STRAGI FALCONE E BORSELLINO / RIEMERGE LA VERA PISTA ‘MAFIA-APPALTI’. ERA ORA!

Vivaddio, si comincia a parlare per la prima volta sul serio della pista ‘Mafia-Appalti’ come vero movente per le stragi di Capaci e di via D’Amelio. Dopo che per anni è stata inutilmente seguita quella della ‘Trattativa Stato-Mafia’ rivelatasi un flop e, soprattutto, dopo anni di Depistaggi di Stato, culminati con i processi farsa ‘Borsellino’ basati sulle dichiarazioni di un pentito ‘taroccato’, letteralmente costruito a tavolino, ossia Vincenzo Scarantino.

Dobbiamo ringraziare l’impegno professionale e la passione civile dell’avvocato FabioTrizzino, marito di Lucia Borsellino, figlia del giudice trucidato in via D’Amelio, per aver ridato vita a quella pista da sempre osteggiata dai Soloni dell’Antimafia, proprio nel corso di due verbalizzazioni-fiume davanti alla ‘Commissione Antimafia’, dove è stata ascoltata anche Lucia. La verbalizzazione di Trizzino, con ogni probabilità, continuerà nei prossimi giorni e susciterà certo altri fiumi di polemiche.

Prima di illustrare l’attacco più feroce e totalmente infondato subito da Trizzino, vogliamo rammentare due passaggi della sua audizione.

Pietro Giammanco con Paolo Borsellino. Nel fotomontaggio in apertura, l’avvocato Fabio Trizzino e, sullo sfondo, la strage di Via D’Amelio, su cui sta facendo luce in Commissione Antimafia.

Il primo concerne “le cose tremende che Borsellino aveva appreso poche ore prima di morire” e la decisione presa di far arrestare, addirittura, il procuratore capo dell’epoca a Palermo, Pietro Giammanco, e a capo di un vero e proprio ‘nido di vipere’, come da molti è stata descritta quella procura.

Poi Trizzino ha chiesto espressamente alla Commissione di acquisire “le annotazioni del diario di Giovanni Falcone, che non sono 14, ma 39”. Un fatto dirompente, perché vuol dire che ci sono appunti, scritti, note firmate da Borsellino prima di essere ammazzato mai venuti finora alla luce. La storia ricalca un po’ l’incredibile mistero che, ancor oggi, circonda l’agenda rossa del magistrato, mai saltata fuori, sparita nel nulla, pur essendo passata per tante mani ‘eccellenti’.

Ma veniamo al furibondo e delirante attacco a Trizzino comparso su ‘Antimafia Duemila’con un editoriale firmato l’8 ottobre dal suo direttore, Giorgio Bongiovanni.

 

L’ATTACCO A CHI VUOLE VERITA’ & GIUSTIZIA

Ecco, fior tra fiore, alcune incredibili frasi messe nero su bianco da Bongiovanni.

Con riferimento all’audizione di Trizzino in Commissione Antimafia: “La sua è stata una rappresentazione della realtà distorta e a tratti depistante su diversi punti”. “Tutto passa dal dossier mafia-appalti come motivo scatenante dell’accelerazione della strage di via D’Amelio”. “In tutti questi anni, e Trizzino si è fatto ‘portavoce’ di questa versione, si è fatto credere che le indagini di quel dossier siano state archiviate in maniera definitiva il 13 luglio 1993”.

Ribadisce per l’ennesima volta: “Ma per il legale, ‘Mafia e Appalti’ è al centro di tutto ciò che accadde nei 57 giorni che separarono la strage di Capaci e di via D’Amelio”.

Le frasi pronunciate da Trizzino vengono bollate senza tanti giri di parole come “elucubrazioni schizofreniche”.

Fabio Trizzino e Lucia Borsellino durante l’audizione in Commissione Antimafia

La ‘Voce’ da trent’anni segue la tragica vicenda delle due stragi, i giganteschi buchi neri della nostra storia repubblicana, due tra i più mostruosi Misteri di Stato, e al tempo stesso i due (ma soprattutto via D’Amelio) più clamorosi Depistaggi di Stato mai verificatisi nella vita giudiziaria del Paese.

