GRUPPO PARNASI / TUTTI I SEGRETI, DA SINDONA A GRACI, DALL’AFFARE “PROVINCIA” ALLA CITTA’-STADIO  

FamoStoStadio, la sceneggiata alla romana continua. Tra vagonate di gossip e colate di cemento, guerre pentastellari e cubature a go go, è un Carnevale destinato a proseguire per tutto il mese, visto che il final cut è fissato per il 3 marzo, giorno della storica conferenza dei servizi destinata a stabilire se nell’area ovest di Roma nascerà, col pretesto dello stadio, una città satellite, fuorilegge e mai prevista da alcun piano regolatore. Da vero Far West. Occasione che i protagonisti della nuova Mani sulla Città non possono lasciarsi sfuggire, dopo il tramonto del sogno olimpico.

Salvatore Buzzi. Nel montaggio di apertura Luca Parnasi e Nicola Zingaretti. Sullo sfondo la nuova sede della Provincia di Roma all'Eur.

Salvatore Buzzi. Nel montaggio di apertura Luca Parnasi e Nicola Zingaretti. Sullo sfondo la nuova sede della Provincia di Roma all’Eur.

Uno dei primattori, il mattonaro Luca Parnasi, nel frattempo s’è sfilato alla chetichella dal ciclone – che si sta man mano trasformando in un gigantesco tric trac – di Mafia Capitale, visto che le accuse a suo carico sono andate in flop. Ma l’affaire di cui parlava Salvatore Buzzi nelle sue verbalizzazioni bollenti non può sciogliersi come neve al sole: la compravendita della mega sede della Provincia di Roma, un copione che ricalca pari pari il prossimo business di Tor di Valle, varia solo la cifra: circa 300 milioni per per il primo, 1 miliardo e 800 milioni per il secondo, destinato a lievitare negli anni fino a 20 miliardi. Un vero “terremoto” che nessuno può e vuole lasciarsi sfuggire. Vediamo come.

 

ULTIMO OBIETTIVO LUIGI DI MAIO

Partiamo dalle news, le ultime frecce lanciate sulle colonne di Repubblica in direzione 5 stelle, destinatario il numero uno Luigi Di Maio, arciere scelto Carlo Bonini, che colora il suo pezzo del 7 febbraio titolato “Così Di Maio sigillò l’intesa che ha consegnato Roma ai ‘quattro amici al bar’” con una serie di commenti personali. Ecco lo shakespeariano incipit: “E’ una scena madre che ricostruiscono con Repubblica tre diverse fonti qualificate”. Palla di cristallo al seguito, prosegue: “E’ il primo anello della catena di bugie, ricatti e minacce cui si impiccherà il M5S, che terrà in ostaggio la città e che documenta la posta in gioco in questa infernale partita sul Campidoglio”. Il crescendo da Hitchcock: “E’ una scena il cui protagonista – Di Maio – tenerà di ripulire da ogni traccia che porta a lui. Che lo insegue da allora come un fantasma”. La tavolozza di maestro Bonini gronda poi con la “tonnara in cui sono finiti”, la “banda degli onesti” made in Totò, la “frittata” calda calda, il “puparo” Di Maio, of course.

Luigi Di Maio

Luigi Di Maio

Ma eccoci alla maxi inchiesta di Mafia Capitale e all’abbiamo scherzato, un vero colpo di spugna per politici, faccendieri & mafiosi che si sono ritrovati tutti (o quasi) viole mammole, prosciolti dalle accuse più pesanti. Nella gran parte dei reportage mediatici del giorno dopo, però, il nome di Luca Parnasi miracolosamente sparisce. Eclissato. Per non distrubare i manovratori? Per non infastidire comunque con una vicenda che fino a qualche tempo fa puzzava lontano un miglio di corruzione e magicamente si trasforma in una storiella da libro cuore, proprio ora che bolle in pentola il maxi affare dello stadio? Boh.

