Procida, la querelle continua

In merito all’articolo Procida / 4 stelle e Beauty Farm per i frati? e alla richiesta di rettifica inviata dal rappresentante della società Tamarin scarl Antonio Crescenzo, da noi pubblicata, abbiamo ricevuto altre due comunicazioni.

La prima è firmata dal magistrato a riposo Gioacchino Romeo, la seconda dal legale rappresentante dell’Associazione Vivara onlus, Roberto Gabriele.

Leggo con stupore, in calce al Vostro articolo del 12 luglio u.s. dal titolo Procida/4 stelle e beauty farm per i frati?, la lettera scritta dal legale rappresentante della società Tamarin: stupore i cui motivi cercherò di esporre.

Nella mia pagina Facebook mi sono occupato e continuerò ad occuparmi della vicenda, in quanto ritengo un mio dovere civico farlo, da persona libera, e quindi in grado di valutare gli episodi della vita reale del luogo in cui vive senza vincoli di obbedienza ai termini, alle parole, alle carte che, come ben sappiamo, spesso nascondono realtà tutt’altro che edificanti.

Voi non avete fatto che il vostro dovere. La libera stampa fa il suo dovere non quando si limita all’arida cronaca, ma quando dei fatti dà spiegazioni e informa anche su fini reconditi od occulti che il lettore distratto o ingenuo non sempre è in grado di decifrare a un primo impatto con la notizia.

Personalmente, nella vicenda della quale vi siete occupati, continuo a pensare che ci siano parecchi elementi opachi e inspiegabilmente non chiariti, che legittimano più di un sospetto e che la lettera testé pubblicata è ben lontana dal fugare.

L’ho scritto nella mia pagina FB più volte e lo ripeto ad alta voce: non credo alle spiegazioni informali e molto approssimative finora fornite e, soprattutto nell’interesse del buon nome e della credibilità dell’Ordine religioso che vi è coinvolto, attendo da esso una smentita ufficiale circa le reali sue intenzioni di non edificare altro che un ostello per la gioventù: smentita che, da me richiesta per tempo a chi di dovere, non è mai arrivata.

E non mi si venga a dire che l’Ordine non è tenuto a dare spiegazioni a chi si ponga legittimi interrogativi su condotte di suoi esponenti che hanno importanti ricadute per la comunità in cui esso opera. C’è una elementare esigenza di trasparente esercizio del ministero pubblico del quale è investito e manca, che io sappia, qualsiasi profilo di segretezza o riserbo attinente a quel ministero.

Ora, che un terzo, qualificatosi come “delegato dalla Provincia S. Tommaso d’Aquino in Italia alla riqualificazione del loro patrimonio nell’isola di Procida” lamenti, da un lato, il mancato suo interpello preventivo da parte di un giornale, minacciando al tempo stesso querele per asseriti profili diffamanti e, niente meno, dissacranti dell’articolo, non è una buona notizia. Per svariate ragioni.

La prima riguarda la funzione della stampa, che non ha certamente bisogno di dover essere imbeccata da chi può avere interesse a veicolare questa o quella informazione nel pubblico. Chi ha vero rispetto per la libera stampa sa che essa, com’è stato autorevolmente ribadito in sede internazionale, è il “cane da guardia” del potere (di qualunque potere) e, nei limiti stabiliti dalla legge penale, ha il dovere di andare fino in fondo alla ricerca della verità, senza riguardo per nessuno, cioè ha da essere sgradita al potere.

La seconda ragione riguarda il merito. Immaginare fatti diffamatori nel testo che ho avuto modo di leggere e di apprezzare è idea che mi permetterei di definire abbastanza strampalata: chi abbia un minimo di conoscenza del diritto penale, sa bene che non è mai configurabile diffamazione là dove, come nella specie, sia esercitato il diritto di critica o quello di cronaca e qui nessuno, neanche l’estensore della lettera, ha mai evocato fatti, scritti, parole specifici, lesivi della reputazione di singoli soggetti o di enti.

La terza ragione riguarda la legittimazione all’esercizio del diritto di querela. Che – non venendo in rilievo se non la reputazione dell’Ordine – spetta in via esclusiva a chi lo rappresenta o è munito di procura speciale, a norma dell’art. 336, comma 1, c.p.p., non a un generico “delegato”, peraltro per attività di altro genere. Che, quindi, minaccia invano.

Tuttavia, io sarei ben lieto se una querela fosse proposta. Perché allora, nel contraddittorio ampio di un dibattimento penale, si potrebbe davvero verificare da quale parte penda la bilancia del torto e/o quella della ragione.

Molto cordialmente

Gioacchino Romeo – magistrato a riposo

 

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Sono il prof. Roberto Gabriele, legale rappresentante dell’Associazione Vivara onlus, alla quale fa riferimento la lettera che il rappresentante della Tamarin scarl ha inviato al giornale in merito all’articolo da esso pubblicato su alcune ipotesi di mutamenti di destinazione della maggiore proprietà dei frati domenicani in Procida.
Noto che il sig. Crescenzo ha dato una versione molto parziale e alquanto faziosa della vicenda, se non altro per le numerose omissioni di fatti che qui sarebbe troppo lungo elencare e che mi riservo di affrontare nelle sedi competenti, ultimo dei quali la chiusura della chiave d’arresto dell’unico contatore dell’acqua alla quale l’associazione ha diritto e della quale è priva dal 2 luglio scorso.
Cordiali saluti

Roberto Gabriele

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