Abbiamo sempre seguito la pista ‘Mafia-Appalti’ come vero, autentico movente di quelle stragi.

Inutile ripetersi: in basso vi proponiamo una lunga carrellata di inchieste scritte negli ultimi anni dalla Voce, una piccola parte di un lavoro cominciato, appunto, circa 30 anni fa, quando cercavamo di scavare, con il nostro giornalismo investigativo, sui grandi business legati all’Alta Velocità, il vero bottino di allora, la maxi torta alla quale tutti (politici, imprenditori di riferimento, clan di Mafia-Camorra-‘Ndrangheta, faccendieri d’ogni risma) in quegli anni puntavano.

Antonio Di Pietro. A sinistra, Francesco Pacini Battaglia

Guarda caso, proprio ieri è morto, all’età di 89 anni, Pierfrancesco Pacini Battaglia, l’uomo che tutto sapeva della madre di tutte le mazzette, la Maxi Tangente Enimont, nonché dell’affare TAV; l’Uomo a un passo da Dio, come lo definì il pm che lo ‘gestiva’ all’epoca del pool di Mani Pulite, Antonio Di Pietro.

I tiggì hanno ‘dimenticato’ la notizia, solo un cenno su La7 con tanto di scivolone. Nel brevissimo servizio, infatti, è stato ricordato come Di Pietro sia stato processato, a Brescia, ‘anche’ per il giallo-Pacini Battaglia, e quella frase intercettata, “Mi hanno sbancato”, con riferimento allo stesso Di Pietro e all’avvocato Giuseppe Lucibello. Ebbene: il servizio si conclude con le parole “Di Pietro venne assolto con formula piena da tutte le accuse”. Invece, quella assoluzione fu molto ‘pesante’: perché i giudici scrissero che i fatti imputati non erano rilevanti sotto il profilo penale, ma erano totalmente da censurare sotto il profilo morale, deontologico, professionale.

Cosa “un po’ grave” per un giudice!

Dicevamo, in basso vi forniamo una serie di link: rammentandovi come al solito che per trovare altri articoli e inchieste degli ultimi tempi (che comunque spesso riportano ad altri/e precedenti, ossia degli anni ’90 e 2000) potete  andare alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page e digitare il nome della persona: ad esempio, Francesco Pacini Battaglia, Antonio Di Pietro, oppure quelli dei tanti inquirenti che si sono occupati delle due stragi o, ancora, quello di ‘pentiti’ come Scarantino.

Ma vogliamo ancora fornirvi una basilare chiave di lettura per capire i veri moventi delle stragi e illustrare meglio quella pista ‘Mafia-Appalti’ di cui ha sempre parlato la famiglia Borsellino (i fratelli Lucia, Fiammetta, Manfredi e l’avvocato Trizzino).

Il libro di Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato

E’ contenuta tra le pagine bollenti di un libro che tutti gli italiani, oggi, pur a tanti anni dalla sua uscita, nel 1999, dovrebbero leggere per decodificare tanti misteri: “Corruzione ad Alta Velocità” firmato da Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato, un grande magistrato e un grande giornalista che per anni hanno firmato inchieste al calor bianco per la Voce. Tra l’altro, Provvisionato è stato tra i primi a ‘capire’ e ‘denunciare’ il taroccamento di Scarantino con splendidi interventi che ritrovare nell’archivio Voce.

Passiamo quindi allo choccante ‘Corruzione ad Alta Velocità’ che dedica parecchio spazio al dossier ‘Mafia-Appalti’, lo indica come movente base per le stragi e poi ne racconta delle belle sull’insabbiamento della maxi inchiesta sul TAV.

Di seguito, quindi, riportiamo alcuni passaggi salienti di quell’imperdibile ricostruzione griffata Imposimato-Provvisionato.

 

QUEL DOSSIER ‘MAFIA-APPALTI’

Gli autori parlano di due rapporti investigativi, uno redatto dallo SCO della polizia, “86 cartelle fitte di schede, nomi, fatti e inestricabili grovigli societari” e l’altro, ben più ponderoso (890 pagine), elaborato dal ROS dei carabinieri.

