FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DI ATLETICA, E’ MAFIA / DAL DOPING RUSSO AL GIALLO DI ALEX SCHWAZER

Regolarmente oscurato dai media italiani, il caso Schwazer esplode sui giornali stranieri, in particolare tedeschi e francesi, che tirano in ballo le pesantissime responsabilità della Federazione Internazionale di Atletica, la IAAF, descritta come una vera e propria piovra mafiosa. I cui tentacoli riescono a condizionare le azioni della WADA, l’organismo che sulla carta dovrebbe contrastare l’uso del doping nell’atletica; e perfino le decisioni delle autorità giudiziarie tedesche, oggi impegnate in un incredibile braccio di ferro con quelle italiane, per via delle famigerate provette con le urine del marciatore altoatesino che servono per effettuare la prova-regina, quella del DNA.

Insomma, un vero giallo internazionale con tutti gli ingredienti del caso. Affari a molti zeri, il doping che domina incontrastato nell’atletica e non solo, i signori dello sport che fanno capo alla Iaaf a tenere le fila del gioco milionario, chi dovrebbe controllare come la Wada è colluso, coloro i quali denunciano le combine e il malaffare, ad esempio Alex Schwazer e il suo preparatore atletico, Sandro Donati, vengono regolarmente crocifissi.

Partiamo dagli ultimi sviluppi della vicenda per poi passare alle due notizia bomba in Germania e in Francia.

L’ENNESIMA ROGATORIA DI BOLZANO

Prima di partire per le ferie, il gip della procura di Bolzano, Walter Pelino, ha inviato una nuova rogatoria internazionale al collega tedesco per poter ottenere sia la provetta A che la provetta B, necessarie per poter effettuare il test del DNA, a sua volta da affidare al laboratorio più affidabile, quello dei RIS di Parma.

Tutto ciò in seguito all’invio, da parte dei laboratori di Colonia, affiliati con la Wada, di un piccolo campione, pari a 10 millilitri, prelevati dal solo campione B. Una autentica presa in giro, peraltro avallata dal magistrato tedesco, evidentemente a digiuno in tema di analisi e controanalisi. Da Colonia – chiede di nuovo Pelino – dovranno arrivare sia il contenuto che i contenitori dei due campioni, A e B, per poter effettuare tutte le analisi e le comparazioni del caso. Sono necessari anche i contenitori – aggiunge il gip nella sua richiesta – per poter accertare se ci sono stati tentativi di effrazione.

Sandro Donati. In alto Alex Schwazer

Sandro Donati. In alto Alex Schwazer

Osserva un esperto: “il giudice tedesco ha pensato forse di fare una scelta salomonica, inviando un po’ delle urine della provetta B. Invece si tratta di un macroscopico errore, e su tale decisione possono aver influito le pressioni e i condizionamenti effettuati dalla Iaaf. Ad ogni buon conto, il laboratorio di Colonia, comportandosi in questo modo, ha perso ogni residua credibilità e soprattutto ogni carattere di neutralità”.

Passiamo agli scoop in Germania e in Francia, ai quali né stampa né tivvù di casa nostra hanno pensato bene di dare il minimo d’eco. Per la serie: in Italia tutti allineati e coperti per non disturbare i manovratori, i vertici sportivi, come il moloch della Federazione Internazionale di Atletica.

LE COLLUSIONI DI IAAF E WADA

L’articolo appare il 3 agosto sul secondo quotidiano più letto in Germania, la Suddeutsche Zeitung, che ha deciso di affrontare il giallo Scwhazer afferrando il toro per le corna: e cioè chiedendo ai vertici della Iaaf perchè mai si incaponiscono a non consegnare entrambe le provette. Nessuna risposta.

Giuseppe Fischetto, In alto, Alex Schwazer

Giuseppe Fischetto

Così prosegue il servizio: “Questi 10 ml sono la chiave di uno dei più misteriosi tra i recenti casi di doping. E’ un caso nel quale un giudice penale italiano dichiara che il suo collega tedesco ostacola il suo lavoro e nel quale la IAAF e la WADA dimostrano poco interesse a fare chiarezza”. Iaaf e Wada, viene aggiunto per chi non abbia capito, sono “due organizzazioni con una reputazione molto danneggiata, si mettono in mezzo e, dopo un po’, anche il laboratorio si oppone a questa richiesta del giudice”.

