Caro Fabio, ti scrivo…

Lettera “chiusa” al signor Fazio, considerato una delle star Rai. L’omissis sulle sue qualità è tassativo, non è questo in discussione, anche se la stanchezza per troppi anni di “Che tempo che fa” è palese. Di là dalle interviste ai soliti “amici” e a scrittori quasi sempre di libri Mondadori (gigante dell’editoria con partecipazione alla Endemol che produce il programma), a normali ospitate di cantanti che anche senza presentazioni e finto entusiasmo procurano alti picchi d’ascolto e alle performance della Littizzetto che ammiccano alla pruderie, Fazio se la cava con un parterre di persone note per motivi diversi: i sempre presenti Fabio Volo, Nino Frassica, Orietta Berti e il nottambulo Marzullo, una battuta qua e là e molto autocompiacimento. Egregio signor Fazio, non ci siamo. Riempie un’intera pagina della “Repubblica” con una omelia dal pulpito di una notorietà che deve alla Rai e che ha rimpinguato il suo conto corrente con compensi stratosferici e la “filippica” somiglia molto a un ricatto. Nel senso che tra le righe di proclami anti politica si fa largo la vera ragione della sua sortita, allorché in risposta all’interrogativo sul un ipotetico esodo a Mediaset, risponde spavaldo che “No, non avrebbe difficoltà a lavorarci.” Nessuna meraviglia. Nel suo curriculum c’è già stata una fuga dalla Rai in direzione La 7, dove ha interpretato una veloce “toccata e fuga” senza colpo ferire, cioè senza produrre nulla, ma senza rinunciare al sontuoso ingaggio. Lei, signor Fazio, ha esperienza e intelligenza per sapere che il mito delle star create dalla Rai è il risultato di semplice reiterazione delle loro presenze in prima serata. Sa anche che è sufficiente scegliere tra molti talenti non valorizzati dall’Azienda, potenziali successori dei Baudo, Fazio, Giletti, Clerici, Insinna e affini, proporli in prima serata sulla rete ammiraglia con un programma attrattivo e avere pazienza. Non ci vorrà molto a ritrovarli star, con compensi in linea con il tetto dei 240mila euro. Che ne dice? Il Fazio pigliatutto, gemello dei Conti, Amadeus, Frizzi e compagni, ben saldo nel circolo magico degli strapagati, alza il tono della voce e denuncia l’ingerenza della politica nelle faccende della Rai. Perché ora? Le mani dei partiti ghermiscono il servizio pubblico televisivo dalla sua nascita, prima in regime di monopolio Dc, poi in spartizione con Psi e Pci, senza escludere la destra. Gridare allo scandalo allorché il sistema tende a restituire all’Azienda il ruolo di servizio e di promozione della cultura, cioè alla sua missione fondamentale, desta il sospetto che tocchi il tasto dolente della pappatoria con cui banchettano le cosiddette star. Fazio accusa i signori “x” della politica di dare i voti ai telegiornali, di fissare il tetto dei compensi, di decidere a quali canali dare la pubblicità (una bufala non guasta, vero Fabio?). Quali aggiustamenti si devono al direttore generale Dall’Orto, che difende con passione e alla presidentessa Maggioni? In quella direzione sarebbe auspicabile levare grida indignate e sollecitare a far meglio. Invece silenzio. Mister due milioni all’anno ipotizza il salto di categoria, di passare dal ruolo di conduttore alla managerialità di produttore. Non fa meraviglia il progetto. Producendo in proprio il Fazio del futuro coniugherebbe i sontuosi introiti del presente con nuovi profitti. In attesa di risposta, cordiali saluti.

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