Come definirla? Giustizia zoppa, inquinata, distorta, di parte. La considerazione è legittimata dallo sforzo di fantasia capziosa dei periti che provano a spacciare la morte di Stefano Cucchi, massacrato di botte, per l’esito di un’improvvisa quanto scientificamente improbabile crisi epilettica, priva di riscontri oggettivi. “Morte improvvisa” è il loro ignobile verdetto e “le lesioni (finalmente si ammette che le violenze ci sono state) non sono la causa della morte”. A questo punto conviene capire chi sono i consulenti nominati dal Gip per l’inchiesta che vede imputati i carabinieri. Nel frattempo il sindacato di Polizia del Coisp osa pretendere le scuse dai familiari di Cucchi. E meno male che lo contesta una donna coraggiosa, determinata, combattiva. Ilaria, la sorella di Stefano, smentisce il giudizio dei periti e conferma quanto sostiene da anni, che il fratello è morto per le percosse inflitte dai carabinieri. A stilare il parere del collegio a cui si è rivolto il giudice per le indagini preliminari c’è come presidente Francesco Introna in odore di massoneria, noto uomo di destra legato da rapporti di amicizia ai due medici legali che hanno rispettivamente attributo la morte del giovane ad arresto cardiocircolatorio (ogni morte avviene così) provocato da “un grave squilibrio metabolico (!) è a suicidio per non aver mangiato e bevuto. Introna, è in pessimi rapporti con Vittorio Fineschi, consulente dei Cucchi che da anni si batte perché sia riconosciuta la responsabilità delle fratture vertebrali sul cuore. Diventa chiaro l’asse parallelo fra Introna, il sindacato di destra e gli arzigogoli di consulenti costretti ad ammettere le violenze subite dalla vittima ma anche ad escludere che siano state la causa della morte. Nelle duecento pagine della perizia si legge un’incredibile contraddizione. Morte per epilessia, ipotesi attendibile, ma vera causa ignota. La conseguenza del parere di Introna è la richiesta di archiviazione annunciata del legale di un dei carabinieri indagati “Premessa l’estraneità del mio assistito e degli altri appartenenti all’Arma”. Gli fa eco Franco Maccari, segretario generale del Coisp, cioè la destra del sindacato di settore, che ciecamente difende i poliziotti responsabili di reati. Maccari definisce la legittima domanda dei Cucchi una vergognosa montatura per gettare fango sulle forze dell’ordine. “Non è morto per un presunto pestaggio, dice Maccari. La faccia tumefatta, i lividi, i segni di fratture, cosa sono, anche questi sintomi di epilessia? Il tempo passa e si fa sempre più difficile l’accertamento della verità esattamente come accade per il Caso Regeni. L’Egitto, in malafede, escogita tutti gli stratagemmi per dilatare i tempi dell’inchiesta sulla morte del giovane ricercatore italiano. Di volta in volta si inventa circostanze inverosimili: l’investimento di un auto, l’omicidio di criminali comuni, altre menzogne spudorate. L’Italia non mostra i pugni e cerca la via diplomatica per conoscere la verità. Il tempo passa, i media sono coinvolti da altri eventi, il caso finisce progressivamente per essere dimenticato.
(Nella foto Stefano Cucchi)
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