DUE KO PER DE BENEDETTI. RINVIO PER L’AMIANTO KILLER E BILANCI OLIVETTI TAROCCATI

Due colpi da ko in due giorni. Primato non da poco per lo storico editore del gruppo Espresso-Repubblica, Carlo De Benedetti. Il suo vecchio amore, Olivetti, gli procura ancora grattacapi per i morti e malati d’amianto. Un requisitoria durissima, quella del pm di Ivrea Laura Longo, che per cinque ore ha documentato errori, orrori e omissioni costate vita e salute a tanti operai del gruppo. I cui vertici, allora, “ignoravano” i danni che può produrre l’amianto, vere viole mammole. Invece, il pm ha dimostrato, in modo rigoroso, che “i vertici aziendali non potevano non sapere” i danni che avrebbero, con i loro comportamenti omissivi, causato alle maestranze. Da qui la richiesta di rinvio a giudizio per 28 imputati, tra cui l’allora numero uno Carlo De Benedetti. Ma c’è una sorpresa in più. Così scrive, in modo sibillino, Repubblica: “La Telecom si è costituita ieri come responsabile civile nei confronti di tutti e 33 gli imputati del processo e, nel caso di condanne, pagherà in solido”. Per la continuità aziendale nel segno di re Carlo? E poi, gli imputati improvvisamente passano da 28 a 33? Misteri.

L’altro ceffone arriva, in contemporanea, dalle aule del tribunale di Milano, dove si è concluso il processo di primo grado che vede l’un contro l’altro i due big di imprese & salotti: De Benedetti, appunto, e Marco Tronchetti Provera. Due anni fa, infatti, l’ingegnere aveva accusato mister Pirelli della “distruzione di Telecom” nel corso di una trasmissione di Giovanni Minoli. Affidò all’Ansa l’acida risposta, Tronchetti: “Se anche io raccontassi la storia delle persone attraverso luoghi comuni e slogan, potrei dire che l’ing. De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci Olivetti, per lo scandalo legato alla vicenda di apparecchiature alle Poste Italiane, che fu allontanato dalla Fiat, coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano, che finì dentro per le vicende di Tangentopoli”. Ci mancava solo l’affiliazione alla P2 e le morti per amianto, ma il generoso Tronchetti se le risparmiò, forse in attesa di un secondo round (o dell’appello). Parte la querela di De Benedetti, con contestuale costituzione di parte civile e richiesta di danni da 700 mila euro (da versare in beneficenza).

Ora il giudice monocratico, Monica Amicone, dà ragione a mister Afef, e lo assolve “perchè il fatto non costituisce reato”.

Scende in campo il Corriere della Sera, suonando la fanfara: “Marco Tronchetti Provera non ha diffamato Carlo De Benedetti”. Poi le trombe: “è arrivata l’ennesima assoluzione per Tronchetti”. Quindi le visione storica: “gli avvenimenti legati alla scalata Telecom vanno letti in modo ben diverso da come sono stati raccontati in questi anni”. Non basta, perchè “emerge la guerra per bande evocata da Tronchetti e che secondo l’imprenditore ha avvelenato il Paese”.

In attesa di un Nobel per l’Economia (o per la Pace) a Tronchetti, vediamo in rapida sintesi le accuse dei suoi legali nei confronti del rivale.

Partiamo dai bilanci Olivetti tirati in ballo. Il team di avvocati targato Tronchetti rammenta “la sentenza del giudice di Ivrea del 1999 in cui De Benedetti patteggiò tre mesi, poi convertiti in 50 milioni di lire di multa, per l’indebita anticipazione di ricavi per 45,60 e 18 miliardi nei bilanci 1994-1995-1996”.

Passiamo al coinvolgimento nel crac del Banco Ambrosiano. “Per la Cassazione io non avrei mai dovuto essere processato”, ha sostenuto De Benedetti. “Altro che coinvolto – è stato l’attacco dell’avvocato Tullio Padovani – De Benedetti dovrebbe dire di essere stato miracolato!”, snocciolando due sentenze di condanna per bancarotta a 6 anni e 3 mesi del 1992 e a 4 anni e 6 mesi in appello quattro anni dopo.

Terzo punto, le mazzette via Poste, 10 miliardi di vecchie lire pagate dai manager dell’azienda di Ivrea per ottenere appalti informatici dalle Poste. Il super team di legali di fede tronchettiana ha ricordato “l’arresto lampo di De Benedetti a Roma nel 1993, poi con prescrizione della corruzione e assoluzione dal peculato”. Così aveva cercato di tappare la falla l’ingegnere: in Mani pulite “sono stato l’unico ad assumermi responsabilità per quanto sapevo e anche quanto non sapevo, a discarico dei miei manager. Fui parzialmente assolto e parzialmente prescritto”. Più chiari (e candidi) di così…

 

Nella foto, Carlo De Benedetti

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