EDITORIA / ARIECCO IL RIFORMISTA GRIFFATO ALFREDO ROMEO

Ariecco il Riformista. Torna in pista il quotidiano arancione ideato da Claudio Velardi, l’uomo che nei tempi d’oro “sussurrava” a Massimo D’Alema.

Ed è lo stesso, inossidabile Velardi che tesse la nuova tela: è lui, infatti, il regista dell’incontro tra il direttore in pectore, Piero Sansonetti e l’editore pronto a scendere in campo, il re del multiservice Alfredo Romeo.

Piero Sansonetti. Sopra Claudio Velardi e, a destra, Alfredo Romeo

A dare la notizia proprio l’ex direttore di Liberazione e del Dubbio. In un’intervista al Corriere della Sera spiega che “il Riformista guarda a un’area di centrosinistra e riformista, appunto, che non vuole essere dominata dalla paura, dall’astio verso gli altri, dalla vergogna della ricchezza”.

Uno dei temi forti sarà “il complesso di inferiorità della sinistra che sa inseguire solo la destra o la magistratura”. A proposito di giustizia, “il Riformista non pubblicherà mai le intercettazioni captate con il trojan e il garantismo varrà per tutti, per i re e per i rom, come mi ha assicurato l’editore”.

 

RIFORMISTA STORY

Velardi socio fondatore, in compagnia di Antonio Polito: entrambi ex comunisti, entrambi napoletani (e guarda caso anche il casertano Alfredo Romeo, da giovane, aveva in tasca la tessera del Pci). Ma nella prima formazione societaria, siamo nel 2002, entra subito la famiglia Angelucci a bordo della Tosinvest: è la dinasty che fa capo al re della sanità Giampiero Angelucci, poi tra le fila di Forza Italia. Tosinvest acquista il 49 per cento delle azioni, per poi comprare l’intero pacchetto nel 2006.

Un anno di snodo, il 2006, per le vicende del Riformista.Polito deve lasciare la poltrona di direttore perché alle politiche è stato eletto issando il simbolo della Margherita.

Gli subentra Stefano Cingolani, il quale però resta in sella solo pochi mesi, visto che addirittura a giugno 2006 passa il testimone a Paolo Franchi, firma del Corsera

Stefano Cingolani

Come mai un ribaltone così improvviso? Perché il nome di Cingolani finisce nel calderone della maxi inchiesta sui dossieraggi dei Servizi Segreti quando al vertice sedeva Nicolò Pollari, affiancato dal fedelissimo Pio Pompa. Indagando sul rapimento dell’iman Abu Omar, i magistrati milanesi (in prima fila Armando Spataro) scoprono casualmente il super archivio del Sismi in via Nazionale, a Roma, dove sono custoditi centinaia e centinaia di dossier su magistrati, giornalisti, politici che “davano fastidio” e andavano “attenzionati”, perché potenzialmente “ostili” al governo dell’epoca targato Berlusconi.

Era Pio Pompa a confezionare i dossier sui “nemici” (uno di essi venne dedicato proprio alla Voce, ritenuta una sora di “cupola” della disinformazione e trait d’union con ampi settori della magistratura!) e per svolgere questo delicato compito si avvaleva della collaborazione di alcuni giornalisti con i quali era in continuo contatto. Pompa di volta in volta chiedeva di “pompare” – è il caso di dirlo – alcune notizie, e in non pochi casi di redigere anche dossier e memorie per il suo ufficio.

Il più gettonati, tra i giornalisti, l’agente Betulla, ovvero Renato Farina, oggi firma di punta di Libero: Farina venne radiato e poi reintegrato dall’Ordine, ma non ha mai subito conseguenze penali, come del resto tutti gli altri giornalisti.

Fra cui Oscar Giannino, Andrea Purgatori e, appunto, Cingolani. Il quale, nel periodo bollente della direzione al Riformista, trova il tempo di tenersi a strettissimo contatto con l’amico Pompa. Nei fascicoli d’inchiesta milanesi, ad esempio, tra il 24 e il 27 maggio 2006 risultano ben nove telefonate intercorse tra i due.

Italo Bocchino

E anche appena lasciata la direzione continuano a sentirsi. Come il 7 giugno, quando parlano di Franchi che ha appena preso il suo posto. Cingolani, nella conversazione, si lamenta di un articolo del Foglio, “E poi, perché arriva Franchi qui e chi… chi lo vuole… chi l’ha sostenuto… l’operazione è quella che dicevo io… Macaluso e Napolitano”.

Due giorni dopo, il 9 giugno. Pompa: “C’abbiamo un sacco di cose da fa’, ma proprio tante”. E Cingolani: “la prossima settimana tratto l’uscita… vabbe’, queste cose le scriveremo altrove… diciamo che di economia sto a posto e di esteri, di sicurezza, so’ una firma, bisogna trovare un luogo dove scrivere”. Pompa: “Non ti preoccupare, hai capito?”.

