Regione Campania, scoppia la polemica sul nucleare. Entro il 15 marzo l’Enea dovrà scegliere il sito dove localizzare il polo della ricerca sulla fusione nucleare e una serie di infrastrutture, un’area di 20 mila metri quadrati per un investimento da 500 milioni di euro e capace di dare occupazione – secondo le faraoniche previsioni dei promotori – addirittura a 1.500 addetti, in gran parte ricercatori appena usciti dall’università. In corsa per l’aggiudicazione del bando, oltre alla Campania, anche il Lazio, il Piemonte e l’Emilia Romagna. Il governatore Vincenzo De Luca parla di due possibili location: Napoli e la sua Salerno.
Si tratta, per la precisione, di un impianto DTT, acronimo di Divertor Totamak Test. Entro il 30 novembre dovrebbe partire la realizzazione del sito che prevede – come dettaglia una delibera regionale – “sala compressori, zona alimentazione elettrica, impianti di riscaldamento, deposito materiale da smaltire”.
La Regione dovrebbe investire nel progetto appena 25 miloni, 160 milioni arrivano dallo Stato, 60 da Eurofusion e addirittura 30 dalla Repubblica popolare cinese, partner economico e scientifico di tutta l’operazione. In cui dovrebbero essere coinvolte in primis le università ma anche centri pubblici e privati di ricerca. Insomma un bella fusion.
Sul piede di guerra i grillini e Legambiente. “Questo progetto – accusano – è costoso, ingombrante e niente affatto pulito”. La 5 Stelle Marì Muscarà incalza: “I campani hanno diritto ad essere informati se sul loro territorio si decide di dirottare soldi e ricerca non verso le energie sostenibili ma verso ricerche sperimentali che forse saranno utili nel 2050”.
Tutto ok, ovviamente, per il Pd: “non si deve confondere un polo di ricerca con una centrale nucleare. Abbiamo il dovere di provarci. Non si può negare alla Campania di poter ottenere posti di lavoro per ricercatori universitari che oggi sono precari”.
La Campania è già alle prese con un grosso bubbone nucleare. Si tratta della dismissione, appena cominciata dopo decenni di attesa, della centrale del Garigliano, il cosiddetto decommissioning. Fino ad oggi è stata smantellata solo la torre più alta ma il ‘cuore’ atomico è ancora tutto lì.
E il carrozzone pubblico targato Sogin non ha ancora individuato la sede del gigantesco deposito – che nessuno ovviamente vuole ospitare – in cui convogliare le scorie di tutte le centrali italiane.
Non pochi studi scientifici attestano tassi di mortalità per cancro più elevati – nella zona dell’alto casertano, lungo tutto il litorale domizio e fino al golfo di Gaeta – rispetto alle medie nazionali. E in Campania, a poca distanza, c’è anche il dramma della Terra dei Fuochi…
Nella foto Marì Muscarà
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