Una story, la compravendita dei terreni e della sede nata per ospitare la Provincia di Roma e condotta in porto proprio quando si parlava di abolire le Province (ma forse lorsignori avevano in mano un’altra palla, quella sull’esito referendario), che viene da lontano.

 

DA GRACI A SINDONA

Quando quei terreni nella zona ovest della capitale, quindici anni fa, appartenevano ad alcune famiglie siciliane, in particolare quelle che facevano capo a Francesco Finocchiaro e Gaetano Graci, due della band dei Cavalieri di Catania (in compagnia dei Costanzo, dei Rendo, dei Cassina) più volte indagati dai pm siciliani per collusione con le cosche mafiose e sempre candidi, anche loro, come gigli.

Una vera passione, i siciliani di rispetto e da novanta, per i Parnasi: visto che uno dei colpi più grossi messi a segno dal gruppo fu, a inizio anni ’90, l’acquisizione della cassaforte di Michele Sindona, la Sogene, cui puntavano i principali mattonari romani.

Torniamo a bomba con l’operazione-Provincia, descritta per filo e per segno dal Messaggero, visto che il quotidiano di casa Caltagirone mal digeriva i business messi a segno, spesso e volentieri con i soldi pubblici, dai rivali Parnasi. Ecco cosa veniva dettagliato in un articolo di aprile 2013. “Quella proprietà era stata acquistata nel corso del fallimento della banca Sicilcassa. I terreni dell’Eur su cui oggi sorge il palazzo della Provincia erano di Graci e Finocchiaro. Nel 2002 entrano in campo i costruttori Parnasi che fanno una transazione per comprare i crediti e le azioni di tre società del gruppo Graci-Finocchiaro, che alla data del crac avevano un’esposizione di 287 milioni di euro verso la Sicilcassa. Grazie all’accordo, i Parnasi rilevano tutto pagando meno della metà, 129 milioni. E nel pacchetto ci sono anche i terreni dell’Eur”.

 

ORFEO SCATENATO

Prosegue l’inchiesta griffata Messagero per ricostruire fasi e protagonisti di quell’affare. “La trattativa si chiude a fine 2003, dopo che la zona era stata trasformata da M1 a M2, ovvero da zona edificabile per servizio pubblico a zona edificabile a destinazione privata”. Un vero colpo di classe.

Walter Veltroni

Walter Veltroni

E poi: “L’operazione è opaca, perchè non è chiaro se nel fare il prezzo per quel terreno alle porte di Roma, i liquidatori di Sicilcassa abbiano tenuto conto di quanto la variazione della destinazione d’uso avrebbe fatto lievitare il valore. E’ un fatto, però, che il Comune di Roma, allora guidato da Walter Veltroni, chiude con la società Parsitalia di Luca Parnasi un accordo di compensazione: al comune viene restituita l’area del Pratone della Valli e in cambio la società ottiene la zona di Eur Castellaccio, con una edificabilità complessiva di ben 780 milioni di metri cubi. Tra i tanti edifici che vengono costruiti c’è quello del nuovo palazzo della Provincia, ente abolito nel 2014 ma che nel frattempo ha speso 263 milioni di euro per acquistare una nuova sede, un’operazione avviata dall’ex presidente della Provincia Enrico Gasbarra ma conclusa dal suo successore Nicola Zingaretti, vicino a Parnasi”.

Ma anche compagni di merende e grossi affari, i Parnasi, con Valerio Veltroni, fratello di Walter, come la Voce documentò in un’inchiesta di aprile 2011 (vedi il link in basso).

