L’articolo di ‘Ossigeno’ sul caso Voce: una grande lezione di giornalismo e dignità

Ossigeno per l’Informazione sta seguendo attentamente il caso Voce delle Voci. Durante tutta la brutta pagina della vicenda giudiziaria con Annita Zinni (vedi articoli sul sito Voce), Ossigeno e il suo direttore, Alberto Spampinato, hanno fatto sentire la loro partecipe attenzione al nostro giornale. Il pezzo appena pubblicato su Ossigeno, che riportiamo di seguito, rappresenta una grande lezione sulla dignità del giornalismo, calpestata da prassi giudiziarie che consentono vicende come questa.

Un pezzo capace di restituire speranza e forza non solo a noi della Voce – ed è già moltissimo – ma all’intero mondo dei giovani che si avvicinano a questa professione, spesso sentendosi ormai umiliati, sfruttati, ridotti al silenzio.

Una grande lezione che dovrà servire anche ai tanti che si azzuffano intorno alla riforma delle norme sulla diffamazione, senza capire che per uccidere un giornale scomodo, oggi, basta poco.

Con questo articolo Ossigeno fa anche qualcosa di più: riporta in primo piano il rapporto di rispetto reciproco tra due mondi, quelli della giustizia e dell’informazione, restituendo ad entrambi la fiducia che meritano.

Grazie ad Alberto Spampinato e grazie a Ossigeno.

 

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L’ARTICOLO DI OSSIGENO SUL CASO VOCE – 10 luglio 2015

Il giudice deciderà nei prossimi giorni se le indagini sul magistrato di Sulmona indagato per abuso d’ufficio devono andare avanti. Ossigeno: questa vicenda è diventata emblematica

Al termine della camera di consiglio del 7 luglio il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Campobasso, Maria Rosaria Rinaldi, ha rinviato ai prossimi giorni la decisione sullo sbocco delle indagini giudiziarie in corso a carico di Massimo Marasca, il magistrato di Sulmona indagato per abuso d’ufficio ed omissione di atti d’ufficio ai danni dei giornalisti Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola del mensile la Voce delle Voci con riferimento dalla sentenza di condanna che lo stesso Marasca pronunciò nei loro confronti il 25 marzo 2013.

In quella causa, i giornalisti e la cooperativa editrice, assistiti dall’avvocato Serena Improta, furono ritenuti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa e condannati a pagare un risarcimento di oltre 90mila euro alla signora Anita Zinni, l’insegnante che li aveva citati in giudizio.

La condanna ha avuto conseguenze catastrofiche per il giornale. Per riscuotere la somma i legali della signora Zinni hanno pignorato i conti personali dei giornalisti e anche i contributi dello Stato che la cooperativa editrice doveva ancora riscuotere. È stata pignorata anche la testata giornalistica. Questi pignoramenti hanno costretto il giornale a sospendere le pubblicazioni. La Voce delle voci era un periodico radicato in Campania. Era in edicola da trent’anni e si era distinto per le coraggiose inchieste giornalistiche sulle infiltrazioni della camorra negli uffici pubblici, sui fatti di corruzione e sul coinvolgimento di logge massoniche in affari poco chiari.

Le indagini a carico del giudice Marasca sono state avviate dalla Procura di Campobasso soltanto dopo che la Voce ha denunciato l’inerzia investigativa degli uffici giudiziari competenti alla Procura generale della Cassazione, al ministero della Giustizia, al Csm e alla Procura di Campobasso.

“Attendiamo con vivo interesse la decisione de GIP. Ossigeno – ha dichiarato Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno per l’Informazione – segue con attenzione le vicende giudiziarie della Voce delle voci e ne segnala gli sviluppi alle istituzioni internazionali perché questa vicenda è emblematica di come vanno le cose in Italia. L’iter di questo processo dimostra in modo plateale ciò che affermiamo da tempo e che i legislatori non vogliono comprendere. E cioè che le norme vigenti in Italia in materia di diffamazione a mezzo stampa consentono punizioni e censure che vanno ben oltre la previsione della pena detentiva e che non hanno nulla a che vedere con la difesa della reputazione personale. Fra l’altro questa videnda ci dice che queste norme consentono di fare sparire un giornale dalle edicole e di ridurre sul lastrico chi è ritenuto colpevole di aver sbagliato. Questo genere di punizioni drastiche, esemplari è tipico dei paesi autoritari, dei sistemi in cui i giudici non devono rimettere in equilibrio la bilancia della giustizia, ma devono emettere condanne esemplari per ammonire chi potrebbe comportarsi in un certo modo. Quei giudici devono perciò pronunciare condanne né eque né giuste. Il nostro interesse al caso della Voce delle voci è accresciuto dall’emergere dell’ipotesi di condotta scorretta del giudice che ha pronunciato siffatta sentenza. Penso perciò che il giudice per le indagini preliminari di Campobasso, che non ho il piacere di conoscere, abbia fatto bene a riservarsi la decisione, a prendersi il tempo necessario per ponderare una decisione certamente difficile, una decisione che – questa sì – deve essere esemplare, ma in un altro senso: deve dimostrare che la magistratura è capace di indagare sulla correttezza dei suoi stessi membri e di giudicare i loro comportamenti con la stessa severità con cui giudica quelli degli altri cittadini. Egregio giudice, faccia con calma, prenda il tempo che le serve per fare la cosa giusta”.

 


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