Pentirsi del pentimento. Succede se di mezzo c’è Di Battista

Recito il confiteor, cospargo il capo di cenere, che di suo è già tendente con brio al bianco ed ammetto: ieri, ho forse peccato di antigrillismo, per aver dubitato della dichiarazione di onestà del baldo Di Battista che rifiuta il bis elettorale e la pensione di deputato (mille euro mensili ai 65 anni), con il nobile obiettivo di dedicare tempo al figlioletto e assecondare la vocazione letteraria. A proposito, perché ai 65? Frequentare il parlamento è forse assimilabile ai lavoratori esenti da surplus di attività dopo una vita di fatica usurante?

Con cattiveria ho supposto che mancando alcuni decenni all’età pensionabile e forse impedito a rinunciare tanto tempo prima, il Di Battista poterebbe aver bleffato per fare bello se stesso e il Movimento grillino. Oggi cancello d’un balzo il pentimento, il mea culpa e torno antigrillino arciconvinto: il giovanotto, che dice di aver scelto la vita, camuffa con furbizia pentastellata l’asso nella manica che potrebbe esibire in concomitanza con la paventata condanna di Virginia Raggi, sindaca di Roma sotto processo. Destituita l’inconsistente e pasticciona collega, il Di Battista per i 5Stelle sarebbe l’erede naturale da insediare sul Campidoglio. Chissà se si percepisce la sottigliezza, la lungimiranza che legittima la previdente uscita dallo scenario di Montecitorio di uno dei delfini del comico genovese. Chi vivrà, vedrà.

Molto si è detto, con rammarico e sofferenza del terno al lotto vinto proditoriamente da Amsterdam che fra testa e croce ha scelto bene, tanto da mettere in cassa un paio di miliardi di euro, pari all’investimento destinato alla città europea del farmaco. Eh sì, Milano ha perso lo spareggio con la metropoli olandese, è stata sconfitta dall’esito della maligna monetina. Francamente? E’ inutile prendersela con la cattiva sorte. L’Italia, concorde con i Paesi della Comunità, ha votato sì al regolamento, che in caso di parità di consensi avrebbe assegnato il mandato come fanno gli arbitri di calcio prima del fischio d’inizio per far scegliere se dare il calcio di avvio o la metà campo dove schierarsi per i primi 45 minuti. L’incredibile decisione pilatesca dell’Europa è un atto di codardia politica dei suoi membri, un fuga dalla responsabilità di decidere valutando pregi e limiti delle due contendenti. Ne parla anche Michele Serra nella rubrica quotidiana sulla rigenerata Repubblica (non più in prima pagina).

Un parere personale, da antico lettore del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari: La prima pagina è graficamente sbilanciata, per fare l’abitudine a variazioni di impaginazione e contenuti dovrà passare molta acqua sotto i ponti e i caratteri delle pagine a cura delle redazioni periferiche sono francamente brutti. Mario Calabresi, che firma nel paginone 2/3 un’intervista con Mariano Rajoy, presidente spagnolo, disserta in prima pagina sui perché del restyling: “Perché lo avete chiesto voi lettori”. Sarà ma di certi sondaggi è bene diffidare.


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