En attendant…(aspettando) il 4 marzo

L’attacco a Renzi muove su tutti i fronti della disputa politica, che in vista del 4 Marzo, assume toni accesi e spara cazzate a destra, a manca nella gara delle promesse impronunciabili, perché senza copertura finanziaria. La crocefissione del segretario Dem ha come mandanti i Ponzio Pilato del dissenso interno al Pd, evidentemente malato di debolezza congenita, al punto di non trovare l’energia politica per contrastare Renzi sul terreno ideologico e la capacità di aggregare nuclei consistenti di oppositori. Le minoranze (al plurale, perché disomogenee, capeggiate da contestatori di multiforme estrazione e convinzione), hanno trovato coesione nell’erodere il consenso alla maggioranza renziana con le dinamiche dei voto contrario, pregiudiziale, a ogni atto del governo di centrosinistra. In corso uno tra molti eventi omologabili hanno unito il loro “no” a quello delle destre. Risultato? Per esempio è in piedi il nefasto bicameralismo, il doppione Camera-Senato, che rende infinito il tempo di approvazione delle leggi per il ping-pong Montecitorio-Palazzo Madama, è sopravvissuto il Cnel, improduttivo mangiasoldi e il Parlamento ha partorito una legge elettorale più che imperfetta. Nel frattempo, lo dice l’Europa, l’Italia ha messo alle spalle il buio di una crisi che sembrava insuperabile e può esibire un Pil in crescita, un milione di occupati in più. Tutto ok? Assolutamente no. Al renzismo si possono, anzi si devono imputare inaccettabili tendenze liberiste: maggiore contiguità con il pianeta imprenditoriale a scapito del mondo del lavoro, disinvolte disponibilità ad alleanze estranee alla sinistra, indolenza nel riannodare il filo spezzato del rapporto con le minoranze interne, l’anomalia di presenze all’interno del Pd di provenienza e formazione centrista, ombre su contiguità ambigue con il territorio minato delle banche. Ma il dissenso interno ha usato come mezzo di contrasto la scissione, strumento che la storia della sinistra storica ha sperimentato con una serie di insuccessi, ha abusato del “no” a prescindere, cioè a qualunque iniziativa parlamentare della maggioranza. Così la frammentazione della sinistra, fino al culmine del masochismo, con la nascita di Liberi e Uguali, affidato al povero Grasso, pesce fuor d’acqua, nominato dal corpo guastatori dietro cui trama D’Alema.

Tutto qui? C’è che l lotte intestine degli ex comunisti e dei loro nuovi aggregati hanno agevolato i veri oppositori del Pd. Salvini, Meloni, Berlusconi, i media della loro orbita, hanno sparato ad altezza uomo e non solo loro. Un esempio di boicottaggio da sinistra è ad esempio il settimanale l’Espresso, soprattutto nell’ultimo giro di valzer dei direttori. Il neo eletto Marco Damilano prosegue la demolizione di Renzi iniziata con l’occupazione pregressa di talk show televisivi, accolta con somma soddisfazione dai media presidiati dalla destra, dal qualunquismo di Travaglio e soci, dal “Fatto”, dai neofascisti.

In poche parole: lo stato confusionale della sinistra da patologia politica in fase acuta è diventato cronico. Sbandate, idee disfattiste, dominio di interessi personali, giochi di potere autodistruttivi, alla quasi vigilia del 4 marzo somigliano molto alla depressione che porta al suicidio. Ad assistervi, non caritatevolmente, si mescolano in totale subcoscienza i Renziani e i loro anti. Chiesto a persona autorevole “Meglio ritrovare l’unità della sinistra o un ritorno all’opposizione, ma con il rischio di fare il gioco di Salvini e Di Maio?” La risposta, lapidaria, masochista, è stata “Meglio all’opposizione”. A perfezionare il disastro manca solo il matrimonio post elettorale di Di Maio con Salvini.

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