 per cento). A livello globale, sono invece in calo le esportazioni russe e cinesi.

L’Italia scende in classifica e ora occupa il decimo posto nella poco onorevole hit dell’export militare. Siamo stati superati da Israele e Corea del Sud. La nostra quota è calata del 22 per cento rispetto al quinquennio precedente. I nostri principali clienti, comunque, sono Turchia (18 per cento), Egitto (17 per cento) e Pakistan (7,2 per cento). Tre paesi con una situazione interna di tensione (se non di conflitto) e dove i principali diritti umani sono regolarmente non calpestati. Condizioni che, in base alla legge numero 185 del 1990, avrebbe dovuto e dovrebbero impedire al nostro paese di vendere sistemi d’arma a quelle nazioni: ma ciò, naturalmente, non accade.

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