Le artiglierie di casa Caltagirone avevano cominciato a sparare piombo rovente già dall’anno precedente, il 2012, sia con il Messaggero, all’epoca diretto da Mario Orfeo, ora inamovibile direttore del TG1, che con la free press Leggo. “Un’offensiva mediatica così forte non l’avevo mai vista”, confidava cinque anni fa uno stretto collaboratore di Zingaretti, riferendosi al tono degli attacchi che puntavano i riflettori “sul classico esempio di cattiva gestione dei soldi pubblici. Prima di tutto perchè secondo gli esperti il prezzo totale di 263 milioni di euro è sopravvaluto tra il 50 e il 60 per cento, peraltro in una zona priva di collegamenti e

Mario Orfeo

Mario Orfeo

caratterizzata da evidenti rischi idrogeologici”. Lo stesso copione che – guarda caso – va oggi in scena (o sceneggiata?) con lo stadio a Tor di Valle: zona che occorrerà attrezzare per i collegamenti spendendo vagonate di milioni, e ugualmente a forte rischio idrogeologico, come era quella Eur. Sottolinea, ad aprile 2016, il sito Contropiano: “Quel grattacielo di Parnasi, così come il nuovo stadio della Roma (anche questo operazione targata Parnasi e giunte di centro sinistra), oltre a essere decisamente fuori mano, sembra essere anche ‘fuori luogo’ a causa di un difetto strutturale e cioè per il fatto che la zona dove è stato edificato viene ritenuta a rischio idrogeologico. Il Tevere che viaggia verso il mare, infatti, non è lontano. La Usb della Città metropolitana sin dall’inizio si è opposta alla costosa e malfunzionante operazione Torrino e scavando ha appreso che l’Autorità di Bacino del Fiume Tevere nel 2015 ha ridefinito le aree allagabili”, etichettando quella del Torrino come ‘R4’. Il che significa – prosegue Contropiano – “rischio molto elevato, per il quale cioè sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone. L’ennesimo regalo a un palazzinaro amico degli amministratori, realizzato contro i lavoratori, gli utenti e le casse pubbliche”.

 

 

IL J’ACCUSE DI LANNUTTI

Elio Lannutti

Elio Lannutti

Mosca bianca a puntare l’indice sull’affare Elio Lannutti, il presidente di Adusbef, la storica sigla a tutela dei risparmiatori, che in un’interrogazione parlamentare di cinque anni fa chiedeva al ministro dell’Economia come fosse mai possibile che in epoca di spending review si potesse mai ipotizzare un’operazione del genere: “il piano di acquisto della nuova sede della Provincia di Roma rischia di appesantire in maniera eccessiva i bilanci dell’ente; non sono chiari i motivi per cui la Provincia venda una parte del proprio patrimonio immobiliare e proceda all’acquisto di un’imponente struttura nella zona dell’Eur; vista la profonda e allarmante crisi economica che richiede urgentemente tagli ai costi delle amministrazioni e della politica tra cui la necessaria, a parere dello scrivente, abolizione delle province, appare azzardato il piano della Giunta capitolina per l’acquisto delle nuova sede della Provincia di Roma”. In basso potete leggere la dettagliatissima ricostruzione del giallo firmata da Lannutti.

Torniamo a Mafia Capitale e alla verbalizzazione di Buzzi che ora va in naftalina. Dalla quale, comunque, scaturiva un contesto da brividi. A proposito dell’affare, così ha raccontato: “la sede della Provincia fu comprata da Parnasi con contratto di acquisto praticamente prima ancora di costruì l’immobile. Quindi venne bandita la gara, vince Parnasi, si incazza con Caltagirone, il Messaggero fa campagna per giorni su questa storia, perchè se Caltagirone perde un metro cubo si arrabbia e anche perchè Parnasi facendo questa operazione si salva dal fallimento”.

E punta a salvarsi anche oggi, Parsitalia, dalle banche creditrici, buco da 800 milioni di euro, Unicredit in pole position: e proprio per questo l’affare stadio deve tagliare il traguardo, ossigeno in abbondanza per le casse di casa Parnasi e quelle di Unicredit, che punta anche a costruire, in una delle tre torri previste, il suo nuovo quartier generale.