Scrivono a pagina 62: “Il contenuto di quelle due indagini era finito sul tavolo dell’allora procuratore aggiunto di Palermo Giovanni Falcone. In quei rapporti spiccavano nomi di mafiosi del calibro di Angelo Siino, indicato come ‘il proconsole di Totò Riina’, l’uomo di cosa nostra nel settore degli appalti, nonché quelli di aziende di importanza nazionale, come la Rizzani De Eccher, la Saiseb e la Fondedile”.

E’ nel rapporto dello Sco che compare, per la prima volta, il nome della ‘Calcestruzzi spa’che fa capo alla holding ravennate di Raul Gardini.

Una conferma, per Falcone, che – rammentiamolo – nel 1989, quando il titolo Ferruzzi sbarcò a piazza Affari, esclamò: “Adesso la mafia entra in Borsa…”.

Giovanni Falcone

Scrive Imposimato: “Confesso che alla lettura di quelle pagine mi si rizzarono i capelli in testa. Il rapporto dello Sco non faceva che arricchire di nuovi elementi un altro delicatissimo dossier, quello preparato dal Ros di Palermo. Possibile che partendo da lavori nelle opere pubbliche che stavano avvenendo nel 1994 si arrivasse alla mai pienamente disvelata tangentopoli siciliana, forse il vero nodo delle stragi di Mafia del ’92? Possibile che la progettazione e la costruzione di una linea ferroviaria di interesse europeo avesse collegamenti con quanto era avvenuto e stava continuando ad accadere nella Sicilia degli appalti mafiosi?”.

Così ricostruisce il puzzle Provvisionato: “I fatti cui si riferisce Imposimato attraversano ben otto anni della nostra storia più recente. Tutto ha inizio nel febbraio del 1991, quando il capitano Giuseppe De Donno, in servizio al Ros di Palermo, consegna alla magistratura del capoluogo siciliano un dossier intitolato ‘Mafia e appalti’. Nel luglio del ‘91 scattano i primi arresti: finisce in manette un imprenditore del quale si sottovaluta lo spessore, Angelo Siino. (…) Con lui finiscono sotto inchiesta altri personaggi noti nel mondo degli appalti siciliani, tra cui Giuseppe Li Pera, rappresentante in Sicilia di una ditta friulana, la Rizzani De Eccher, oltre ad altri imprenditori laziali e veneti. Dovrebbe essere questo l’avvio della tangentopoli siciliana. Così non sarà”.

La ricostruzione è lunga, minuziosa e dettagliata. Ma va riportata e letta d’un fiato.

Sandro Provvisionato

“Nell’ottobre dell’anno successivo, proprio mentre i carabinieri consegnano alla magistratura un nuovo rapporto che amplia il precedente e mentre il processo Mafia-appalti è in pieno svolgimento, ecco il colpo di scena: la Procura di Catania invia a quella di Palermo un fascicolo di indagini preliminari, scaturite dalle confessioni di un imputato al processo di Palermo. Si tratta di Giuseppe Li Pera, il geometra che ha deciso di vuotare il sacco. La stranezza sta nel fatto che, non fidandosi – a suo dire – dei magistrati palermitani, Li Pera da cinque mesi sta parlando con lo stesso ufficiale dei carabinieri autore del rapporto ‘Mafia e appalti’, il capitano De Donno, e con un sostituto procuratore di Catania, Felice Lima. Oltre a svelare il meccanismo degli appalti truccati, che coinvolgono politici e mafiosi vicini ai corleonesi dell’allora latitante Totò Riina, Li Pera ha fatto anche il nome di cinque magistrati del capoluogo siciliano, che avrebbero avuto riunioni con gli avvocati difensori di suoi coimputati, prima ancora degli arresti, ai quali sarebbe stato consegnato da uno di loro una copia del rapporto del Ros, per concordare una linea processuale. Lima invierà la parte delle dichiarazioni di Li Pera, contenente le accuse ai magistrati di Palermo, alla Procura di Caltanissetta, competente ad occuparsi dei reati commessi dai magistrati in servizio nel capoluogo”

E continua: “Il 22 aprile del 1993 la Procura di Caltanissetta chiede al gip di archiviare l’inchiesta a carico dei cinque magistrati palermitani per manifesta infondatezza dell’accusa. Ma il clima ormai è avvelenato dentro e fuori il palazzo di giustizia di Palermo”.

