L’Italia di figli e figliastri

Pericolosa contiguità degli altoatesini con ai cugini austro-tedeschi, probabile spocchia autonomista, pura incoscienza e disprezzo per i protocolli di difesa dal Covid: davvero difficile catalogare la strafottenza del Trentino- Alto Adige, che si libera come fosse un rifiuto non riciclabile del decreto  emanato per fermare la paurosa crescita di contagi, pazienti in terapia intensiva e morti. Sprezzanti, le province di Bolzano e Trento ‘ammorbidiscono’ sostanzialmente le nuove disposizioni restrittive del governo.  E allora, chiusura dei ristoranti alle 22 , mentre il decreto impone in tutta Italia, di abbassare le saracinesche alle 18. Di qui a un mese bar aperti oltre le 18 fissate dal decreto. Il cattivo esempio contagia la Sardegna, intenzionata con scelta anarchica ad allinearsi  al ‘modello Alto Adige’ e lo fa, fregandosene dell’emergenza Covid, in piena esplosione di contagi nella regione. Da Torino a Palermo, così dispone il governo, Cinema e Teatri, sale da concerto chiusi, zero eventi che prevedono assembramenti: divieto negato dai trentin-altoatesini. Tutto aperto con un massimo di 200 partecipanti, come se la disposizione non si configuri come un classico assembramento. Stop alle vacanze sulla neve, ordina il Dpcm, non l’osserva l’Alto Adige. Piste aperte per atleti professionisti e non, per sciatori della domenica “Solo se le strutture adottano le linee guida indicate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome”. Di la proposta di  test minuziosi, completi, su chi torna da sciate e soggiorni montani. Se positivi, ricovero e terapie a carico degli incoscienti di turno.

 

 

Fuoco incrociato, nemico, ma anche amico su Conte, costretto quasi in solitudine a portare sulle sue spalle, fortunatamente forti, la croce di un nuovo e tutt’altro che lieve fardello, noto con al sigla Dpcm, decreto imposto dal drammatico riflusso della pandemia. Nessun dubbio, le restrizioni infliggono colpi micidiali a numerosi operatori dell’economia già penalizzati dal primo lockdown. Si comprende la rabbia, è lecita la protesta, ma come rispondere diversamente al rischio di irrimediabile esplosione del Covid? Il premier: “Le misure non sono in discussione. Non le abbiamo decise indiscriminatamente, è vitale ridurre momenti di incontro, l’afflusso nei mezzi di trasporto. Acquistare subito centinaia di nuovi mezzi pubblici è impossibile e non restava decongestionare il sistema operando sulla scuola, su altre occasioni di contagio, come  palestre e piscine. Uscire di sera per andare al ristorante, al cinema, a teatro, comporta  prendere mezzi pubblici o taxi, fermarsi prima o dopo in strade e piazze a bere qualcosa , incontrarsi con amici, così abbassando la soglia dell’attenzione e creando assembramenti. La politica, e soprattutto chi è al governo, deve essere responsabile e non soffiare sul fuoco del malessere sociale per qualche percentuale di consenso nei sondaggi. Un decreto-legge consentirà di erogare  misure di sostegno”.

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