A questo punto entra in scena una figura di cui la Voce ha scritto già in un paio di inchieste, il medico “accreditato” dalla Iaaf  Giuseppe Fischetto. Così ricostruisce il quotidiano tedesco: “Il 16 dicembre 2015 Schwazer a Bolzano testimonia contro figure molto sospette di frode. Tra queste c’è il medico italiano Giuseppe Fischetto il quale, stando a documenti in possesso della Suddeutsche Zeitung, è stato per anni l’interlocutore principale tra l’ex capo dell’antidoping della Iaaf Gabriel Dollè e i funzionari antidoping della Russia, proprio negli anni in cui i russi hanno praticato doping sistematico e per il quale sono stati esclusi dai giochi di Rio. Contro Dollè la giustizia francese ha svolto delle indagini perchè ha avuto accesso a questo database del doping posseduto dal figlio dell’ex presidente della Iaaf  Lamine Diack. I risultati di questo database sono stati gestiti da Fischetto e tra essi ci sono anche i dati compromettenti dei russi”.

Continua la ricostruzione del giornale sulla maxi combine internazionale a base di doping organizzata dai vertici della Iaaf alla vigilia di Rio: “Diack figlio con questo database ha chiesto, agli atleti russi diretti interessati, soldi. Solamente 1,5 milioni di euro sono stati trasmessi direttamente dalla Russia. Oggi lo cerca l’Interpol e su padre, a Parigi, è sotto processo”.

E poi: “In questo nido di vespe entra Schwazer, con la sua testimonianza, nel dicembre del 2015. Lui denuncia il delegato Iaaf antidoping Fischetto di essere partecipe dell’inganno in quanto sapeva. Appena una, due ore dopo questa testimonianza, la Iaaf ordina un controllo antidoping non nell’immediato, ma due settimane più tardi, cioè il primo gennaio 2016. Un tempo molto lungo tra l’ordine e la realizzazione del controllo stesso, stranamente molto lungo. Perchè il controllo proprio nel giorno di Capodanno? Perchè tutto l’ambiente sa che in quella data il laboratorio di Colonia è chiuso e l’urina deve dunque essere messa in un altro posto finchè poi il laboratorio di Colonia riapra e possa prendere in consegna le provette”.

UNA BIZZARRA BATTAGLIA DI URINE

Poi, ancora più in dettaglio a proposito di quella che viene definita “una bizzarra battaglia di urine”, così prosegue il reportage: “Il 7 febbraio 2017 Bolzano chiede alla Corte di Colonia un supporto giuridico per far analizzare in Italia la provetta A e quella B. La Iaaf si mette di nuovo di traverso. Tra Iaaf, Wada e laboratorio di Colonia diventano calde le vie di comunicazione, per email e telefono. La Iaaf è molto interessata a che il laboratorio si metta dalla loro parte e decide, stando ai documenti di cui la Suddeutsche Zeitung è entrata in possesso, di far pressione. Sette giorni dopo anche il laboratorio si affianca alla Iaaf e si mette contro la richiesta del giudice italiano”.

Vengono poi documentate le falle in tutta la procedura Iaaf relativa al prelievo delle urine quel Capodanno. “Le urine sono state una notte in un ufficio di Stoccarda prima che arrivassero a Colonia e incredibilmente c’era scritta la provenienza, Racines, sulla spedizione, nonostante nel laboratorio dovesse essere garantita l’assoluta anonimità. Tutti sanno che nella piccola frazione delle Alpi di Racines c’è un solo atleta” (Alex Schwazer, ndr).

Thomas de Capdevielle

Thomas de Capdevielle

Prosegue il j’accuse del quotidiano tedesco: “I tecnici del Ris di Parma dichiarano che le comparazioni della provetta A e della provetta B  sono importanti per chiarire un’eventuale manipolazione. Il giudice dice anche che questa decisione interferisce con il diritto di Schwazer di potersi difendere. Il sistema sportivo però usa energie sempre più grandi per bloccare tutta la procedura. Iaaf e Wada lavorano mano nella mano nonostante la seconda dovrebbe essere assolutamente neutrale”.

