E’ finita l’epoca dei pizzini. Adesso per comunicare dalle carceri i boss usano micro pen drive.
Lo stanno accertando gli agenti della polizia penitenziaria in Campania.
Un traffico che fino ad oggi non ha incontrato particolari resistenze per un sempice fatto: gli scanner nelle carceri sono molto vecchi, per cui non riescono ad individuare i minuscoli apparecchi elettronici in occasione delle visite dei parenti.
Le micro pen drive, quindi, riescono a passare, e i detenuti riescono a leggerne il contenuto durante i corsi scolastici previsti.
La stessa operazione avviene in uscita, durante i rituali colloqui. Un meccanismo, dunque, perfettamente oliato e tecnologicamente raffinato.
Pochi giorni fa, nel carcere di Fuorni, vicino Salerno (nella foto), nel corso di una perquisizione sono stati trovati due archivi digitali, con tanto di micro sim e cellulari.
Un altro carcere dal densissimo traffico telematico è quello di Airola, nel beneventano, dove si trova il carcere minorile in cui vengono ospitati parecchi baby boss. E anche qui l’ultima perquisizione ha portato a parecchie scoperte informatiche, informazioni digitali che sono tranquillamente passate per mesi, senza subire alcun controllo.