Ma torniamo alla story del quotidiano. Che gli Angelucci comprano in toto, pur essendo i proprietari anche di Libero. Ed è per questo motivo che devono restituire i contributi per l’editoria di due anni, quando erano titolari di entrambe le testate, circostanza espressamente vietata dalla normativa (cioè non si possono prendere i contributi pubblici con due testate).

Chiude battenti, il Riformista, con la direzione affidata ad Emanuele Macaluso,nel 2012.

Ora sulle ali di Alfredo Romeo torna a volare, prima attraverso un sito che viene inaugurato a breve, il 20 luglio, poi da settembre il ritorno in edicola. A garantire il prodotto la grande esperienza giornalistica e professionalità assicurata da Piero Sansonetti.

 

I MULTISERVICE GRIFFATI ROMEO

L’uomo di tanti appalti, di tanti bandi pubblici vinti, di tante gare aggiudicate e anche di tanti misteri, Romeo. Uscito indenne, dopo una condanna in primo grado, da un lungo processo napoletano, dove faceva capolino anche la figura di Alfredo Vito, mister centomila, il re delle tessere a Napoli negli anni gloriosi della balena bianca. “Una vera cavalletta”, lo etichettò Romeo, stanco delle continue richieste clientelari del ras dello scudocrociato.

Poi protagonista nella maxi vicenda Consip, Romeo. Con la grande centrale di acquisti pubblici sempre al centro delle polemiche. Scrive Repubblica del 6 luglio: “10 miliardi è il volume delle gare incagliate alla Consip. Si tratta di 26 procedure che riguardano tutto il settore del cosiddetto facility management, ovvero quei servizi che vanno dalle pulizie alla manutenzione fino alla sicurezza, da tempo ormai offerti in maniera integrata”.

Un settore investito da continue inchieste, da ricorsi al Tar, controricorsi, chiacchierate sentenze del Consiglio di Stato.

A proposito dei ricorsi, scrive Repubblica: “Un centinaio almeno, negli ultimi sette anni. Di cui una buona fetta presentati da Manutencoope Romeo Gestioni”, i due pezzi da novanta nel settore.

A proposito di maxi appalti, proprio Romeo Gestioni ha appena messo a segno un colpo grosso a Napoli. Ecco cosa scrive il Mattinodel 4 maggio scorso: “Dopo un limbo di 15 anni e ripetute proroghe per pulizie, disinfestazione sempre a 2-3 sigle, l’ASL Na 1 assegna il servizio di sanificazione di tutti i suoi ospedali (compreso l’Ospedale del Mare) alla Romeo Gestioni spa. Il colosso è il vincitore dei 2 lotti del bando di gara istruito a giugno 2018 dall’ex manager dell’Asl Mario Forlenza”.

Precisa il Mattino: “Una gara partita in concomitanza con la vicenda delle formiche al San Giovanni Bosco (finito sotto inchiesta giorni fa perché controllato dalla camorra, ndr). Sbaragliata la concorrenza di 16 aziende, tra cui Cascina Global Service, Coopservice, Dussmann Service, Manital, Diemme scarl, Tre Fiammellee altre”.

E poi: “Superata l’anomalia sia per l’eccessivo ribasso che per la parte tecnica. Il gruppo Romeo, quindi, torna negli ospedali, a 4 anni dal caso giudiziario esploso a Napoli e finito con la vicenda Consip a Roma. Tutto cominciò con le intercettazioni per gli appalti del Cardarelli”.

Intercettazioni che, promette Sansonetti, non verranno mai pubblicate dal prossimo Riformista. Resta da chiarire un “dubbio”, troyan a parte: neanche quelle di possibile, grosso significato sotto il profilo economico, come è proprio nel caso degli appalti? E neanche sotto quello politico?

Gianfranco Fini

Staremo a vedere e, soprattutto, a leggere. E resta da vedere anche quale ruolo potrà mai avere nel futuro Riformistaun giornalista del “calibro” di Italo Bocchino,per anni al timone del quotidiano partenopeo “il Roma”, a lungo finanziato dall’ex suocero Eugenio Buontempo (ricordate la “sinistra ferroviaria” ai tempi di Claudio Signorile?).

Per anni fido scudiero di Gianfranco Fini (ancora in attesa di giudizio per la sceneggiata di Montecarlo, dove l’imputazione è però da novanta: riciclaggio internazionale), Bocchino è passato armi e bagagli proprio alla corte di Romeo, come responsabile delle pierre: ottimo l’ingaggio, oltre 10 mila euro mensili, come è emerso dalle carte dell’inchiesta Consip.

Forse adesso è arrivata l’occasione per mettere in campo tutta quella grande abilità di comunicatore…

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