MAFIE – IL RUOLO DEGLI ‘UTILI IDIOTI’ NELLE ISTITUZIONI

Riceviamo da Vincenzo Musacchio, direttore Scientifico della Scuola di Legalità don Peppe Diana di Roma e del Molise, presidente dell’Osservatorio Regionale Antimafia del Molise, e pubblichiamo.

Ringraziamo il professor Musacchio per questo interessante contributo.

Negli anni ottanta in piena lotta alla mafia e quando il pool era in fase di costituzione, Giovanni Falcone espresse un pensiero di una straordinaria semplicità esplicativa: “Dove comanda la mafia, i posti nelle istituzioni sono tendenzialmente affidati ai cretini”.

Dopo tutti questi anni, il suo pensiero è ancora attuale, anzi, nelle istituzioni si vedono spesso veri e propri deficienti, termine con cui, in questo contesto, indicherei l’uomo incompetente a gestire le istituzioni statali. Oggi questi incompetenti si ritrovano ai livelli più alti della politica e della burocrazia, poiché la loro funzione è quella di assecondare le necessità delle mafie e della politica corrotta. Il “cretino” di turno, scelto con certosina pazienza, presenta molteplici vantaggi: farà spontaneamente, in alcuni casi addirittura in buona fede, ciò di cui le mafie e la politica hanno bisogno e in alcuni casi lo farà addirittura gratuitamente. Se ci sarà da omettere, ometterà, se ci sarà da assolvere, assolverà, se occorrerà non capire, non capirà. Chiuderà gli occhi, dove dovranno esser mantenuti aperti e li aprirà laddove non occorre mantenerli aperti. Farà il gioco di mafiosi e politici corrotti con azioni od omissioni mirate.

Tutto ciò dimostra come la vera forza della mafia sta fuori dalla stessa e non al suo interno. Sta nelle complicità, nelle convergenze che si realizzano su condotte concrete, nei delitti programmati, negli scambi di favori, nel clientelismo, nelle campagne politiche o di opinione che convengono con interessi criminali.

Giovanni Falcone sosteneva che la lotta alla mafia avrebbe avuto bisogno di un delitto “eccellente” l’anno: per scuotere la gente, per impegnare e costringere la politica, per non fare addormentare le coscienze. Non è un caso che nella trattativa tra mafia e Stato quest’ultimo ha posto ai suoi interlocutori criminali il ferreo principio della rinuncia ai delitti “eccellenti”: condizione per arrivare in modo delicato e graduale alle agevolazioni promesse. Il giudice Falcone molto sagacemente sosteneva che per dare un colpo mortale alle mafie bastasse semplicemente “fare il proprio dovere”. Aveva ragione poiché ancor oggi la sua affermazione è il più efficace anticorpo contro il virus letale della criminalità organizzata.

Il disordine, l’assenza di meritocrazia, l’ignoranza dei principi morali, la volatilizzazione del principio di responsabilità, sono la linfa vitale di cui si nutrono le mafie e i politici corrotti e collusi con la criminalità organizzata. Le mafie con la complicità della politica corrotta sono riuscite ad annullare le basi del nostro codice morale socialmente condiviso. La società ci ha evidentemente trasmesso questo anti-valore della “mafiosità”, che rema contro la meritocrazia di cui abbiamo bisogno per salvare il nostro Paese. Quando la meritocrazia non è praticata, spesso, c’è la “mafia” che opera sullo sfondo. Il caso più clamoroso è sicuramente quello delle nomine nelle istituzioni pubbliche. Mafiosi e collusi a volte lo siamo tutti. Mi piace molto la frase di Rita Atria: “Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”.

Vincenzo Musacchio, direttore scientifico della Scuola di Legalità

“don Peppe Diana” di Roma e del Molise.

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