E rincara ancora la dose: “Il sistema sportivo, che dopo l’affare della Russia si è molto indebolito, lavora di nuovo mano nella mano. Perchè? A fine febbraio 2017 il capo Iaaf antidoping Thomas de Capdevielle addirittura trasmette al dottor Fischetto (“Caro Giuseppe”) il documento del CAS su Schwazer. “Grazie Thomas”, risponde Fischetto minuti dopo. “Ti rivedo presto”. Questo testimonia di un sorprendente, stretto contatto, relazione, tra il più alto delegato Iaaf antidoping e l’uomo che, anche grazie alla testimonianza di Schwazer, adesso è sotto processo”.

Non è finita. “La Suddeutsche Zeitung ha chiesto alla Iaaf se hanno interrotto la collaborazione con Fischetto dopo che lui è stato messo sotto processo. La risposta è no, assolutamente no”.

Ecco la conclusione: “Forse il caso Schwazer comincia già nell’estate 2013. In quel periodo gli inquirenti italiani fanno una perquisizione da Fischetto, poco dopo che sono state pubblicate le sue telefonate registrate. In una di queste Fischetto si lamenta con un suo conoscente perchè gli sono stati sequestrati dei dati e lui spera che questi non diventeranno mai pubblici perchè potrebbero produrre un grosso scandalo internazionale (“immaginati se escono i dati dei russi o quelli dei turchi o altri”). Lo scandalo poco dopo parte per davvero: Fischetto, però, l’allora profeta, è tuttora nello sport”.

Da rammentare che in un’altra telefonata bollente, a proposito del marciatore altoatesino, Fischetto così si espresse, in perfetto stile british: “Quel crucco ha da murì”.

L’EXISTENCE D’UN VRAIE MAFIA

Passiamo adesso ad un altro scoop, stavolta messo a segno in Francia, praticamente una partnership Le Monde – Liberation e amplificato tramite le antenne della tivvù franco-tedesca ADR. Al centro dell’inchiesta la Mafia griffata Federazione Internazionale di Atletica.

Significativo l’incipit: “Non si tratta più di supposizioni ma di prove scientifiche che confermano l’esistenza di una vera mafia”.

Si parla subito di un vorticoso giro di soldi, di una sfilza di società paravento, una in particolare ubicata a Dakar, in Senegal, visto che Papa Massata Diack, il big boss targato Iaaf, è di quel paese. Sotto i riflettori, infatti, c’è lui “e il sistema di corruzione creato nel cuore della Iaaf”. Più chiari di così…

Lamine Diack

Lamine Diack

Vengono descritte le tante operazioni corruttive, il fiume di soldi versato dagli atleti russi per ottenere dal boss le opportune protezioni, soprattutto in tema di verifiche antidoping, nonché una sfilza di ricatti ed estorsioni. E lui, Diack, così abbozza la difesa: “non ho mai chiesto soldi agli atleti russi. Se avessi dovuto chiedere del danaro caso mai l’avrei chiesto direttamente a Putin”.

Il giro societario si fa sempre più fitto, minuziosamente descritto negli ampi reportage, di cui – ribadiamo – in Italia niente è dato sapere tramite i media.

Ecco spuntare la società “Black Tidings”, acquartierata a Singapore, servita per far transitare il 27 marzo 2014 300 mila euro. Quindi un altro passaggio: stavolta da una società nell’orbita di Papa Diack, la “Padmodzi Consulting Sarl”, verso la stessa Black Tiding, e l’importo sfiora il mezzo milione di euro. Mesi prima da quest’ultima erano partiti tre bonifici verso altre tre sigle, tra cui la “Sporting Age suarl”.

Siamo appena all’inizio, perchè si infittiscono gli scambi di danari tra Papa Diack e un pezzo da novanta dell’atletica russa,Valentin Balakhnichev. 500 mila dollari passano dal primo al secondo, poi riprende un abbondante flusso tra Black Tidings e PMD Consulting. E’ quindi la volta di Padmozi a versare mezzo milione di dollari nelle casse della “New Mills Investment Limited”, sigla domiciliata a Saint Christophe-et-Nieves, comodo ombrello monegasco per gli affari dell’altro boss che ha governato per anni l’atletica russa. Su quest’ultimo conto corrente – calcola Liberation – sono accantonati circa 3 milioni di euro. Non proprio noccioline.

Quando si dice – e si scrive – la Mafia nello sport più bello del mondo, l’atletica…

 

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