Black, nero: bello

Nero il colore della pelle, nera, nel significato di buio, tetro, l’infame discriminante che ha originato schiavismi, odio razziale, sfruttamento di persone e beni del continente africano, xenofobia. Ignoranza, certo, subcultura, interessata intolleranza, prevaricazione disumana: il suprematismo ‘ariano’ ha fatto, fa di tutto per cancellare la parità biologica di tutti i popoli della Terra, la ricchezza plurima di civiltà, alcune antichissime, il patrimonio delle diversità che si unificano nell’essere figli di uno stesso seme fecondo. Grandi ceppi dell’homo sapiens, la romanità, ancora prima l’ellenismo, esaltati dagli storici, hanno anticipato la grande piaga della schiavitù, poi praticata in forme pretestuosamente e solo teoricamente più evolute dal colonialismo dalle potenze europee (Inghilterra, Francia, Spagna e perfino dall’Italia fascista con la pretenziosa quanto illegittima invasione dei Paesi che s’affacciano nel Mediterraneo), ma specialmente dall’America. Mancavano all’appello Hitler e Mussolini, socio in nazifascismo.  Hanno lasciato tracce del loro ignobile percorso razzista, che prova a riproporsi, a dispetto di leggi e della vigilanza democratica (non adeguatamente rigorosa) in gran parte del pianeta.  Non si contano le conferme raccontate dal complesso sistema dell’informazione globale. Su tanti esempi di sanguinosa intolleranza, prevale in questi giorni lo sdegno per l’assassinio di neri nell’America di Martin Luther King. Inedito, imponente, universale, lo sdegno per la faccia razzista deli Stati Uniti e il loro inverosimile presidente.
La risposta di quanti hanno manifestato sconcerto, rabbia e condanna è plasticamente rappresentata per esternare solidarietà e domanda di perdono: si sono inginocchiati policemen, sconvolti per gli omicidi commessi da colleghi, in ginocchio migliaia di americani in tutti gli Stati, gli atleti, non solo neri, personaggi del mondo dello spettacolo. tanti ragazzi. Il gesto è diventato il manifesto mondiale dell’antirazzismo e ieri al via della Formula 1 di automobilismo, dopo la clausura da Covid, piloti e meccanici hanno partecipato alla protesta inginocchiandosi. In piedi, e fa notizia, Charles Leclerc, giovane asso del volante ingaggiato dalla mitica Ferrari. Come lui altri cinque piloti: Raikkonen, Verstappen, Kvyat, Giovinazzi e Sainz. Quattordici in ginocchio, in prima fila Lewis Hamilton, che il “Corriere della sera” definisce sguaiatamente (o c’è altro?) ‘capopopolo’. Gli assi di Formula 1 indossano la maglietta nera con la scritta “Fine al razzismo”, esposta anche al traguardo (su quella di Hamilton ‘Black lives matter’). Leclerc ha provato a giustificarsi: “I gesti formali in alcuni Paesi potrebbero essere considerati controversi” (!!!)”, posizione duramente contestata dai social (“Non vuole inimicarsi gli sponsor”) e ovviamente lodata da Salvini: “Mai arrendersi e mai piegarsi, sempre a testa alta (!!!)” a cui manca solo il finale ‘Alalà’ di mussoliniana memoria. La cronaca del Corriere è un capolavoro di equilibrismo, di ingiustificata equidistanza: “…Alla fine è stata data (da chi? Ndr) a ognuno la libertà di esprimersi come meglio credesse (e qui l’italiano zoppica). Leclerc lo ha fatto. Razzismo? No grazie. In ginocchio? No grazie”
Per chi voterà l’autore di questo illuminato articolo?
Si chiama sputtanamento il volontario immergersi nella finta realtà del nostro ministro degli esteri e dei colleghi di governo che hanno accolto in ‘pompa magna’ il ritorno a casa di Silvia Romano e hanno tratto vanto dal racconto di aver vigilato sui 18 mesi di ‘prigionia’ della giovane italiana, fino a ottenere la sua liberazione. Millantato credito: la ragazza è tornata in Italia con l’ok dei ‘sequestratori’, una volta che li ha convinti di aver sposato la fede musulmana, di voler indossare il velo come ‘simbolo di libertà’: “La conversione dopo circa 5 mesi dal giorno del sequestro, sancita da una vera cerimonia e presenti i due ‘carcerieri’: “Ho espresso la volontà di diventare musulmana. Ho recitato le formule e ho dichiarato che Allah è l’unico Dio. È durato tutto pochi minuti. Nessuno mi ha obbligata, è stata una mia scelta. In quel momento ho scelto di chiamarmi Aisha”. La rivelazione chiarisce il perché e le modalità del rilascio senza nessun riscatto: per chi l’ha convertita è un fantastico spot propagandistico dell’Islam. A latere, le ignobili minacce che Silvia e i familiari subiscono per la conversione dichiarata esplicitamente. La Costituzione italiana impone il rispetto di ogni fede religiosa e la libertà di manifestare ogni culto, ma farsi merito della liberazione senza averne i titoli è politichese puro.

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