Domani 28 settembre riprenderà il processo ai vertici bancari di Ubi-Banca, iniziato nel 2012 dopo gli esposti denunce inviati alla Procura di Bergamo da parte di Adusbef e dell’azionista Giorgio Jannone, con le ipotesi di reato contestate dal Pm Fabio Pelosi (controfirmate dal procuratore Walter Mapelli), di aver «consapevolmente ostacolato le funzioni delle autorità di vigilanza Consob e Banca d’Italia»; omesso di comunicare alle autorità di vigilanza» il presunto patto parasociale che avrebbe garantito il controllo di Ubi tra le associazioni dei soci di Brescia («Ablp») e Bergamo («Amici di Ubi» ad una parte dei 30 imputati più la banca, tra i quali Andrea Moltrasio, Giovanni Bazoli, Mario Cera, Emilio Zanetti, il ceo Victor Massiah, ed illecita influenza nell’assemblea del 20 aprile 2013 in cui vinse la Lista di Moltrasio.
Ne dà notizia il presidente di Adusbef Antonio Tanza. Che così prosegue.
Una situazione ai confini della realtà, di una banca che attraverso una gestione non corretta, ha distrutto valore, come acclarato dalla la stessa procura che mette nero su bianco una gestione “patronale e familistica”, dell’istituto di credito da parte dei suoi organismi di vertice, palesatasi in una lunga serie di operazioni, anche illecite, in palese conflitto d’interesse diretto e indiretto, con operazioni che hanno direttamente danneggiato la Banca stessa e i suoi risparmiatori, favorendo gli interessi personali dei suoi vertici indagati per i reati di: associazione a delinquere; frode fiscale; truffa; riciclaggio; autoriciclaggio; falso ideologico, violazione della normativa sul conflitto d’interessi: influenza illecita sull’assemblea; utilizzo indebito di informazioni riservate (insider trading).
La procura di Brescia contesta agli imputati di aver voluto mantenere il controllo della Banca tra soggetti predefiniti, mediante un accordo occultato alle istituzioni di vigilanza e quindi al mercato, a conferma che il mantenimento della gestione della banca non era fine a se stesso, ma finalizzato ad una gestione indebita e priva di regole, che ha oltretutto determinato risultati economici devastanti per tutti i soci (circa 80.000) e i risparmiatori rimasti, loro malgrado, coinvolti.
Una gestione fraudolenta del credito e del risparmio, finalizzata a preservare potere e vantaggi personali, a danno di azionisti, lavoratori di UBI banca e della stabilità del sistema creditizio ed economico nazionale, che richiede di adottare (nonostante la Banca d’Italia non si sia costituita parte civile, diversamente dalla Consob) l’ipotesi di rimozione immediata dei vertici di UBI Banca, ai sensi dell’articolo 26 del Testo unico bancario, in tema di requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali delle banche.
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