Sullo sfondo della tragedia, che è costata vita a Mario Rega, un mare di dubbi sulle dinamiche di quanto ha preceduto l’assassinio e la domanda finora inevasa sul nome di chi ha ordinato ai due carabinieri di intervenire in borghese. Ma domina l’iter delle indagini l’immagine, pubblicata, di uno dei due ragazzi americani seduto davanti alla scrivania di un carabiniere (un altro è in secondo piano), con le manette ai polsi, dietro la schiena, piegato in due e con gli occhi bendati. Sul caso, che ha suscitato indignazione in chi ha rispetto per comportamenti civili anche nei confronti degli assassini, è eticamente esemplare l’intervento di Pietro Grasso, senatore, ex magistrato. Ha ricordato di aver sempre rispettato il ruolo di rappresentante dello Stato: “Quando arrestammo Bernardo Provenzano, o quando interrogai Giovanni Brusca, mi trovai davanti uomini che avevano commesso stragi, fatto uccidere colleghi e amici, progettato il mio omicidio e il rapimento di mio figlio. Potete immaginare il mio stato d’animo. Ho combattuto quei criminali senza abbassarmi mai al loro livello. A Bernardo Provenzano, catturato dopo 43 anni di latitanza, la prima cosa che chiesi fu se avesse bisogno di qualcosa. Era urgente praticargli un’iniezione per curare la sua malattia e rapidamente trovammo il modo di fargliela. Dimostrammo la differenza tra noi e loro. Non ci si abbassa mai, senza eccezioni, al livello dei criminali che si combattono”. Il ‘post’ si conclude con una frecciata a Salvini: “La foto di cui tutti parlano è la prova di due reati, e diventerà un’arma in mano ai difensori dell’assassino. Infanga il lavoro di migliaia di Carabinieri. Chi rappresenta lo Stato non deve farlo. Chi fa il Ministro della Repubblica non deve giustificarle, come hanno fatto Gian Marco Centinaio e Matteo Salvini. Chi come la Lega lancia un sondaggio su Facebook per aizzare gli istinti più bassi dei cittadini non ha alcun senso dello Stato”.
L’abbiamo già dimenticato? I primi dispacci di agenzia sul caso del carabiniere assassinato, attribuivano l’omicidio a due “afroamericani”, quasi fosse impossibile che gli autori fossero bianchi e di ceto sociale elevato. Che delusione per la Lega scoprire chi fossero realmente.
Tale Jerry Cala, guitto in auge negli anni dei film trash a sfondo erotico-umorista, tra una comparsata e l’altra nei programmi pomeridiani di Rai 1 e Rai 2, ha esternato il seguente pensiero: “Lavora solo chi è di sinistra”. La denuncia, riscritta correttamente sarebbe: “Una statistica, per quanto sommaria, attesta che effettivamente il mondo dello spettacolo e della cultura è della sinistra. Attori, registi, cantanti, scrittori di destra sono rari come le mosche bianche”. Se ne faccia una ragione il buon Calà.
Se la sua recriminazione è una gag non fa ridere nessuno. Se è il lamento di uno sconsolato attore da avanspettacolo, genere da tempo in disuso, se la prenda con se stesso per non aver oltrepassato professionalmente il genere di film trash, che attira le massaie (beninteso, con tutto il rispetto per la loro benemerita missione domestica). Se è un trucco per ingraziarsi il potere gialloverde che invade anche il mondo dello spettacolo stia sereno: prima o poi il sodalizio Di Maio-Salvini lo gratificherà per il suo attacco alla sinistra e avrà spazi e gloria com’è accaduto alla neo leghista Lorella Cuccarini, eletta conduttrice di un programma Rai di successo e a Roberto Paoletti, leghista, amico di Salvini, ex direttore di radio Padania, successore di Franco Di Mare, premiato con la vice direzione della rete1 in quanto folgorato sulla via dei 5Stelle. O com’è accaduto a uomini di vertice della Rai per l’appartenenza a Lega e 5Stelle. A Calà risponde con sarcasmo Anna Rita Leonardi, dirigente del Pd: “Quella sottospecie di comico fallito ci dice che il cinema non lo vuole perché non odora di sinistra. Tranquillizzatelo. Il cinema non lo vuole, semplicemente, perché è un cretino senza talento”.
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