Margherita o Biancogiglio?

Non si può citare la celeberrima Cassandra a proposito delle anticipazioni profetiche di Nunzia Di Girolamo che nel lasciare la pattuglia del Nuovo Centro Democratico (Ncd) ha profetizzato senza sbagliare l’abbraccio politico tra Renzi e Alfano (+ Ucd), nel solco déjà vu del nefasto guazzabuglio che partorì la Margherita, ovvero il compromesso storico in stile Aldo Moro. L’ipotesi, avvalorata dall’indiscrezione sul patto che porterebbe in dote ad Alfano la garanzia di quindici seggi necessari a scongiurare un possibile ballottaggio alle elezioni politiche e il via libera in Parlamento a dispetto dei franchi tiratori Pd, incontra pareri discordi nei partiti contraenti. La minoranza dem giudica catastrofica l’eventualità del matrimonio, il tracollo del partito, Cicchitto per l’Ncd ha riserve sulla trattativa ma è possibilista, confermano altri esponenti vicini all’Alfano pensiero.

Tra le ragioni della disponibilità centrista a lasciarsi inglobare dal Pd (dopo le nozze, si chiamerà Biancogiglio?) la percezione di trovarsi nel bel mezzo di una morsa con le ganasce della destra legista pronte a stritolarla mentre è forte la tentazione di rendere organica l’alleanza con il governo Renzi. Nella schermaglia dell’ipotetico pre-accordo avrebbe il maggior peso la distanza tra il Nazareno e l’area moderata sul numero di seggi con cui premiare Alfano e Casini che ne chiedono una ventina contro i quindici messi in palio dai democratici. Il “nemico” comune per l’area centrista è la prospettiva di una Lega dominante sul lotto di possibili alleanze e al contrario la compatibilità con il blando Pd di Renzi è già sperimentata nella partnership di governo. I probabili sì al sodalizio sono oltre ai presumibili dei leader di Ncd e Ucd della Lorenzin (attuale ministro della Salute) del collega dell’Ambiente Galletti, di Cesa, Dorina Bianchi, Rosanna Scopelliti, da Napoli di Gioacchino Alfano, dalla Sicilia di Raciti e degli ex socialisti Cicchitto e Pizzolante. Contrari il lombardo Colucci e il senatore Esposito che dichiara “Né Renzi, né Salvini e mai con la Lega”. E’ più che possibilista il democratico Carbone (“Nessun veto pregiudiziale”).

L’allarme “rosso” arriva, per ora marginalmente, dalla sinistra del Pd che sospetta sia il prologo di quel Partito della Nazione frullato nella testa di Renzi con l’obiettivo di inglobare l’area centrista, compreso Verdini, transfuga da Forza Italia, ma con il rischio di allontanare parte dell’elettorato della sinistra storica. D’Attorre, minoranza Pd, vede nero e cioè una riedizione del “benvenuto” a vecchie volpi della Dc, per tutte alla Bindi, che farebbe precipitare il consenso elettorale. Anche se in stile da buon padre di famiglia in dorata pensione, il dissertare di D’Alema alimenta l’anti renzismo palese e occulto di quanti sono stati congelati “in panchina” dal protagonismo esasperato del segretario e presidente del consiglio, ma l’opposizione interna ha comunque un impianto politico-muscolare inadeguato a restituire cose di sinistra al Pd e i suoi proclami di guerra producono poco o niente.

 

Nella foto, Matteo Renzi e Angelino Alfano

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