SANGALLI / L’EX PM ALFREDO ROBLEDO E’ IL NUOVO PRESIDENTE

Uno dei magistrati di maggior fama, Alfredo Robledo, a fine 2018 è andato in pensione. Ma non ha fatto in tempo a svestirsi della toga per andare ad occupare una poltrona pesante: quella di presidente dell’Impresa Sangalli, il colosso dei servizi ecologici e dell’igiene urbana con ben 1.100 dipendenti.

Travagliate, negli ultimi tempi, sia la storia di Robledo che quella di Sangalli.

Il magistrato, per anni pm di punta alla procura di Milano, protagonista di inchiesta al calor bianco, ha dovuto “cedere” sul fronte dell’Expo, essendo entrato in rotta di collisione con l’ex procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. Robledo voleva occuparsi dell’inchiesta sulla milionaria manifestazione milanese, ma Bruti Liberati non era dello stesso avviso. Al termine della singolar tenzone, Robledo è stato in pratica trasferito d’uffico alla procura di Torino (la solita ‘incompatibilità ambientale’) dove ha lavorato per un paio d’anni, prima di andare in pensione e dicembre dello scorso anno. Dalle sue ricostruzioni è nato il libro-denuncia sullo stato comatoso della giustizia in Italia scritto da Riccardo Iacona, “Palazzo d’ingiustizia”.

Sangalli, dal canto suo, è rimasta impigliata in una storia di mazzette che si è ormai chiusa sotto il profilo giudiziario. Ha quindi subito cercato di rifarsi il look, tanto da riuscire a puntarsi sul petto, nel 2018, le tre stelle (massimo rating) attribuite dall’Autorità anticorruzione, l’Anac presieduta da Raffaele Cantone.

E adesso la ciliegina sulla torta, un super magistrato al vertice, in qualità di presidente.

Rassicura Robledo: “prima di accettare l’incarico ho preso informazioni”. Facile per una toga del suo calibro. E aggiunge: “Ho voluto conoscere i figli di Giancarlo Sangalli (deceduto due anni fa, ndr) e ho capito che erano incappati in un incidente di percorso”. Manca solo la marca dell’auto e la targa.

Continua l’ex toga, ora neo manager: “Ho accettato e ho chiesto di nominare io l’audit e l’Organismo di vigilanza dell’azienda. Ho deciso di offrire la mia esperienza per un’impresa che ha avuto la capacità di rialzarsi perchè credo che se le persone sbagliano e pagano, e hanno intenzione di riprendersi, debbano avere fiducia. Il mio arrivo è stato un segnale forte per l’azienda, ma vuole esserlo anche per il mondo politico e industriale: per battere la corruzione non serve un aumento delle pene e il ‘daspo’ a vita. Provvedimenti del genere finiscono per condannare un’impresa a chiudere o a essere venduta. Invece ritengo che una volta riconosciuti gli errori e pagato il conto con la giustizia sia bene che l’opera prosegua”.

Nota una toga romana che si è occupata di inchieste nel settore dei rifiuti: “Si tratta di un settore tra i più a rischio sia per le infiltrazioni mafiose che sotto i profili corruttivi, mi riferisco alle gare d’appalto. La situazione è endemica al Sud, ad esempio in Campania è storicamente uno dei settori su cui ha puntato moltissimo la camorra, sin dalla fine degli anni ’80. Ricordo che già a inizio dei ’90 alcune imprese non poco chiacchierate davano la caccia al magistrato appena andato in pensione per nominarlo loro presidente, tanto per dare un segnale di potenza e di intangibilità”.

E continua: “E’ evidente che la situazione di Robledo alla Sangallo è diametralmente opposta: può essere un ottimo segnale di deterrenza, proprio per le gare d’appato, da infiltrazioni e corruzioni di sorta. Con un magistrato di quella esperienza è certo più difficile truccar le carte in tavola o barare con società paravento”.

E Robledo così a domanda risponde: “Io un deterrente? Farò di tutto perchè sia così”.

 

Nella foto il magistrato Alfredo Robledo

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