Non è un pesce d’aprile anticipato. Di Maio candidato premier

Un sussulto, sudore freddo, balzo in su della pressione e l’incubo tarda a diradarsi, svanisce solo quando la coscienza è risvegliata dalla manata sul pulsante del lume a luce fredda del comodino, dal residuo di caffè della tazzina che favorisce il sonno, in antitesi alla tesi prevalente sugli effetti eccitanti della caffeina. Si sfoca l’espressione trionfante stampata sulla faccia da sbarbatello di Luigi Di Maio, il nessuno pentastellato che il comico genovese propone all’Italia come premier e numero uno del movimento. Il sospirone di sollievo per la fuga dall’incubo ha vita breve. La visione terrorizzante ha riscontri nella dura realtà con la prospettiva di questo nostro povero Paese governato da un pischello senz’arte né parte, paradigma dell’incultura politica degli italiani, di una parte di popolo esposto per ignoranza e becero opportunismo ai venti del neoqualunquismo dei 5Stelle, come un tempo accadde con l’Uomo Qualunque di Giannini e oggi, con la deprimente presenza leghista dei Salvini, Bossi, Borghezio. Calderoli, proseliti della Casaleggio & C.

Fumata nera in casa pentastellata e allucinante designazione del fighetto Di Maio, a pesce guida del movimento con obiettivo presidenza del consiglio. Due i corollari degni di menzione. Con abilità malandrina, da gioco delle tre carte, i guru hanno introdotto una postilla ad personam per il giovanotto che non ha mai esibito il proprio curriculum in assenza di dati apprezzabili: “Cari simpatizzanti, amici vicini e lontani. Siete indagati? No problem, potete candidarvi”. La nobile tolleranza, per grillini e non, somiglia troppo a un’ancora di salvezza su misura per l’indagato Di Maio. Senza la licenza erga omnes di ignorare i problemi con la giustizia, il giovanotto non avrebbe potuto giocare al toto premier. Invece può. Può sbagliare l’uso del congiuntivo, inanellare gaffe e l’ultima l’ha consumata così, in tema di vitalizi: “E’ un privilegio medievale”, ha detto e può essere goduto “anche da chi ha fatto il parlamentare per un giorno, come un tal Boneschi che ora prende 3.108 euro”. Un vero scoop la citazione di Di Maio! Luca Boneschi, deputato radicale, è deceduto nel 2016. Difensore della famiglia di Giorgiana Masi, la ragazza uccisa da un colpo di pistola durante gli scontri del 1977 tra manifestanti e forze dell’ordine, si dimise e rinunciò all’immunità parlamentare, denunciato dal giudice istruttore ritenutosi diffamato.

All’indomani della doppia candidatura, a premier e nuovo capo dei 5Stelle, con il comico genovese defilato, Di Maio ha esternato il suo proclama d’esordio. Non ancora dal balcone di palazzo Venezia ma ugualmente perentorio: “Andiamo a Palazzo Chigi e facciamo risorgere l’Italia”. Eia, eia…

Di che sorprendersi? Dai media, dal caotico coacervo del partitismo italiano, dai guru dell’intellettualità, non si leva neppure una voce a raccontare la favola tragica del signor nessuno il cui unico obiettivo dovrebbe essere la frequentazione di una scuola serale e l’iscrizione alla bocciofila di Portici dove ha preso il via il percorso politico come candidato alle comunali di Pomigliano d’Arco, con una lista di destra, in onore del padre, dichiarato e convinto fascista.

In due righe

Alleluia, vincono gli esteti, le ragioni di esperti, l’opinione pubblica più avveduta e consapevole: sventato il progetto di installazione del gigantesco corno destinato a deturpare la via Caracciolo e a frapporsi insolente tra Napoli e il suo magico golfo. Onore al merito della Italstage, impresa affidataria del progetto: dietro front e con charme.

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