DOPO SANGIULIANO CORSINI

Walter Di Munzio

Continua il reclutamento di giornalisti e uomini della comunicazione tra le file del centro destra. Prima c’è stato il caso Sangiuliano quando, nel 2022 ancora direttore del TG2, partecipò alla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Milano. In quello stesso periodo, nel corso della trasmissione “Mezz’ora in più” su Raitre, il futuro presidente del senato, Ignazio La Russa, indicò il direttore del Tg2 come una delle personalità “compatibili con il governo e con l’Italia che vogliamo”, e lo disse mostrando un elenco di intellettuali “pronti a sottoscrivere” il programma elettorale del suo partito. Una vecchia abitudine della destra italiana, quella di puntare sulla propaganda permanente e su strategie di manipolazione dell’informazione, proprio come si faceva ai tempi del Minculpop. Atteggiamenti che hanno ben delineati nel loro DNA. È ormai chiaro a tutti che questa destra di governo punta tutto sulla gestione della comunicazione al fine di orientare l’opinione pubblica con una strategia, nemmeno mascherata, di asservimento del servizio pubblico occupando le reti RAI senza lasciare spazi a voci critiche. Men che meno a quelle della ormai residuale opposizione di sinistra. D’altro canto tale strategia può contare sulla complicità militante di molte televisioni commerciali, a cominciare da quelle del secondo gruppo televisivo Mediaset della famiglia Berlusconi. Tutto ciò ha fatto colpevolmente mettere da parte persino la consolidata prassi democratica, avviata fin dai tempi della prima repubblica, di lasciare almeno una direzione di rete alle opposizioni. Questo per bilanciare la comunicazione politica. La parola d’ordine oggi sembra essere “silenziare ogni voce critica e perseguire un totale servilismo”. Sono infatti scomparsi dai palinsesti quasi tutti i programmi di approfondimento politico, giudicati noiosi e potenzialmente sovversivi. Sono stati sostituiti da programmi più “leggeri”, di varietà, di musica o di amenità varie. A quale scopo? Probabilmente per distrarre il popolo, attutire le coscienze, spegnere sul nascere ogni barlume di pensiero critico. Non sono più ammessi sbandamenti, dubbi sull’operato del potere, né qualsiasi riflessione “fuori linea”. È la logica imperante del “va tutto bene” o del “benvenuti nel migliore dei mondi (leggi governi) possibili”. Una logica perseguita falsificando la realtà e mostrando come grandi successi persino i peggiori compromessi. Ma questa volta il riferimento non è al mondo di Voltaire o di Leibniz, bensì al mondo del bavaglio informativo e delle false verità.

Dopo Sangiuliano oggi tocca a un manager della comunicazione, il direttore della sezione Approfondimenti della Rai, il giornalista Paolo Corsini, chiamato ad aprire la festa dei giovani di fratelli d’Italia “Atreju”. Ha coordinato il dibattito di apertura, nella quale ha voluto riaffermare la sua militanza politica. Per farlo ha attaccato, regolarmente senza contraddittorio come si conviene a un leader di partito, la segretaria del PD Elly Schlein. Ha parlato proprio come se stesse tenendo un comizio in piena campagna elettorale. Ha aperto il suo intervento pronunziando un imbarazzante “… noi di Fratelli d’Italia …”, ha concluso lo stesso intervento rivolgendo una domanda senza risposta agli astanti, ha chiesto a una platea di militanti di Fratelli d’Italia “… come sta il nostro partito?”.

L’AD della RAI, Roberto Sergio, come si apprende da fonti della stessa azienda, si è immediatamente accorto della gaffe ed è intervenuto evidenziando l’assoluta inopportunità di un simile intervento, chiedendo immediate scuse pubbliche.

Naturalmente Corsini si è subito scusato, ma sottovoce e utilizzando la consueta espressione abusata in questi casi “… sono stato frainteso”.

Per il direttore Corsini, come del resto per tutti gli altri esponenti di questo governo incappati in simili inciampi, dalla Santanché a Donzelli e Del Mastro sono sempre gli altri a non “capire”, non essendo in grado di cogliere le loro grossolane, innocenti sfumature di senso. Corsini si era rivolto, con fare complice, a quelli che considerava suoi giovani camerati. Era da tempo noto che teneva molto a ricordare al mondo della politica la sua storia di militanteancora in servizio attivo … e questo con buona pace del ruolo che ricopre, per il quale dovrebbe garantire la terzietà della narrazione giornalistica.

Il responsabile di Viale Mazzini ha chiesto una relazione urgente sull’accaduto alla direzione del personale e fa intendere di voler valutare se esistono i presupposti per eventuali provvedimenti sanzionatori. Crediamo che non se ne farà nulla e il tempo sarà testimone obiettivo. Intanto si è innescata una prevedibile bufera politica. La direzione del Pd ha emesso un comunicato di fuoco in cui si legge “… non si era mai vista una cosa del genere da parte di un direttore della RAI, si dimetta … ha voluto solo attaccare la segretaria Schlein”.

Cosa ci dice quest’episodio? Sarà solo l’ennesima testimonianza di inadeguatezza di una classe politica non abituata alla gestione democratica del potere? O si tratta solo di un atteggiamento arrogante e violento? È consentito razziare le istituzioni piegando ai propri interessi la maggiore azienda deputata a gestire l’informazione istituzionale?

In un goffo tentativo di giustificare le sue stesse parole Corsini ha detto, attraverso un comunicato ufficiale della Rai “… quando si estrapolano parole dal contesto in cui sono state espresse, si corre il rischio di prestarsi a facili critiche e strumentalizzazioni. In questo quadro mi dispiace davvero che alcune mie frasi abbiano generato fraintendimenti. Nel mio breve intervento introduttivo non c’era ovviamente alcun intento politico o polemico e se qualcuno lo ha così interpretato io mi scuso. Sono un giornalista del Servizio Pubblico e il mio impegno quotidiano, come quello di tutti i miei colleghi, è garantire in ogni situazione autonomia, pluralismo e completezza nell’informazione”. E menomale che pensa questo, ma forse quanto detto vale solo per gli altri giornalisti e dirigenti.

Corsini ha usato più volte il termine “noi” riferendosi ai dirigenti del partito della premier Meloni e si è ripetutamente rivolto all’opposizione e alla sua leader affermando che “… preferiscono occuparsi di come vestirsi e di che colori utilizzare piuttosto che confrontarsi con noi”.

Per concludere ricordiamo che la RAI non ha mandato in onda un programma sulla mafia firmato da Roberto Saviano solo perché lo scrittore napoletano aveva osato criticare pubblicamente l’operato del ministro Salvini.

Sarebbe ora lecito aspettarsi un simile trattamento anche nei confronti del giornalista Paolo Corsini … magari esigendone le dimissioni.

 

 

Walter Di Munzio è psichiatra e pubblicista          

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