Raccontava, più in dettaglio, Buzzi: “un contratto di acquisto, pre-contratto di acquisto, praticamente prima ancora di costruì l’immobile io già lo avevo venduto a lei, pure io sarei capace a costruì così Mi disse Odevaine, che pensi che ‘sta operazione l’hanno fatta gratis?”. Ora, però, tutto ok. E scordammoce ‘o passato.

 

FONDI MIRACOLOSI

Fulvio Conti

Fulvio Conti

Per il gran finale non resta che andare a fondo. O meglio, ai Fondi: gli strumenti ormai pret a porter per ogni affare, inventati dalle finanze creative di casa nostra per dar l’assalto alle casse previdenziali, assicurative, a tutti i real estate. Nella Provincia story è entrato in scena un fondo targato Bnl-Paribas. Per lo stadio dei sogni è pronta a scendere in campo Prelios, la reginetta capitanata dai finanziari d’assalto Massimo Caputi e Daniel Buaron, in compagnia dell’ex vertice Enel Fulvio Conti. Ha siglato a fine 2016 un accordo – comunicato anche al Campidoglio – con il gruppo Parnasi per istituire un veicolo finanziario ad hoc destinato alla realizzazione l’impianto di Tor di Valle e annesse maxi colate speculative, con un rapporto di 18 a 100: tanto rappresenta lo stadio, appena il 18 per cento, sul totale di cemento previsto.

Antonio Mastrapasqua

Antonio Mastrapasqua

E in un’altra storia gemella si partiva da Idea Fimit, altra corazzata del settore, guarda caso fondata dall’onnipresente Caputi, nel motore il carburate privato del gruppo De Agostini, attraverso la controllata Dea Capital, e il propellente pubblico proveniente da casa Inps, che ha in mano il 30 per cento delle azioni. Una storia in cui fa di nuovo capolino la Provincia di Roma, l’ente destinato a scomparire e invece iperattivo negli ultimi anni a botte di affari da mille e una notte, fitti e acquisti milionari. In uno di questi, al centro dell’intrigo proprio l’Inps sotto la gestione di Antonio Mastrapasqua, l’uomo capace di collezionare la bellezza di 27 poltrone tra stato e parastato.

Al centro di vorticosi giri immobiliari e cifre milionarie oltre all’Inps anche l’Inpgi, ossia la cassa previdenziale dei giornalisti.

Racconta un ex funzionario della Provincia: “Mastrapasqua agiva in doppia veste, cioè non solo come presidente del’Inps ma anche come animatore del Fondo senior, un parto proprio di Idea Fimit. Il tutto era finalizzato a dare una grossa mano al gruppo Parnasi, facendogli arrivare a prezzi di saldo un immobile nel centro di Roma valutato una sessantina di milioni di euro, una cifra cash non da poco e poi anche una quota delle azioni di Ecovillage, un’iniziativa speculativa messa in cantiere da Fimit e Parnasi nella zona di Marino. E’ l’ennesimo affare che Inps e Fimit, Mastrapasqua e Caputi, fanno insieme, sempre a vantaggio di qualche costruttore amico, come in questo caso i Parnasi. Un altro esempio eclatante, e finito sotto i riflettori della magistratura, l’operazione milanese nell’area di Santa Giulia, con la partecipazione del Risanamento targato Luigi Zunino”.

E conclude: “possibile che abbiamo a che fare con i soliti noti e nessuno se ne accorga? Che il gioco sia ormai sempre lo stesso, con la finta dei capitali privati ma in realtà i soliti milioni e stavolta miliardi pubblici per ripianare debiti e ridare slancio ai soliti mattonari e il codazzo dei soliti di finanzieri, faccendieri e colletti bianchi? Possibile che nessuno si renda conto del saccheggio programmato del territorio? ‘Regolarmente’ alla faccia di tutti i piani regolatori?”.

 

L’INTERROGAZIONE DI ELIO LANNUTTI   qui

 

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