“Il dato singolare è che nel 1995, cioè a distanza di tre anni da questi avvenimenti, Imposimato torni ad inciampare in alcune di quelle stesse società oggetto delle attenzioni – secondo Li Pera – della magistratura palermitana. Ed è anche singolare che sulla sua scrivania finisca un rapporto – quello dello Sco – che, trattando dell’oggi, riguarda ancora fatti di ieri. In sostanza, si afferma che nell’Alta Velocità ci sono anche società, come la Calcestruzzi, accusate di essere controllate da Cosa nostra. Come se dopo indagini, rapporti, inchieste e processi nulla fosse cambiato. E il sistema degli appalti si fosse bellamente solo spostato dalla Sicilia verso nord, in Campania e in altre regioni”.

Ci avviamo alle conclusioni: “Un’altra cosa curiosa è che quell’inchiesta contro i magistrati di Palermo, già archiviata a Caltanissetta, riemerga nel 1997. E questa volta ad opera di quello stesso capitano De Donno, autore del primo rapporto ‘Mafia e appalti’. A fare da sfondo a questa improvvisa resurrezione di una inchiesta ormai conclusa c’è una guerra senza esclusione di colpi tra la Procura di Palermo e il Ros dei carabinieri. Ma c’è anche un possibile scenario che vedrebbe in primo piano proprio il mai sconfitto sistema degli appalti, nel quale sarebbe maturata almeno una delle stragi che insanguinarono il 1992: quella in cui morì, 57 giorni dopo Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, quasi ossessionato, nei giorni precedenti la sua tragica fine, proprio da quel dossier, il dossier ‘Mafia-appalti’. Ma i sospetti contro i pm di Palermo vengono ancora una volta dichiarati infondati dal gip di Caltanissetta”.

 

A seguire, la ‘sfilza’ di nostri link.

 

 

LINK VOCE

IL DOSSIER “MAFIA-APPALTI” / PERCHE’ E’ STATA INSABBIATA LA VERA PISTA DELLE STRAGI FALCONE E BORSELLINO?

 

 

IL DOSSIER “MAFIA-APPALTI” / LA CHIAVE PER CAPIRE LE STRAGI DI CAPACI E VIA D’AMELIO

 

 

BORSELLINO / IL MOVENTE “MAFIA-APPALTI” & TAV INSABBIATO E LO SPATUZZA DIMENTICATO PER 21 ANNI  

 

 

MAFIA E APPALTI / IL VERO MOVENTE DELLE STRAGI CHE L’ANTIMAFIA DI PALAZZO VUOLE RE-INSABBIARE

 

 

STRAGI FALCONE E BORSELLINO / “MAFIA E APPALTI” IL MOVENTE. ALTRO CHE TRATTATIVA !

 

 

DEPISTAGGIO BORSELLINO / IL DURISSIMO J’ACCUSE DELL’AVVOCATO FABIO TRIZZINO

 

 

“MAFIE & APPALTI” / COME MAI TUTTE LE INCHIESTE FINISCONO IN FLOP ?

 

 

LE STRAGI DI FALCONE E BORSELLINO / SI ALZI IL SIPARIO SUI DEPISTAGGI DI STATO! 

 

 

TRATTATIVA STATO-MAFIA / OTTIMA E ABBONDANTE PER INSABBIARE LA “PISTA APPALTI”

 

 

DEPISTAGGIO BORSELLINO / NINO DI MATTEO, L’INTOCCABILE

 

 

NINO DI MATTEO / TUTTE LE BUFALE SUL DEPISTAGGIO BORSELLINO

 

 

CARMELO PETRALIA / LA “SCENEGGIATA” AL PROCESSO PER DEPISTAGGIO SULLA STRAGE DI VIA D’AMELIO

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